Intervista a Pierfrancesco Campanella da ‘Sacrificio disumano’ a ‘Brividi d’autore’: “io sono uno scandalo vivente”

di Patrizia Simonetti

Sacrificio disumano, il cortometraggio di Pierfrancesco Campanella sul tema dei bambini scomparsi del quale abbiamo parlato anche con la protagonista Maria Grazia Cucinotta, continua a mietere successi e a ricevere premi e riconoscimenti: dall’Hollywood Blood Horror Festival di Los Angeles che l’ha premiato come miglior film drammatico e per la miglior attrice protagonista, la miglior regista, la miglior colonna sonora di Alfred Bestia e per il miglior cast artistico d’insieme (Franco Oppini, Federica Candelise, Chiara Campanella, Francesca Nunzi, Nicholas Gallo e Maria Rita Hottò); al Rome International Movie Awards; fino alla targa speciale  consegnatagli dall’OFFI 2021, l‘Ostia Film Festival Italiano. Ne abbiamo parlato direttamente con il regista romano, già al lavoro su un nuovo film, cogliendo l’occasione per un’interessante chiacchierata a 360 gradi sul cinema e sulla sua lunga carriera.

Una vera e propria pioggia di premi su Sacrificio disumano, si aspettava questo grande successo e a cosa in particolare lo attribuisce?

Sì, devo essere sincero, un po’ me lo aspettavo. Più che altro per la strepitosa performance della Cucinotta, in questo lavoro più brava e credibile che mai. Non era facile calarsi nel ruolo di una mamma cui hanno rapito il figlioletto, senza sapere in che mani sia finito. Una sorta di “madre coraggio” che ricorda la figura di Piera Maggio, tristemente nota per il caso di Denise Pipitone. Certo, dei timori li avevo, non tanto per la tematica “scomoda” del soggetto, quanto per il finale molto crudo e poco accattivante.

Ha appena finito di girare il film a episodi Brividi d’Autore, ce ne può parlare?

È la storia di una regista frustrata (ancora Maria Grazia Cucinotta) che non riesce a tornare dietro la macchina da presa, per cui bombarda il suo produttore di riferimento (Franco Oppini) con varie idee di altrettanti nuovi film, che vengono sistematicamente rifiutate. Ogni proposta della cineasta corrisponde a un episodio. L’epilogo sarà assolutamente imprevedibile. Altri interpreti sono Emy Bergamo, Nicholas Gallo, Chiara Campanella, Gioia Scola e Adolfo Margiotta, con la partecipazione straordinaria di Sebastiano Somma.

Agli inizi della sua carriera ha fatto anche l’attore, perché ha poi deciso di passare definitivamente dietro alla macchina da presa? Una questione di “potere”? Meglio dirigere che essere diretti?

Sì, è una questione di potere. Soffrivo molto ogni volta che dovevo essere scelto ed ero costretto a sgomitare. Troppe umiliazioni e troppe attese accanto al telefono che spesso non squillava. E così un bel giorno ho deciso che da un certo punto in poi sarei stato io a scegliere. Detta in questo modo, la mia decisione sembra quasi una vendetta e che io goda a stare dall’altra parte della barricata. Al contrario, proprio perché so cosa si prova a essere giudicati e soppesati, sono molto comprensivo con gli attori e cerco di metterli a proprio agio. Se posso, cerco addirittura di evitare il provino perché lo reputo un momento traumatico per l’artista. Un vero e proprio esame in cui l’emozione può giocare qualche brutto scherzo.  A me spesso basta una chiacchierata per capire a pelle se la persona che ho davanti è l’interprete giusto per un determinato ruolo.

Molti dei suoi lavori nel corso della sua carriera sono stati definiti “film scandalo”, perché secondo lei? E qual è la sua definizione di “scandalo”?

Scandalo è andare controcorrente, sfidando non tanto il perbenismo dei benpensanti, quanto il politicamente corretto dei finti intellettuali. In questo senso io stesso sono uno scandalo vivente per il mio vivere fuori dagli schemi, non tanto sul set quanto nella vita personale.

Quanto “serve” mostrare sesso e violenza in un film?

Serve nel momento in cui certe scene sono effettivamente funzionali alla storia e al messaggio. Non serve quando il tutto è gratuito e forzato. A me è capitato di subire pressioni per inserire sequenze “forti” e “spinte”, ma poi non hanno funzionato proprio perché “appiccicate”. Il pubblico non è scemo!

Quanto l’hanno toccata, se l’hanno fatto, le critiche ai suoi film e al suo stile?

All’inizio le recensioni negative mi ferivano un po’, perché dietro un lavoro ci sono comunque i sacrifici di tanta gente. Si può anche sbagliare, ma sempre in buona fede. Ogni regista, insieme ai suoi collaboratori, cerca di dare sempre il massimo. Poi arriva un “pincopallo” qualunque che ti demolisce, spesso senza alcun costrutto ma solo per dare la stura alle proprie personali frustrazioni. Mi è capitato di ricevere anche critiche assurde da gente impreparata, incompetente e ignorante. La tastiera  in certe mani è un’arma impropria. Naturalmente ci sono tanti validi professionisti cui va tutta la stima del mondo, in quel caso la stroncatura ferisce di meno.

Lei ha spesso “usato” la sua arte cinematografica per denunciare o comunque puntare il dito, a suo modo, contro aspetti della società che voleva criticare, oggi quanta “critica sociale” trova nel cinema?

Poca, perché si è un po’ perso il gusto della “vera” denuncia. Mi sembra tutto edulcorato, le tematiche scomode vengono evitate per non inimicarsi sponsor e finanziatori vari, soprattutto se di matrice assistenzialista.

Cosa accadde nell’86 con Cattivi Pierrot cui fu cambiato titolo e finale da Rampelli?

Accadde che in quel periodo, in seguito al boom di incassi del film “La chiave” di Tinto Brass con Stefania Sandrelli, andavano molto di moda i film di genere soft erotico. I miei distributori decisero di spacciare il mio film come appartenente a quel filone e così fu cambiato il montaggio con l’inserimento di inedite scene di nudo. Mi dissociai dall’operazione, con tutte le conseguenze del caso.

Se tornasse indietro, eviterebbe di fare qualcosa che ha fatto? E, al contrario, c’è qualcosa che non ha fatto e ora ne subisce il rimpianto?

Non eviterei nulla perché uno mica ha la palla di vetro che può prevedere il futuro, per cui gli errori fanno parte del percorso di vita di ognuno di noi. Il rimpianto forse è non aver accettato dei “compromessi” di lavoro quando mi sono stati richiesti, perdendo dei treni che non sono mai più ripassati. Oggi purtroppo i compromessi non me li chiede più nessuno!

La sua attrice o il suo attore preferito con cui vorrebbe tornare a lavorare? E perché?

Sicuramente lavorerei ancora volentieri con Dalila Di Lazzaro, con la quale ho girato “Strepitosamente… flop”,  perché è ancora una bellissima donna con un forte potenziale interpretativo che non ha potuto mostrare in pieno in quanto, per problemi di salute, si è ritirata troppo presto dalle scene.