Una sirena a Parigi: l’amore, l’arte e il succo della vita

di Patrizia Simonetti

L’amore in fondo non è che prendersi cura dell’altro, aiutarlo, sostenerlo, fare di tutto affinché stia bene. E poco importa se non è come noi, se appartiene a un altro mondo, se arriva da un universo parallelo o da un pianeta lontano, se, persino, è fuori dalla realtà, almeno come noi la conosciamo. E la poesia di un amore così, non ha limiti. Né paragoni. Lui è uno strano ragazzo parigino di nome Gaspard Snow cresciuto con il mito della nonna che, in tempo di guerra, per proteggere i partigiani e i cosiddetti “sorprenditori” – quelli cioè che fanno cose fuori dal comune, belle, artistiche, creative – aveva aperto un locale di arte e musica in un barcone sulla Senna, il Floweberger, dove quindi si registravano dischi, si scrivevano libri e poesie, si produceva cultura insomma, e soltanto per il desiderio di farlo e far rifiorire il mondo, e ora quel locale fatto di colori, suoni e vita, è di suo padre che se ne vuole disfare, ma lui non ci pensa proprio. Lei è una creatura fiabesca, mitologica anzi, una di quelle figure che ritroviamo nei film d’animazione per bambini ma prima ancora nelle opere dei grandi poemi antichi come l’Odissea di Omero, metà donna e metà pesce, in una parola: una sirena.

La loro storia la racconta Una sirena a Parigi, film scritto e diretto da Mathias Malzieu, autore e regista francese e anche leader del gruppo rock dei Dionysos, al cinema da giovedì 20 agosto con Vision Distribution e Cloud 9 Film. Siamo nell’estate del 2016, c’è stata un’inondazione a Parigi che nel film non si vede e a dire il vero non si capisce neanche tanto. La sirena sarebbe esondata assieme alle acque della Senna e giace inerme sul sottofiume. All’inizio della pellicola però vediamo soltanto il pelo dell’acqua “da sotto” e ascoltiamo una specie di canto che uno ad uno ipnotizza gli avventori del Floweberger che lentamente si immergono nel fiume. Ad accorgersi di lei è solo Gaspard che se la porta a casa. Ma non appena sveglia, Lula, così si chiama la sirena, lo mette in guardia dal potere micidiale del suo canto che prima fa innamorare perdutamente ogni uomo che lo ascolta e poi gli fa esplodere il cuore, letteralmente, eredità della fame di vendetta di sua madre morta che odiava gli uomini. Lui la tranquillizza, dopo quello che ha passato è immune all’amore e quindi alla maledizione, ma indovinate un po’? Anche lui alla fine si innamora di Lula, e non certo per un incantesimo. D’altronde anche lei verrà presto conquistata dalla gentilezza di lui, dalla sua testardaggine nel volerla aiutare, curare, proteggere, farla star bene, amarla insomma. Alla strana coppia si presenterà una doppia sfida: restare insieme e salvare il Floweberger…

Avevo già in mente di scrivere di personaggi refrattari all’amore, ma l’evento scatenante è stata l’alluvione del 2016 a Parigi, durante la quale pesci e anatre si sono riversati sulle rive della Senna – racconta Mathias Malzieu che per sua stessa ammissione per Una sirena a Parigi si è ispirato a Chaplin, Spielberg,Tim Burton, Jarmusch, Vincent Gallo, Capra – e quando è stato trovato un pesce gatto, mi è venuta voglia di farne una sirena. Immaginavo che sarebbe stata l’ultima delle sirene e che il mio eroe sarebbe stato un cantante o un personaggio uscito dalle pagine di un libro di letteratura. Avevo immagini molto forti nella testa, così mi è venuta subito voglia di scrivere una commedia che richiamasse gli anni Cinquanta, romantica e stravagante al tempo stesso, e al centro di tutto volevo che ci fosse una sirena. Immaginavo momenti divertenti, che non avrebbero tolto nulla alla poesia, un mix di comicità e tenerezza che rendesse il film una commedia e sostenesse una trama in cui i personaggi escono dalla loro comfort zone cercando di dare il meglio di loro in fretta e furia, sia che siano immersi nel loro universo che al di fuori di esso. Questa storia è lievemente autobiografica – continua il regista – è il resoconto di un grande strazio che mi ha ferito al punto di farmi credere che non potevo più innamorarmi, poi improvvisamente ho incontrato una giovane donna troppo bella per me, e la sirena è una metafora che incarna una realtà pronta ad incantare la fantasia. Ecco perché era importante per me scrivere questa storia avvolgendola in un ‘realismo magico’: è un racconto che ovviamente non si svolge su un pianeta sconosciuto ma a Parigi dove, a parte la sirena, tutto può esistere, non c’è nessun elemento soprannaturale e fantastico. È anche per questo che ho scritto il libro, il film e la musica allo stesso tempo: volevo essere totalmente immerso nel mondo di Lula e dell’ incanto, come se stessi intraprendendo un viaggio all’interno del mio cuore. In Una sirena a Parigi ogni personaggio si trova ad affrontare un trauma e deve imparare dall’altro, fare un passo indietro e tornare ad essere se stessa“.

