L’Uomo che comprò la Luna, dalla Sardegna in tutta Italia

di Patrizia Simonetti

Se promettete la Luna alla donna che amate, pensateci bene perché poi gliela dovete comprare per davvero. Soprattutto se siete sardi perché i sardi le promesse le mantengono, anche a costo di tirarsi dietro l’ira degli americani… Il cagliaritano Paolo Zucca (L’arbitro) porta sul grande schermo L’Uomo che comprò la Luna, un film surreale e ironico con Jacopo Cullin, Francesco Pannofino, Stefano Fresi (al cinema anche in Ma cosa ci dice il cervello), Benito Urgu, Lazar Ristovski e Angela Molina, che dopo aver fatto fortuna nei cinema in Sardegna con sole 10 copie, sbarca nel resto d’Italia con Indigo Film e con presentazioni accompagnate da regista, cast e sceneggiatori, a cominciare da giovedì 2 maggio a Roma. Scritto dallo stesso regista assieme a Barbara Alberti e a Geppi Cucciari, L’Uomo che comprò la Luna racconta di una tal Agenzia del Nord addetta alla sicurezza euroatlantica, rappresentata da due agenti segreti decisamente stereotipati di nome Pino e Dino interpretati da Stefano Fresi e Francesco Pannofino i quali, saputo da una soffiata americana che qualcuno sull’isola si è comprato la Luna, decidono di ingaggiare un soldato, interpretato da Jacopo Cullin (La stoffa dei sogni), che si finge milanese facendosi chiamare Kevin Pirelli, mentre è sardo al cento per cento: il suo vero nome è infatti Gavino Zoccheddu e anche se ha rifiutato per motivi ben precisi le sue radici dimenticando le caratteristiche fondamentali della Sardità, i due 007 di casa nostra gliele faranno tornare alla memoria mandandolo a lezione da Badore, un sardo doc dal passato oscuro che usa metodi di addestramento molto personali e al quale dà vita Benito Urgu. L’obiettivo è di spedirlo in Sardegna a individuare l’audace acquirente dell’astro d’argento e, ovviamente, eliminarlo visto che gli americani rivendicano la proprietà della Luna per avervi messo piede per primi piantandoci pure la bandiera a stelle e strisce nel lontano 1969. Ma non sapendo che tutti gli altri quando muoiono vanno nell’aldilà, mentre i sardi vanno sulla Luna dove, per esempio, è possibile incontrare i grandi eroi sardi come Antonio Gramsci “piccolo come un bambino, grande come un pensiero” spiega il mentore a Kevin/Gavino, così come Eleonora giudichessa di Arborea, Grazia Deledda e molti altri sardi di nobili principi.

L’Uomo che comprò la Luna racconta della crescita interiore di un eroe sui generis e del suo viaggio picaresco verso la scoperta e la riappropriazione di una cultura, di una storia e di un sistema di valori altri – dice Paolo ZuccaLo spunto drammaturgico di fondo nasce da un trafiletto di giornale che raccontava della vendita di lotti sulla Luna da parte di una società americana. A poche centinaia di metri dalla mia casa, sulla costa occidentale sarda, si adagia sul mare una grande distesa di roccia calcarea, bianchissima e piena di crateri, proprio come la Luna. Così ho immaginato che la Luna fosse anche mia. E di tutti i poeti, soprattutto. In un secondo momento, dopo aver scoperto quali sorprese si nascondono tra le pieghe del diritto internazionale in materia di spazio e corpi celesti, ho trovato la chiave di volta dell’intreccio, che ha così assunto, nella sua apparente assurdità, anche un fondamento di tipo legale e politico, oltre che metaforico.

L’intento di divertire il pubblico voluto dal regista riesce soprattutto nella prima parte del film quando incontriamo Pino e Dino e quando loro, a loro volta, loro trovano Kevin. Esilaranti anche alcune scene dell’addestramento di quest’ultimo alla sardità ad opera di Badore, come l’ironia contro stereotipi e pregiudizi, e scene che ricordano molto le comiche e gli sketch di una volta. Poi la storia si appiattisce un po’, il film rallenta, in particolare nell’incontro di Kevin, ormai completamente Gavino, con i suoi conterranei, per tornare a riaccalappiare l’attenzione mentre si avvia al finale. Il tema però resta originale e interessante nel modo in cui viene trattato e la faccia dell’asino che non si sposta dalla strada per lasciar passare la macchina che in realtà avrebbe tutto lo spazio per farlo e anche di più, non si può dimenticare.