Un’ora e mezza di musica e danza, una collana di perle dove ogni perla è una sorta di videoclip d’autore, di canzone in canzone. Claudio Baglioni ha magicamente trasformato il suo ultimo album in un’opera concerto unica nel suo genere intitolata come il disco e ad esso completamente dedicata: In questa storia che è la mia, nata per opporsi al vuoto dei nostri tempi e per riempirlo, e anche dopo il rinvio di un anno dei concerti Dodici Note previsti per questa estate alle Terme di Caracalla di Roma per il perdurare della pandemia.
Registrata al Teatro dell’Opera di Roma con la direzione artistica e la regia teatrale di Giuliano Peparini e quella televisiva di Luigi Antonini, In questa storia che è la mia, prodotta da Friends & Partners e Fenix Entertainment, sarà in streaming per 6 mesi dalle 21 di mercoledì 2 giugno sulla neonata piattaforma ItsART, nuovo sipario digitale per teatro, musica, cinema, danza e ogni forma d’arte, lo stesso giorno in cui verrà insignito dell’onorificenza di Grande Ufficiale al Merito. Eppure, guardandola, non si può fare a meno di immaginarla meravigliosamente live e noi ad applaudire ogni quadro seduti in quelle poltroncine rosse… L’apertura è su Pierfrancesco Favino che recita in un monologo la storia di 1 e 2 con l’autore Claudio Baglioni di spalle al pianoforte e l’etoile Eleonora Abbagnato che danza leggera e bianca. Poi lo schermo pian piano si riempie a cancellare, appunto, il vuoto del teatro. C’è l’orchestra, con i suoi musicisti e vocalist e coro diretti da Danilo Minotti, e parte del corpo di ballo del Teatro dell’Opera; c’è la band di Claudio Baglioni diretta da Paolo Gianolio, che ha firmato arrangiamenti e orchestrazioni di nove dei quattordici brani dell’album, mentre quelli degli altri cinque sono di Celso Valli; e ci sono i contributi solistici di Giancarlo Ciminelli, Alessandro Tomei, Roberto Pagani, Danilo Rea, e di Giovanni Baglioni, suo figlio, che esegue la suite finale dell’album.
La coreografia è preziosa come la fotografia che è di Ivan Pierri. In questa storia che è la mia è i testi e le musiche delle canzoni, da Altrove e qui a Gli anni più belli, colonna sonora dell’omonimo film di Gabriele Muccino, da Non so com’è cominciata a Pioggia blu, e si danza ovunque, sul palco e sul retropalco, sui loggioni, nei corridoi del teatro e sulle scale, nel foyer e nei camerini, ogni spazio diventa palcoscenico per ballerini, acrobati e performer. Un clown triste è in scena dall’inizio alla fine, passando di mano orologi e clessidre a segnare quel tempo inesorabile sul quale Baglioni ci scherza pure nel corso della conferenza stampa seguita all’anteprima dell’opera al Cinema Adriano di Roma, toccando ogni tema con la sua consueta e brillante ironia, incluso quello del suo settantesimo compleanno: “c’è questo numero 70 che è un mese e mezzo che mi perseguita – racconta – me lo son trovato ovunque, sulle bottiglie, sui biglietti di auguri, ce l’ho marcato a fuoco nell’animo, e temo che purtroppo fino alla fine dell’anno sarà come l’Anno Santo, lo celebreremo per tutti i mesi che verranno… ” Eppure ogni volta che sale su un palco “evitando ancora il ricorso a sostanze chimiche, mentre il pigmento ai capelli è sparito, l’adrenalina mi funziona ancora e devo dire che è la più potente delle sostanze stupefacenti”.
Le luci dai colori forti, rosso, bu, giallo, viola, fanno il loro gioco e le immagini riprese da diversi punti di vista rendono In questa storia che è la mia anche un film, che potrebbe sbarcare presto proprio al cinema e in particolare alla prossima Mostra di Venezia,un film che parla d’amore e lo racconta, sia reale o ideale, fisico o mentale, vissuto o desiderato, e universale: “soprattutto durante il brano Come ti dirò che è una sorta di romanza – dice ancora Claudio Baglioni – laddove c’è proprio il concetto letterario di tutto quello che i poeti e gli scrittori hanno detto del grande amore quando è così grande da diventare impossibile, e di quella difficoltà di trovare le parole giuste che non sono state ancora dette e logorate, e questo equivale non solo all’avventura dell’amore, ma anche della vita, trovare finalmente le parole che segnino quel percorso che sognamo sempre, quello del mondo migliore, dove la vita è veramente degna di essere vissuta“.
Poi racconta ancora, a proposito di vita e di sogni, come quello di realizzare un musical: “molti anni fa parlando con Peter Gabriel mentre nel suo studio registravo ‘Oltre’, si diceva come per entrambi, nonostante le due carriere consolidate, ogni volta fosse una lotteria nel cercare di inventare qualcosa che sia ancora importante artisticamente, emozionante e nuovo, e dicevamo che un artista per tutta la vita è un artigiano e che la battaglia la combatte non solo a colpi di canzoni, ma diventando artefice, qualcuno che fa accadere delle cose… Dietro al musical o all’opera musicale ci sto dietro da cinquantanni, sin da ‘Questo piccolo grande amore’ che presentai alla RCA come il mio disco di addio, sicuro che non avrebbe avuto successo, e fu presentato proprio sotto fornama di film musicale… è successo pure con ‘E tu’… lo lascio sempre da parte questo sogno perchè abbiamo bisogno di avere qualcosa da fare da grandi, quindi vediamo, magari domani o dopodomani“. Ecco invece come Claudio Baglioni ha parlato di In questa storia che è la mia a margine della conferenza stampa:
Ph Angelo Trani