Atlanta: hip hop, umorismo nero e Donald Glover

di Patrizia Simonetti

Puoi fare sogni “profondi” come nuotare in una piscina che ti sembra l’Oceano piena di alghe che però in realtà sono “tipo mani” con una ragazza che ti dice di farlo velocemente o rischi di affondare, e la tua donna lo ha capito che tanto, anche se brutta e grassa, quella ragazza del sogno l’hai baciata comunque, del resto lei ti conosce bene, ti ha dato pure una figlia, e lo sa come sei… e puoi stare anche mezz’ora a cercare di convincere tuo cugino a non sparare al tipo che, passando, gli ha rotto lo specchietto della macchina e poi gli dice pure che il suo rap fa schifo… puoi farlo se sei Earn, ovvero Donald Glover, nome da rapper Childish Gambino, autore di Awaken, My Love!, considerato uno dei migliori album del 2016, già visto in The Martian e presto ancora sul grande schermo in Spider-man: Homecoming e nel nuovo capitolo di Star Wars su Han Solo. E puoi farlo soprattutto se sei il protagonista, creaore e produttore di Atlanta, la serie TV premiata con due Golden Globe come miglior serie comedy e miglior attore protagonista, e con il Critic’s Choice Award, diretta dal giapponese Hiro Murai, regista dei videoclip di Glover, al via giovedì 19 gennaio, alle 23 in prima visione assoluta su Fox per 20 episodi in 10 serate, a quattro mesi dal debutto in patria su FX. Un po’ comedy un po’ drama, divertente ma non stupida, a demolire stereotipi e pregiudizi sui neri da parte dei bianchi che “non sanno certo tutto della cultura nera e glielo volevo dimostrare, ma il mio primo obiettivo è sempre stato far ridere” ha detto Donald Glover.

Siamo, ovviamente, ad Atlanta, città nera dell’hip hop, ed Earn che vive – e senza non potrebbe – con Vanessa (Zazie Beetz) e la loro bimba, un progetto ce l’ha pure: fare da manager a suo cugino Alfred Paper Boi (Brian Tyree Henry di Boardwalk Empire) che fa il rapper ma finora senza grande successo e allora per campare spaccia. Con loro, spiantato e stralunato pure lui, c’è anche Darius (Keith Stanfield) che è fissato con i déja vù e i cani con le macchie a forma di Texas. E poi ci sono i poliziotti che sparano facile, i boss e i capi di quartiere, la droga, fabbricata e smerciata nei vicoli e nelle trap house della città, un po’ di razzismo, l’hip hop, battute, e tanto umorismo nero. In tutti i sensi.