Renato Zero: chiamatemi artista. Il Covid? I fautori siamo noi

di Patrizia Simonetti

La conferenza stampa è per la presentazione di Zerosettanta Volume Uno, terzo ed ultimo disco di inediti della trilogia del compleanno di Renato Zero di cui vi abbiamo ampiamente parlato. Ed è una conferenza stampa via Zoom in cui noi giornalisti vediamo Renato Zero e soprattutto Renato Zero vede noi. Dico soprattutto perché è sorprendente la confidenza che ci regala, uno ad uno, ad ogni domanda ci chiama per nome e ci chiede qualcosa. Quando è il mio turno per esempio, nota alle mie spalle la libreria bianca con alcuni peluche e altri souvenir e “vedo tanti cavallucci lì, dietro di te, che forza, guarda…” dice sorridendo, mentre guarda e indica in alto dove, probabilmente, ha lo schermo dal quale ci vede. “Sì, questo è il mio studio, sono ricordi di infanzia, a proposito del tempo di cui parli nel tuo disco” rispondo un po’ sorpresa. Anche lui è nel suo studio, suppongo, seduto comodamente davanti a un mixer con il suo album davanti. “Anch’io mantengo questo altarino a casa, cosine, pupazzetti cose, adoro… aiutano a vivere…” aggiunge. “Eh, giusto altarino…” ribatto. Ridiamo e arriva la mia prima domanda.

Nella canzone L’ultimo Gigolò entri con un megafono e riferendomi a tutto ciò che dici in Amara melodia, in cui parli degli artifici della musica di oggi e di “voci lontane dal sentimento”, ti chiedo perché il megafono? Meglio il megafono perché magari è un po’ più nelle tue corde, è un aggeggio meno tecnologico dell’auto-tune che troviamo in tanta musica di oggi?

La vocalizzazione del gigolò sta a significare che lui è stato quasi silenziato, perché il suo ruolo ormai è démodé e non gli consente più di avere una potenzialità nella voce che acquisirà nella strofa successiva ma solo perché ho volto agevolarlo io. Ma il mondo non lo ha agevolato, ha voluto che finisse il suo mandato per lasciare spazio a un uomo un po’ molle, poco determinato, poco amorevole, addirittura in certi tratti violento. Ecco, volevo che emergesse questa figura rassicurante del gigolò in contrapposizione a un uomo che sicuramente ha perso non solo l’ironia, ma ha perso proprio di statura.

E dal punto di vista invece tecnico della deformazione vocale?

Avevo captato quello che era il significato della tua domanda, ma mi piaceva di più esprimere questo concetto del gigolò, fermo restando che l’auto-tune rende tutti omogenei ed è, anche quella, una cosa che personalmente non accetto. Io sono un cultore della personalità, ognuno di noi ha un’ anagrafe, un tracciato, una destinazione, non possiamo assolutamente uniformarci troppo perché mi viene in mente che tutte le volte che l’uomo si è in qualche modo agglomerato, sono venuti fuori eserciti, dolore, morti, guerre, e soprattutto spersonalizzazione, perché si rischia anche quello. Quando non si ha la forza di presentare se stessi in tutta la propria entità, si rischia una vita al buio, di essere una controfigura sempre.

Invece su questo ritorno di Renato Zero al cielo in Orfani di cielo, questa tua ricerca che riemerge di un Dio o di un essere superiore, senza dimenticare il fatto che in questa canzone citi i lavoratori dello spettacolo, una cosa molto bella che in questo momento è una cosa molto bella…

…anche il circo…

… sì, il popolo del circo… ecco, su questo tuo ritorno, ti sei mai chiesto perché Dio permetta tante cose, la pandemia da Covid, per esempio?

Ma non è Dio che lo permette, io credo che i fautori del Covid siamo noi, quelli che abbiamo alimentato questa capacità di questo essere non bene identificato, noi a dargli tutto questo spazio e a permettergli di fare quello che fa, non avendo il rispetto del pianeta, di certe regole, andando anche a sfidare un pochino la natura. Questi laboratori sono necessari quando lavorano per la sicurezza dell’uomo e non contro l’uomo.

Tu hai detto che non è vero che sei un cantante ma un osservatore pensante e parlante…

Noi che facciamo un certo tipo di mestiere, parlo degli autori e dei compositori, non siamo categorie, non siamo praticamente omologati, non abbiamo una qualifica effettivamente riconosciuta, questa te lo dico proprio per meglio chiarire quello che vuol dire correre il rischio di non appartenere, capito? Il fatto di asserire di non essere un cantante: questa ipotesi me la fornisce proprio questo non essere catalogabile, che in questo caso mi fa comodo. Perché io non sono un cantante, io ho fatto il ballerino, il parrucchiere, il cantante, l’attore, il doppiatore, insomma, ce l’ho messa tutta per dare sfogo a tutta la mia creatività. Ovviamente essere considerato un cantante mi limita in qualche modo, offende in qualche modo tutto lo sforzo che ho fatto per arrivare fino a qui, che non era per diventare un cantante. Probabilmente artista mi starebbe meglio, perché un artista usufruisce di un ventaglio di opzioni maggiori dei quali io mi ritengo anche detentore, quindi perché no? Io preferisco artista

Hai citato il doppiaggio, ci racconti la tua esperienza? Com’è stato doppiare per Renato Zero?

È stato meraviglioso, soprattutto per la fortuna che io sia incappato in Nightmare Before Christmas (1993 ndr) che è un film eccezionale, mitico direi, e soprattutto che ha una ricchezza musicale, di atmosfere e di armonie e di melodie veramente sorprendenti. Ovviamente io dovevo doppiare sia i dialoghi che le canzoni (di Jack Skeletron, ndr) e quando ascoltai le canzoni dissi ‘ma quando io riesco a cantà sta roba…’ Avevo a disposizione la bellezza di 22 giorni, e il direttore del doppiaggio era Francesco Vairano al quale io dissi subito ‘Francesco, mi raccomando, se io sbaglio mi riprenda, non voglio favoritismi, voglio imparare, voglio fare una bella figura’ e lui mi disse ‘non c’è problema, quando ci sarà da correggerti, lo farò’. Ma invece dei 22 giorni, io ce ne ho messi 9 e Francesco Vairano mi disse ‘io con te non ci lavoro più, perché io vado a cottimo e mi hai fatto perdere dei soldi!’ L’ha detto come una battuta, ma in effetti mi ha fatto un complimento perché ho dimostrato che forse avrei dovuto fare il doppiatore già da parecchio tempo avanti, capito? Quindi è stata una bella esperienza che mi ha fruttato anche dei bei complimenti.

Grazie Renato

Grazie a te.