Il risultato è un film davvero bello, poetico, fantastico ma al tempo stesso incredibilmente credibile: il fatto che la sirena, ad esempio, sia vera, non un disegno o una figura eterea, ma proprio vera, in carne e lische, con il suo peso reale quando il nostro eroe deve portarla in giro e poi adagiarla nlla vasca, con la coda enorme e ingombrante che sbatte da qualche parte, con espressioni assolutamente umane che le si disegnano sul viso, di stupore, paura, divertimento, amore, la rende l’unica cosa così fuori posto rispetto alla realtà che ci sta dentro alla perfezione, diventandone una sorta di leva di Archimede per (ri) sollevare il mondo. L’amore dunque, l’arte e il succo della vita. Una sirena a Parigi ti trascina in un altro mondo, senza tempo, non sai se sei nell’oggi o nel passato o chissà dove, mette allegria nel suo portarti altrove, te ne accorgi dopo un po’ che le tue labbra sono tese in un sorriso inaspettato e chissà da quanto, tifi per Garpard affinché possa coronare il suo sogno d’amore, ma al tempo stesso fremi perché rimetta al più presto in acqua Lula che all’asciutto rischia di morire, e pensi che sia tutto vero. Invece…

Una sirena a Parigi è una favola – afferma Marilyn Lima che la interpreta – l’amore impossibile tra una sirena e un cantante che non crede più nell’amore mi ha totalmente sedotta. Lula e Gaspard sono entrambi in una situazione di diffidenza: lei è una sirena e lui un uomo, gradualmente si scoprono, si cercano, si conoscono, si addomesticano, imparano a fidarsi l’uno dell’altra e non sanno che si stanno innamorando. Ma l’amore si fà strada tra loro, e quando scocca la scintilla, è troppo tardi per tornare indietro. Lula ha bisogno d’amore da quando improvvisamente e in modo crudele ha perso quello di sua madre. Cerca di proteggersi mettendo tra se e gli altri un guscio, come tutti gli esseri feriti, per affrontare la malvagità del mondo. Ma nel profondo rimane una giovane donna affascinata dall’amore che non può immaginare che questo sentimento possa appartenere anche agli uomini. Avere la coda di una sirena significa immergersi in un altro universo – rivela ancora l’attrice – Avevo anche una parrucca e dovevo sottopormi a due ore di trucco al giorno. Ho passato molto tempo nella vasca da bagno, dove l’acqua si raffreddava rapidamente e aveva bisogno di essere riscaldata e potevo ‘giocare’ solo con la parte superiore del mio corpo e l’espressione del mio viso. E per quanto riguarda il cantare, sono stata sedotta dalla prospettiva perché avevo già avuto una piccola esperienza in questo campo, ma comunque per me ha rappresentato una sfida. Mathias ci ha dato fiducia e la nostra insegnante è stata bravissima: ci ha insegnato a cantare a tempo di record“.

La storia romantica di Una sirena a Parigi è una favola con un lato fantastico: un uomo ferito che resiste al fascino di una sirena alla quale presta aiuto – racconta Nicolas Duvauchelle che interpreta Gaspard – Era molto importante per me che le mie figlie, che sono piccole, potessero vedermi recitare in questo film, perché di solito non possono vedere buona parte dei film che interpreto. Quello che amo del cinema è scoprire altre visioni del mondo e l’universo di Mathias è meraviglioso, fantastico, e ognuno può riconoscersi un po’ nella sua metafora. Io sono di natura piuttosto pessimista a differenza di Mathias che ha prestato il suo tratto positivo a Gaspard, le favole non fanno parte del mio universo, ma mi lascio trascinare con piacere in questa dimensione surreale. Il mio personaggio è un uomo dal cuore spezzato che non crede più nel sentimento dell’amore, ma incontra una sirena e le presta aiuto perché fondamentalmente è una persona buona e ha valori molto radicati. Cerca una soluzione a tutto, a volte anche alle cose più difficili. È un artista che crede nel ‘fantastico’ per proteggersi dalla realtà, ma si prende in giro da solo e pensa ancora che tutto vada bene mentre sta affondando. Il potere della ‘meraviglia’ appartiene a una tradizione di famiglia che egli vuole preservare, come hanno fatto sua madre e sua nonna prima di lui. È anche un personaggio pieno di energia che non si ferma un attimo. Volevamo che fosse pieno di energia, l’abbiamo immaginato mentre pattinava e cadeva, un po’ come nei cartoni animati. Così ho fatto sport ogni giorno per essere in questo dinamismo permanente. Ho lavorato molto anche sulla dimensione fisica del personaggio, ma soprattutto ho osservato Mathias perché in Gaspard c’è molto di lui”.

Nel cast di Una sirena a Parigi anche un’inaspettata Rossy De Palma, tra le attrici preferite di Almodovar, nel buffo ruolo della vicina di casa di Gaspard, impicciona e sopra le righe, a tratti insopportabile per quanto invadente, ma buona di cuore e con un grande evidente affetto verso il ragazzio. E Tchéky Karyo che interpreta Camille, il padre di Gaspard, un po’ burbero ma con iI grande desiderio che al figlio torni la voglia di vivere. Tutti i personaggi del film guadagnano qualcosa dall’arrivo della sirena, anche Milena (Romane Bohringer) che da innamorata diventa comprensibilmete cattiva quando Lula le ammazza, suo malgrado, il fidanzato, perchè imparerà a perdonare. Una sirena a Parigi fa anche un po’ questo, ti rende più buono, come le favole di Natale fanno o dovrebbero fare con i bambini e soprattutto con chi le racconta loro, ci si sente, come dire, innocenti come i suoi protagonisti. Almeno per la durata del film…