Per chi si fosse mai chiesto come Han Solo abbia conosciuto il suo futuro copilota e amico peloso Chewbecca, ma anche come è successo che di cognome faccia Solo, o come è entrato in possesso del mitico Millennium Falcon e se per caso non avesse avuto qualche altra ragazza prima della principessa Leyla, ecco lo spin off stellare Solo: A Star Wars Story, l’ultimo film in termini di tempo ma anche il secondo antologico della saga di Star Wars realizzato da Lucasfilm dopo Rogue One: A Star Wars Story, a raccontare, più o meno, le origini del personaggio probabilmente più amato di Guerre Stellari, scritto da Lawrence & Jonathan Kasdan, padre e figlio, diretto da Ron Howard e in sala da mercoledì 23 maggio dopo l’anteprima mondiale a Cannes. Ad interpretare quindi Han Solo, per tutti ma a quanto pare non per sempre tale e quale a Harrison Ford, da ragazzo è Alden Ehrenreich, poi c’è Emilia Clarke, la bionda (qui bruna) Daenerys Targaryen de Il Trono di Spade, e pure Donald Glover, ideatore e protagonista della serie TV Atlanta, che qui dà vita ad un affascinante quanto ludopatico Lando Calrissian, Woody Harrelson (True detective) e ancora Thandie Newton, Phoebe Waller-Bridge, Joonas Suotamo e Paul Bettany.
Tutto inizia a Corellia, un pianeta che sa d’apocalisse, buio, tetro e umido (già, la sensazione è proprio quella) dove tutto ciò che si conquista con le proprie forze dev’essere consegnato a una specie di mostro marino che concederà ad ognuno un po’ di cibo e necessità varie, un vero e proprio tiranno in squame e zanne, femmina per giunta. E come tutti i ragazzi innamorati, anche Han, che non è ancora Solo, e la sua bella Qi’ra sognano un mondo migliore e quindi di andarsene da lì, lui in particolare sogna di fare il pilota, che sia nell’esercito imperiale o per ribelli contrabbandieri, poco importa.“Ho sempre voluto conoscere il passato del ragazzo che entra nella taverna di Mos Eisley – dice Kasdan senior sceneggiatore degli episodi L’Impero Colpisce Ancora e Il Ritorno dello Jedi – per me è il personaggio più elettrizzante della saga, imprevedibile, spericolato, fa affermazioni avventate senza avere la prova di ciò che dice: per me non c’è nulla di più interessante di un combina guai che in realtà ha un buon cuore, ma fa del suo meglio per nasconderlo”. Nessuno è perfetto dunque, ma tanto simpatico, soprattutto quando, come quasi tutti gli eroi dei film d’azione, fa battute spiritose nei momenti più pericolosi come nessuno farebbe mai, o quando prende e varca la soglia per la libertà lasciandosi indietro la sua metà e poi hai voglia a battere i pugni sulla grata che bastava non lasciarle la mano, no?
Ciò detto il film è movimentato, allegro, con duelli e corse sui tetti dei treni, per quanto spaziali, come nei migliori western, ricco di colpi di scena che smentiscono colpi di scena, nulla è come ti aspetti anche se alla fine, e forse è questa la sua contraddizione, è un po’ tutto prevedibile, del resto non è che Star Wars sia una saga nata ieri. Solo: A Star Wars Story ci fa comunque scoprire un po’ meglio uno dei tanti personaggi della lunghissima storia attraverso le sue prime esperienze con l’amore, la fiducia, il tradimento, la lealtà: “è la storia di un rito di passaggio, coerente con Star Wars, ricca di molti temi che colpiranno il pubblico – dice Ron Howard – incentrata sul viaggio di un personaggio, sul modo in cui verrà messo alla prova dalle sfide uniche che affronterà e dai personaggi che incontrerà, per diventare il personaggio che conosciamo così bene, un personaggio che scopre se stesso e crea dei rapporti che influenzeranno la sua formazione”. Semplicemente “Solo: A Star Wars Story parla di Han che scopre se stesso e l’universo”.