Valeria Bruni Tedeschi, torinese di nascita ma trasferitasi a Parigi con la famiglia a soli 8 anni, agli inizi della sua formazione artistica frequentò un corso di teatro all’École des Amandiers di Nanterre, alla periferia della capitale francese, tenuto da Pierre Romans e Patrice Chéreau, non due registi, ma due dèi, così erano visti dai loro allievi come racconta lei stessa. Restò in quella strana scuola decisamente anticonvenzionale per due anni, due anni intensi in cui strinse amicizie, amori, sperimentò sé stessa mettendosi a confronto con il suo lato artistico, ma soprattutto provò il gusto, che non lasciò mai più, di “cancellare la frontiera tra la vita e la scena – ricorda – di non mettere un muro tra noi sulla scena e noi nella vita e poter deambulare in modo libero tra i due lati, dando ai nostri personaggi le nostre verità, di non recitare ma di essere…” Fu lo stesso Patrice Chéreau in quel periodo, nel 1983, a farla debuttare in teatro nel Platonov di Anton Čechov da lui diretto, e fu sempre Patrice Chéreau ad offrirle quattro anni dopo il primo ruolo cinematografico nel suo film Hôtel de France girato, appunto, con gli allievi dell’École des Amandiers. Valeria lavorerà con lui altre volte, sia al cinema che in teatro.
Di quei due anni trascorsi in quella scuola, Valeria Bruni Tedeschi ha voluto farne un film, Forever Young (Les Amandies) scegliendo come sua alter ego Nadia Tereszkiewicz, una giovane attrice francese che irrompe meravigliosamente sullo schermo sin dall’inizio del film con tutta la passione e la drammaticità del personaggio che Stella, così si chiama nel film, ha scelto per il suo travolgente provino di ammissione alla Scuola. Ad interpretare Patrice Chéreau, con tutti i suoi sbalzi di umore, la sua collera, la sua genialità, i suoi vizi e le sue virtù, è Louis Garrel mentre il ruolo di Pierre Romans è di Micha Lescot.
In quei due anni nella scuola di Nanterre, Stella fa breccia nel cuore e nella passione di molti ragazzi, ma lei sceglie Etienne, oscuro, umorale, ambiguo, tossico. Ad interpretarlo è Sofiane Bennacer, salito alle cronache per essere al centro di un’inchiesta per stupro e violenze. Il suo “linciaggio mediatico” da parte di Liberation è stata l’apertura della conferenza stampa capitolina di Valeria Bruni Tedeschi cui abbiamo già dedicato il dovuto spazio.
Forever Young, che dopo aver partecipato in concorso a Cannes, è arrivato anche in presentazione a Roma prima di sbarcare al cinema giovedì primo dicembre,è un film intenso e toccante, non facile nell’interpretazione, come non è mai quando si tratta di attori che interpretano attori, o quando si fa teatro in un film, ma il plauso è d’obbligo per tutti. Valeria Bruni Tedeschi affida dunque al suo sesto film da regista, a quattro anni da I Villeggianti, un pezzo fondamentale della sua vita, quella parte in cui probabilmente lei, e come lei gli altri giovani allievi della scuola, hanno deciso di consacrarla all’arte della recitazione e dell’interpretazione. L’attrice e regista non risparmia il lato oscuro di quella magnifica esperienza cui deve in gran parte ciò che è oggi: c’era la droga, anche tra i grandi maestri, e c’era l’Aids, entrato senza bussare nelle vite ignare degli amanti e degli amatori liberi di quegli anni. Amore e morte, Eros e Thanatos. Il nostro videoincontro con Valeria Bruni Tedeschi alla quale abbiamo chiesto cosa di quell’eperienza le ha fatto bene e cosa male: