Piccole Donne, un film moderno per un classico della letteratura

di Patrizia Simonetti

Tornano sul grande schermo Meg, Jo, Beth e Amy, ovvero le Piccole Donne più famose e amate della letteratura raccontate dal romanzo di Louisa May Alcott. La nuova versione cinematografica sceneggiata e diretta dalla giovane Greta Gerwig (Lady Bird), in sala da giovedì 9 gennaio, ha davvero tutto per essere definita, appunto, nuova: pur restando in gran parte fedele al libro semiautobiografico pubblicato dall’autrice americana nel 1868, e al sequel Piccole donne crescono uscito l’anno dopo (anche se poi i due libri vennero uniti) a raccontare di come le vivaci e legatissime sorelle March passano tra mille difficoltà e altrettanti eventi dall’adolescenza all’età adulta, appare sin da subito quanto questo Piccole Donne sia modernissimo, sin da come la storia viene raccontata, con un montaggio cioè che intreccia il prima e il dopo, tanto che il film inizia con Jo già grande che tenta di pubblicare il suo primo racconto. E poi dall’escamotage del racconto nel racconto: a narrare le vicende delle quattro ragazze e della ricca e variopinta umanità che le circonda, è infatti qui la stessa Jo, aspirante scrittrice, che alla fine decide di smetterla con i racconti brevi e di osare un libro intero che le viene di getto in seguito ad una grande delusione d’amore (o di orgoglio?), quasi a sottolineare la “autobiograficità” del romanzo.

Altre piccole variazioni sul tema sembrano spolverare per bene il libro appena preso dallo scaffale rendendolo, all’apertura, molto più adatto ai nostri giorni per situazioni, reazioni, pensieri, e quindi assolutamente più godibile anche dalle nuove generazioni, insomma un film moderno per un classico della letteratura. E ciò è un bene visti i temi importanti che porta a tramanda, dall’autodeterminazione femminile alla forza dei legami, dalla consapevolezza di sé e dei propri limiti, dalla crescita all’autonomia. Un ulteriore spinta in avanti è data certo dal cast composto da personaggi del momento, tra i più amati e ammirati anche dal pubblico più giovane, a cominciare da Emma Watson (Harry Potter, La bella e la bestia, The Circle) che interpreta Meg, per proseguire con Saorise Ronan (Brooklyn, Lady Bird, Maria regina di Scozia) che fa Jo, Florence Pugh (Lady Macbeth, Una famiglia al tappeto) che è Amy, Eliza Scanlen (Babyteeth, Sharp Objects) che è Beth, aggiungendo Laura Dern che è la mamma, Timothée Chalamet (Un giorno di pioggia a New York, Chiamami col tuo nome) che dà vita a Laurie, e Meryl Streep che è la zia, e passando per Louis Garrel che è Friedrich Bhaer mentre Bob Odenkirk è il padre delle Piccole donne, autore peraltro dell’appellativo.  Insomma, il film è molto bello, solare e a tratti divertente, commuove senza essere melenso, e soprattutto portatore sano di fiducia nel lungo cammino che le donne devono ancora fare, e se cominciano da piccole è meglio.

Qualche cenno sulla storia, sullo sfondo della Guerra di secessione americana (Piccole Donne è ambientato pochi anni prima della pubblicazione). Il padre è al fronte e per oltre metà del film è come un fantasma, viene nominato, in qualche modo aleggia, ma viene quasi il sospetto che non esista. Le quattro sorelle sono legatissime tra loro anche se molto diverse: Meg è quella più giudiziosa e attenta alle convenzioni sociali, Jo è la più istintiva e anticonformista, Beth è una sognatrice timida e delicata, Amy la più vivace e spensierata. Hanno seri problemi di soldi, ciononostante, come la mamma insegna, sono molto generose con chi ha persino meno di loro. Ognuna di loro si troverà a fare i conti con le proprie aspirazioni, con lo stesso legame reciproco, con nuove amicizie e innamoramenti, con una condizione femminile che sta stretta a tutte, a Jo in primis, e con gli anni che passano che portano inevitabilmente con sé cose belle e dolori. Crescere in fondo è tutto questo, in qualunque epoca e in ogni paese.