Todo Modo torna al cinema: nelle sale il capolavoro di Elio Petri 39 anni dopo. Nel cast Volonté, Melato e Mastroianni

di Daniel Montigiani

«Todo modo para buscar la voluntad divina» «Ogni mezzo per trovare la volontà divina» (Sant’Ignazio di Loyola)

Agli inizi della seconda metà degli anni Settanta il cinema italiano comincia a presentare crepe che ne preannunciano la crisi, in primis artistica: poco dopo aver terminato Salò – Le 120 giornate di Sodoma, Pier Paolo Pasolini viene trovato assassinato il 2 novembre del 1975 al Lido di Ostia, sul litorale romano, mentre Luchino Visconti muore il 17 marzo del 1976. Lo stesso anno Federico Fellini gira Il Casanova che, oltre ad essere probabilmente il suo ultimo capolavoro, dopo una gestazione tempestosa per problemi di produzione e superamento del budget previsto, non riscuote un grande successo di pubblico, a differenza del precedente Amarcord.
E sempre nel 1976, esce Todo Modo di Elio Petri, tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia del 1974, considerato, purtroppo, l’ultimo esempio di cinema politico italiano, nonché collaborazione finale fra il regista e Gian Maria Volonté, iniziata con successo nel 1967 con A ciascuno il suo.

Il film di Petri, per la sua natura fortemente, e ferocemente, politica, e per i suoi evidenti riferimenti alla Democrazia Cristiana, non manca di incontrare ostacoli, tanto da venir addirittura ritirato un mese dopo il suo approdo nei cinema, per poi rischiare il completo oblio in seguito all’uccisione di Aldo Moro nel 1978, al quale il protagonista Gian Maria Volonté, chiamato M., Il Presidente, si rifà esplicitamente. Ma a strappare la pellicola definitivamente dal rischio del dimenticatoio dopo trentanove anni ci hanno pensato l’uscita del dvd il 24 marzo e il ritorno in questi giorni nelle sale italiane in seguito al restauro eseguito dalla Cineteca di Bologna e dal Museo Nazionale del Cinema di Torino.

Considerare Todo modo come un film soltanto o quasi esclusivamente politico significherebbe certamente mettere in secondo piano il riconoscibilissimo talento di Petri sia nella magistrale agilità della macchina da presa che nell’impeccabile creatività della messa in scena, la matrice pittorica e visionaria di buona parte del suo universo artistico, i suoi riferimenti all’arte contemporanea, ma, come già accennato, è impossibile non tener conto del suo concitatissimo legame con la (corruzione della) politica e la Chiesa.

Mentre in Italia è in corso una misteriosa epidemia, alcuni importanti esponenti della Democrazia Cristiana – capi politici, industriali, banchieri, dirigenti d’azienda – si ritrovano in una sorta di bizzarro albergo-prigione, l’Hotel Zafer, per dedicarsi ai loro annuali “esercizi spirituali” attraverso i quali cercano di liberarsi dei propri reati di corruzione. Fra i vari personaggi si distingue Il Presidente M. (Gian Maria Volonté), sua moglie Giacinta (Mariangela Melato) che nutre un’insana adorazione per il marito, e Don Gaetano (Marcello Mastroianni), figura severissima e minacciosa, e altrettanto corrotta, che guida gli esercizi. Insinuazioni e ipotesi velenose, liti, incomprensioni sono gli strumenti con cui gli ospiti creano passo dopo passo un’atmosfera tesa e soffocante. Fino a quando l’inizio di una catena di omicidi trasformerà l’Hotel Zafer in un temibile labirinto da cui difficilmente le varie personalità saranno in grado di uscire.

In Todo Modo lo stile di Petri, pur sempre pieno del suo grottesco feroce ed elegante, si rivela meno frenetico ed eccessivo del solito, rinuncia, con qualche significativa eccezione nel corso della prima parte, a quei complessi movimenti di macchina e all’uso dello zoom che avevano costituito la natura di altri momenti più celebri del suo cinema come A ciascuno il suo e La proprietà non è più un furto. Qui vige un’eccentricità vagamente bunueliana che, pur energica e acida, rimane comunque essenzialmente severa, lugubre, come se la concentrazione che il regista mette nell’attaccare la classe politica e la Chiesa non gli permettesse di essere barocco come in passato. Lo sguardo irregolare di Petri si scatena invece maggiormente nel tratteggiare i vari politici, le cui nevrosi e caratteristiche li conducono a comportamenti kitsch, che sfoceranno ufficialmente nel ridicolo dal primo omicidio in poi. I personaggi non sembrano affatto dei privilegiati che hanno storpiato un paese dall’alto della loro posizione, bensì pezzi alla deriva di un grande meccanismo devastante (quello della DC), ma comunque senza più bussola e bisognoso di un rinnovamento, esecrabili presenze costrette a portarsi il fardello della consapevolezza delle proprie colpe fra gli angusti spazi dell’hotel. Gli esercizi spirituali, dunque, non sono ristoratori, non tolgono potenza al peso delle loro chiare tracce di corruzione, ma costituiscono una serie di atti con cui i vari ospiti fanno ingresso e si perdono nel profondo dei loro mali, senza però poi riuscire più a trovare la via d’uscita. La preghiera può farsi così maldestramente intensa da diventare momento morboso, personalissimo angolo di una goffa ma autentica estasi erotica ai limiti del blasfemo (come accade al Presidente con la moglie), e le intime richieste d’aiuto alla religione, addirittura, possono prendere i connotati di un sottile omoerotismo, come nel caso del Presidente M. con Don Gaetano.

todomodo2Il film è reso ulteriormente lugubre e bizzarro dalla musica per organo di Ennio Morricone e dalla scenografia di Dante Ferretti, quest’ultima talmente ostile e fredda da sembrare una punizione: muri e corridoi di un grigio livido, labirintiche catacombe, statue bianche di personaggi religiosi simili a mostri rimasti congelati durante un’improvvisa ibernazione, telecamere a circuito chiuso che suggeriscono tracce di una distopia dal sapore fantascientifico.

Con Todo Modo Petri gira forse il suo film più statico, ma quello più brulicante per i temi trattati. Non il più bello, ma sicuramente uno dei suoi più rappresentativi e affascinanti, in cui compare maggiormente il desiderio del cineasta di affiancare con disinvoltura al concetto di cinema ed estetica quello di politica ed etica.

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