Quattro personaggi a prima vista – e forse anche alla seconda e alla terza – perdenti, che però uniti trovano in qualche modo il loro perché, l’uno utile se non indispensabile all’altro, e il gruppo inizia a vivere di vita propria. Questa un po’ la storia che hanno deciso di raccontare per la loro opera prima da registi intitolata Vengo anch’io, in sala dall’8 marzo con Medusa, Corrado Nuzzo e Maria Di Biase, in arte Nuzzo Di Biase, il duo dalla comicità secca, quella fatta di battute brevi, chiuse, sarcastiche e spesso ciniche, ma sempre ironiche e auto ironiche, che ha conosciuto la popolarità in quel di Zelig e a Quelli che il calcio, ma anche a Mai dire goal in tutte le sue declinazioni, visti anche più volte sul grande schermo ma solitamente separati, ora lanciatissimi alla prima regia con un film che li vede anche protagonisti: “ci siamo allenati per un anno e quando ci siamo sentiti pronti siamo partiti con questa nostra opera prima” ci racconta Corrado Nuzzo nella nostra videointervista che trovate a fine articolo; “è l’inizio di un nuovo percorso, ma anche il frutto di tutto quello che avevamo già fatto” gli fa eco Maria Di Biase. Nel film, impreziosito dai camei di Ambra Angiolini, Aldo Baglio, Vincenzo Salemme, Francesco Paolantoni, Alessandro Haber, i due si chiamano con i loro veri nomi, Corrado e Maria: lui responsabile di un centro per minori ma dipendente da psicofarmaci così che viene licenziato, e quando va via gli va dietro Aldo, un ragazzino con la sindrome di Asperger (Gabriele Dentoni) che si crede un genio tipo Rain Man ma in realtà non riesce neanche a contare tre pillole in una mano; lei appena uscita dal carcere dove ha scontato due anni per aver cercato di ammazzare un tizio, facendolo triturare assieme all’immondizia in un cassonetto dei rifiuti, che credeva fosse il padre di sua figlia, che si chiama Lorenza (Cristel Caccetta) e che nel frattempo ha abbandonato la sua squadra di canottaggio credendosi una fallita. Vengo anch’io è un omaggio, nel titolo, a Enzo Jannacci che “cantava e parlava degli ultimi” ci dice Nuzzo, “e con leggerezza come abbiamo fatto noi – aggiunge Di Biase – perché sono quattro disperati a cui regaliamo il sogno della felicità”. E il punto è tutto qui: la felicità è un diritto di tutti, anche dei più sfigati, anche di quelli che vogliono lanciarsi da un ponte, e quindi anche per i nostri che intraprendono “un piccolo viaggio della speranza al contrario da Milano al Salento per ritrovare insieme una speranza verso il futuro”. Vengo anch’io è leggero e sorridente, ma non aspettatevi il lieto fine alla Walt Disney: “i nostri personaggi fanno gruppo ma non migliorano, non cambiano di una virgola il loro atteggiamento rispetto alla vita – tengono a sottolineare Nuzzo Di Biase – ma in questo periodo storico è un film anche un po’ politico perché il fatto di fare comunità, gruppo, e sognare insieme ci sembra una tematica molto importante”. La nostra videointervista a Corrado Nuzzo e Maria Di Biase:
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