Venezia 72: Sangue del mio Sangue di Marco Bellocchio, la storia vera di una suora murata viva

di Patrizia Simonetti

Una giovane suora murata viva per aver sedotto un uomo d’armi di nome Federico e pure il gemello prete che la confessava. Accade davvero nel seicento a Suor Benedetta, accusata di stregoneria e per questo rinchiusa per sempre nelle antiche prigioni del convento di Santa Chiara, cittadina della Val Trebbia, nel piacentino. Passano secoli, poi un altro Federico, probabilmente un ispettore ministeriale, ma forse no, torna sul luogo del misfatto per scoprirlo tuttora abitato da una misteriosa creatura, un conte pare, che però vive soltanto nel buio della notte.

Una storia vera, cupa e inquietante quella raccontata in Sangue del mio Sangue,  il nuovo film scritto e diretto da Marco Bellocchio e con la fotografia di Daniele Ciprì, il terzo film italiano in concorso a Venezia 72 e nelle sale da mercoledì 9 settembre distribuito da 01. Un film nato “dalla scoperta casuale delle antiche prigioni di Bobbio” racconta l’autore-regista che a Bobbio è nato e cresciuto e ha anche girato nel 1965 il suo primi film I pugni in tasca. “Mi parve che questa storia dissepolta da un passato così remoto – continua Bellocchio – meritasse un ritorno al presente dell’Italia di oggi e più precisamente in un’Italia di paese, Bobbio, che la modernità, la globalizzazione hanno ormai cancellato”.

Protagonisti Roberto Herlitzka, Alba Rohrwacher, Fiilippo Timi, Federica Fracassi, Toni Bertorelli e Bruno Cariello, tra i suoi interpreti preferiti; Lidiya Liberman, scoperta a teatro e ora debuttante sul grande schermo; e poi i figli Pier Giorgio Bellocchio che ha avviato sin da piccolo al mestiere, ed Elena Bellocchio, e pure il fratello Alberto, un bel po’ di sangue del suo sangue, appunto.

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