Pupone, ad Alice nella Città il corto sulla casa famiglia

di Patrizia Simonetti

Cosa possono mai avere in comune un ragazzo che a 18 anni viene sbattuto fuori dalla casa famiglia dove è cresciuto e Francesco Totti, detto Er Pupone? Un escamotage, a quanto pare, forse un po’ azzardato, per far sì che diventi più interessante e accattivante per il pubblico la storia di Pupone, il cortometraggio di Alessandro Guida ispirato ad una storia vera e presentato ad Alice nella Città nell’ambito della Festa del Cinema di Roma e che racconta proprio questo: nella primavera del 2017 Sacha, compiuti i 18 anni, deve lasciare quella che ormai da anni è la sua casa e la sua famiglia, e non ci deve neanche più tornare. Il film è davvero bello e lo è sia per il tema che per i giovani protagonisti che lo interpretano e che sono Riccardo Mandolini nel ruolo di Sacha – che vediamo anche su Netflix in Baby 2 – e poi Federico Cesari (Skam), Gabriele Fiore (L’Aquila),  Francesco Mura (Squadra antimafia, Appena un minuto) che è il nuovo, piccolo arrivato, Matteo Olivetti (La terra dell’abbastanza), Didier Defli, e ci sono anche Daphne Scoccia nel toccante ruolo di una ragazza incinta che ha il suo bel da fare con una culla, Fausto Maria Sciarappa (Il silenzio dell’acqua) che fa il responsabile della struttura e Luca Cesa (Il Paradiso delle Signore) che è l’educatore. Sacha, come tutti i suoi fratelli della casa famiglia, è tifoso della Roma e del suo Capitano, e questo ci sembra in realtà l’unico legame possibile tra i due, anche se è pur vero che proprio in quei giorni in cui se ne deve andare perchè diventato grande, Totti a causa della sua età resta spesso in panchina e sta per smettere di giocare e cambiare vita. Ma tant’è. Come detto Pupone è un bellissimo film breve che fa riflettere, ben girato e ben interpretato, che punta soprattutto sul coraggio che ci vuole per affrontare la sfida di un tutto che cambia e di una nuova vita, soprattutto se sei partito in svantaggio, e ci auguriamo che davvero possa trasformarsi in una serie TV o in un lungometraggio come sperano i produttori. “Volevo che lo spettatore si immergesse completamente in questa storia ed esplorasse un ambiente sconosciuto affezionandosi a tutti i personaggi – dice il regista – Ho cercato di far scomparire la macchina da presa per cercare di trasmettere nel modo più diretto tutte le emozioni dei protagonisti, amplificate solo dalla musica e dalla recitazione. Aver girato in una vera casa famiglia è stato importante per la troupe, ma soprattutto per gli attori. Dopo le prove, le scene riscritte durante le improvvisazioni, recitare sul set a contatto con i veri ragazzi di una struttura è stato determinante per rendere “credibile” e “intensa” la loro interpretazione”.