Roma, due giovani donne che diventano amiche, l’una, Eli, con quatto figli, un marito disoccupato, Mario, e un lavoro precario, l’altra, Vale, single e sola, performer, si guadagna da vivere ballando in discoteca. Due mondi diversi che legano fino a diventare fratelli e, loro, sorelle, un affetto che però nulla può contro i problemi quotidiani della vita. Sole Cuore Amore è il nuovo film di Daniele Vicari (Diaz) con Isabella Ragonese (Eli), Eva Grieco (Vale) e Francesco Montanari (Mario) che ce ne ha parlato in questa nostra videointervista, al cinema da giovedì 4 maggio con Koch Media e accompagnato in sala, al Nuovo Sacher di Roma, alle 21 di venerdì 5 maggio da regista e cast che incontreranno il pubblico. “Un personaggio quello di Eli che per me è stato un regalo – dice Isabella Ragonese – mi sembra di aver interpretato un’eroina del quotidiano con un’energia incredibile che stimo e rispetto, così come il suo modo di affrontare una vita difficile nutrendosi delle relazioni umane e mettere poesia nella propria vita è una grande lezione che mi ha dato”. “Sole Cuore Amore è un film che restituisce molto alle donne – aggiunge Eva Grieco – c’è bisogno oggi in questo paese di far capire che le donne sono forti e che si caricano di molti problemi. Mi sono riconosciuta in Vale ma anche in Eli, noi artisti siamo spesso divisi, come Vale, tra il fare ciò che vogliamo e quello che ci serve per sopravvivere”. “Un film semplice – dice Daniele Vicari – come il verso della canzone da cui è tratto il titolo, come semplici sono le esistenze di cui racconta la storia. La vita quotidiana di milioni di persone che non ricevono sicurezze dall’appartenenza sociale è invece molto difficile, qualche volta persino impossibile. Sole Cuore Amore si è rivelato così un film più complicato da realizzare di quanto pensassi inizialmente. La quotidianità rischia di apparire insignificante o meno interessante della messa in scena di sparatorie, tossicodipendenze, violenze e degrado portate all’esasperazione spettacolare. Quando invece la vera tragedia della nostra epoca risiede nel senso d’impotenza generale che ci attanaglia e, per una sempre più larga fascia della popolazione, nell’impossibilità di realizzare obiettivi minimi”.
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