Tolo Tolo, videoincontro con Checco Zalone e con il cast

di Patrizia Simonetti

Checco Zalone, al secolo Luca Medici, firma la sua prima regia dopo la rottura del sodalizio con Gennaro Nunziante. Tolo Tolo – che vuol dire solo solo – il titolo della sua opera prima scritta a quattro mani con Paolo Virzì, girata in 9 mesi tra Kenya, Marocco e Italia, prodotta, come i suoi quattro film precedenti, dalla Taodue di Pietro Valsecchi e distribuita da Medusa che la porta in sala il primo gennaio, a 4 anni dall’uscita di Quo Vado?. L’abbiamo visto in anteprima e cominciamo subito col dire che Tolo Tolo non fa ridere, se non in pochissime occasioni che si contano sulla punta delle dita. E non fa neanche piangere, se si esclude un breve sentore di lacrimazione, ma in una sola scena. E questo è di certo un punto a sfavore del film che quindi non emoziona. Inoltre, c’è da segnalare qualche forzatura che si poteva evitare e che se non stessimo parlando di Checco Zalone, avremmo chiamato leggerezza o ingenuità: come il canto felice dei migranti – protagonista compreso – appena riemersi dal fondo del mare dopo il naufragio del loro barcone, una scena da musical che, per quanto l’autore abbia tenuto a precisare che nel film si tratta di un sogno, cozza un po’ troppo forte con la drammaticità di situazioni reali. O come il finale in cartoon in cui si accusa una cicogna strabica e innamorata di far cadere “per sbaglio” i neonati in terra africana. Naturalmente sappiamo bene che tutto ciò è pura ironia, sarcasmo se volete, ma così, a prima vista, un tantino disturba.

Tolo Tolo però ha la sua forza che sta, proprio come la grande commedia italiana, nel mettere alla berlina i difetti degli italiani, anche quelli più pesanti: si fa presto a dichiararsi non razzisti e tolleranti, ma quando Checco si ritrova, unico bianco, in una folla di neri disperati, soffre di rigurgito di fascismo che si ripropone come i peperoni con tanto di voce e atteggiamento mussoliniano, e questa è di certo una trovata geniale. Così come quando attorno al nostro si lanciano bombe e si spara all’impazzata, ma lui resta impassibile appiccicato allo schermo del suo telefonino a preoccuparsi dei problemi suoi e attraversando miracolosamente indenne una guerra che non lo tocca minimamente. Ed ecco la storia di Tolo Tolo: il sognatore Pierfrancesco Zalone, che si fa chiamare Checco, si crede un genio dell’imprenditoria e del fare soldi, ma ahimè la sua grande idea di un sofisticato sushi bar fallisce miseramente e tutti i suoi debiti ricadono sui suoi familiari, anche perché lui scappa in Africa dove la burocrazia e i mancati controlli ti permettono di diventare ricco senza tante scartoffie, o almeno così crede. Checco è antipatico e saccente, opportunista e truffatore, si preoccupa solo di trovare la sua crema al collagene e di tenersi addosso i suoi abiti griffati, e neanche l’assaggio di realtà crude come quella della guerra, degli attacchi dell’Isis, dei campi di prigionia e dell’odissea di migranti in fuga – tutto raccontato con molta leggiadria – lo cambierà più di tanto.

Buona la scelta del cast tra cui citiamo persino un Nichi Vendola nel breve ma divertente quanto autoironico ruolo di se stesso; Nicola di Bari in quello dello zio truffato; Barbara Bouchet come riccona di una certa con tanto di toy boy; Gianni d’Addario che è tal Gramegna, icona e metafora dell’ignorante che scala il successo politico senza requisito alcuno; Sara Putignano e Diletta Acquaviva che interpretano le due ex mogli che lo preferiscono morto in Africa che almeno i debiti sono estinti; un’invecchiatissima (grazie al trucco) Antonella Attili che fa sua madre; Alexis Michalik (che è in realtà un regista francese) nei panni di un videoreporter testimone delle povertà nel mondo; Souleyman Sylla che fa l’intellettuale traditore; Manda Tourè, che dà vita alla bellissima giovane donna africana che non è quella che sembra; e il piccolo Nassor Said Birya, bravissimo, cui Checco Zalone ha raccontato di aver regalato una play station ma purtroppo a casa non ha la corrente… Anticipato dalle assurde polemiche di razzismo per un trailer che è piuttosto un videoclip, quello della canzone Immigrato, Tolo Tolo poteva forse venire meglio, ma ha comunque il merito di affrontare un tema scottante e attuale come quello dell’immigrazione , mettendo al centro l’egoismo umano che “ce l’abbiamo tutti”, dice Zalone, proprio come l’immigrato dice al Checco personaggio che anche “il fascismo ce l’abbiamo tutti dentro e che viene fuori con il caldo, come la candida….” Un film che forse dovrebbe esser visto con le istruzioni per l’uso, almeno da una certa parte di pubblico pronta a travisare e puntare il dito, o al contrario osannare senza aver capito nulla, così come ha fatto Salvini dopo aver visto – forse – solo il trailer e dichiarando di volere Checco Zalone senatore a vita. Ecco, lui dovrebbe proprio vederlo Tolo Tolo. In sala all’anteprima c’era anche Fiorella Mannoia cui abbiamo chiesto la sua, di seguito quindi il nostro videoincontro con Checco Zalone, la sua personalissima presentazione del cast e la nostra videointervista a Fiorella Mannoia che peraltro proprio stasera, sabato 28 dicembre, chiude il suo tour all’Auditorium della Musica di Roma:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

foto di scena di Maurizio Raspante