Shadows, il thriller psicologico con Mia Threapleton, figlia di Kate Winslet

di Patrizia Simonetti

Uno strano trio di donne vive in un vecchio e fatiscente hotel in disuso  in mezzo al bosco. La più grande non ha neanche un nome, è semplicemente Madre (Saskia Reeves). Decisamente poco amorevole, è spigolosa, dura, anche se a volte indulgente nei confronti delle due ragazze che vuole proteggere a tutti i costi: perché lei sa tutto, lei sa come districarsi e sopravvivere nei boschi, lei sa che il mondo è cambiato e non è più quello di un tempo, la luce del sole può ucciderle ed è per questo che devono restare lì dentro. Tutte. Per sempre. Presentato in anteprima ad Alice nella Città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, anche Shadows di Carlo Lavagna comincia, per forza di cose, il suo percorso non sul grande bensì sul piccolo schermo, arrivando giovedì 19 novembre on demand su Sky Primafila, Chili, Google Play, Apple iTunes, CG Digital, Rakuten TV, The Film Club, Timvision, Infinity, Io resto in sala.

Le due ragazzine invece il nome ce l’hanno: si chiamano Alma e Alex, quest’ultima interpretata da Lola Petticrew, mentre nella parte di Alma troviamo Mia Threapleton, figlia del premio Oscar Kate Winslet e del regista Jim Threapleton, qui in Shadows nel suo primo ruolo da protagonista. Molto brava, peraltro, talento di famiglia anche se “ero tesissima sul set – racconta Mia Threapleton – ma di mia mamma sono così fiera che solo l’idea che mi paragonino a lei mi rende felice“. Alma e Alex sono l’una completamente diversa dall’altra, complementari in qualche modo. Alma è molto ligia alle regole ferree della casa, non conosce e non sa nulla del mondo fuori di lì, rispetta la Madre e protegge sua sorella. Alex è più audace e pavida e infatti la ribellione comincerà da lei. Non fanno la vita normale delle loro coetanee, ma passano tutto il tempo tra quelle stanze vuote e tristi con dei compiti ben precisi che riguardano l’acqua, le tavole sulle finestre, e l’accoglienza della Madre quando, assolutamente prima dell’alba, fa rientro a casa. Solo lei infatti può uscire per andarsi a procurare de cibo, ma solo di notte perché farlo di giorno è molto pericoloso. E comunque, mai attraversare il fiume. Sono anni che si trovano là, Alma e Alex, imprigionate dalla severità e dall’intransigenza sinistra di quella donna che non fa che vietare loro qualunque cosa e punirle, anche in modo davvero singolare. E a poco a poco, nonostante la sottomissione e la paura, anche loro cominciano a porsi delle domande e a volere, giustamente, qualcosa di più dalla vita. Infrangere le regole sarà il loro primo passo. Fino a quando non avranno più bisogno l’una dell’altra e neanche della Madre che dovrà, a sua volta, fare i conti con il suo segreto.

Shadows è un thriller psicologico, claustrofobico e ingannevolmente distopico con sfumature horror, che crea la tensione esasperando la relazione simbiotica madre-figlia, un legame di reciproca dipendenza nonostante apparentemente sembri a senso unico. L’angoscia poi che sale è quella dovuta all’idea di una vita costretta a non essere vissuta da chi quella stessa vita dovrebbe averla data. Quando Alma, insieme ad Alex, riuscirà a spezzare il rapporto malato che la lega a quella donna, tutto ciò sarà rivelato. A frantumarsi non sarà solo il mondo della Madre ma anche il suo, un mondo costruito su una reciproca bugia, quella che per anni ha giustificato e dato una motivazione alla sua reclusione e quella creata da se stessa per difendersi da tanto orrore, come a volte fanno i bambini che si sentono soli o maltrattati per sopravvivere.

Mia Threapleton? In nessun’altra ho trovato la sua tonalità emotiva- dice il regista di Shadows Carlo LavagnaHo deciso di ambientare la vicenda in un albergo anni Settanta abbandonato al centro di un bosco impenetrabileperché mi piaceva l’idea di una famiglia di sole donne intrappolate in un luogo isolato e irraggiungibile ma dentro al quale fossero libere di muoversi con apparente libertà e questo ha fatto sì che il film respirasse pur svolgendosi quasi esclusivamente in un unico ambiente. L’ambizione era di creare un immaginario in cui collassassero la fiaba e il cinema sperimentale, Hansel e Gretel e Don’t Look Now, ma anche i film di fantascienza italiani da Ferreri a Petri e il ‘libero rigore’ espressivo di Altman. Ho provato a cercare uno straniamento attraverso musiche ispirate a Penderecki ma anche a canti popolari, a ballate anni Quaranta, alla solitudine di melodie fischiate, sempre cercando un tono sospeso e avvolgente”.