Lo sport e la vita. Per alcuni sono la stessa cosa. Si fondono, si sovrappongono, si scontrano e si sostengono. Accade soprattutto ai campioni. Come Roberto Baggio, la cui storia è diventata un film ispirato, nel titolo, al suo modo di raccogliere i capelli: Il Divin Codino, su Netflix da mercoledì 26 maggio, con un bravissimo Andrea Arcangeli (The Startup, Dei, Romulus) nel ruolo del protagonista, Thomas Trabacchi in quello del suo manager Vittorio Petrone, Andrea Pennacchi in quello del padre Fulgenzio, Valentina Bellè a interpretare Andreina, la sua ragazza prima e sua moglie poi. E c’è pure Martufello che fa Mazzone. Un film che, a dire il vero, predilige molto la vita, il privato, i dubbi, gli infortuni, i rapporti familiari, le sensazioni, la scelta di abbracciare il buddismo di un uomo che è stato l’idolo di molti e lo è tuttora. “Abbiamo preferito privilegiare la parte di Roberto uomo, perché la più emozionale da riproporre, in fondo non volevamo fare Wikipedia” spiega in conferenza stampa la regista Letizia Lamartire, che poi sull’evidente completa assenza della parentesi bianconera di Baggio sottolinea: “abbiamo raccontato l’amore di Roby per la maglia azzurra e non quello per le singole squadre, mentre non potevamo non raccontare quel rigore del 94 che è stato anche il più complesso da girare perché sentivamo la responsabilità di restituire anche la nostra emozione”. “Ho capito che la chiave per interpretare Roberto era Roberto stesso – ha detto poi Andrea Arcangeli – perché in lui c’era un forte nucleo emotivo, dentro è un uomo felice che ha sempre una casa dove tornare“.
Il Divin Codino, prodotto da Fabula Pictures, punta dunque sulle emozioni: tanto spazio è lasciato al rapporto di Roberto Baggio con il padre a cui deve molto, soprattutto lo sprone a non arrendersi mai e guardare dritto all’obiettivo, che poi era quello di portare l’Italia alla vittoria dei mondiali battendo il Brasile, ma sappiamo tutti com’è andata. Il racconto comincia dagli esordi di Baggio nel Lanerossi Vicenza e finisce quattro anni dopo quell’assurdo calcio di rigore inspiegabilmente sbagliato, seguito da altre delusioni di mancate convocazioni, dall’idea di trasferirsi in Giappone e infine dall’addio al pallone. E la comprensione di un principio che punta sull’importanza del percorso fatto verso un obiettivo piuttosto che sul raggiungimento dell’obiettivo stesso e che l’amore della gente conta di più di mille rigori centrati. Quello comunque resterà “una cosa che non si può archiviare – rivela Roberto Baggio in conferenza stampa – vissuta malissimo perché rincorsa da sempre, tra tutti gli errori che si fanno nella vita questo non si dimentica”.
ll Divin Codino sintetizza dunque ventidue anni in 92 minuti, stessa durata di una partita di calcio, e il senso è tutto racchiuso nel titolo della canzone di Diodato che fa da colonna sonora al film: L’uomo dietro il campione. Ecco dunque il nostro videoincontro con Andrea Arcangeli e Roberto Baggio, le dichiarazioni in conferenza stampa di Valentina Bellè e Andrea Pennacchi e il videomessaggio di ringraziamento di Diodato: