Se Dio vuole, opera prima di Edoardo Falcone con Giallini, Gassman e Morante: meglio un figlio gay o un figlio prete?

di Patrizia Simonetti

Meglio un figlio gay che prete. La pensa così Tommaso e pure un po’ Marco Giallini che lo interpreta in Se Dio vuole, opera prima da regista dello sceneggiatore Edoardo Falcone, con Alessandro Gassmann e Laura Morante, da giovedì 9 aprile al cinema, film scelto, peraltro, per la seconda edizione del Progetto Adotta un Film promosso da 01 Distribution e Rai Cinema per sostenere i registi italiani emergenti. Prova certo superata quella del neo regista Falcone, attori azzeccati e perfetti nei ruoli, dialoghi sciolti e divertenti, una commedia familiare che fa ridere di cuore, nonostante dietro ci sia da che pensare. Ma con leggerezza. Sempre. E poi un prete come Alessandro Gassmann non s’era davvero mai visto…

Ma partiamo da Tommaso, cardiochirurgo affermato quanto sgarbato che sfila per le corsie dell’ospedale con il suo seguito di tirocinanti e infermieri con aria di superiorità e spocchia da vendere che tanto ricorda il grande Alberto Sordi ne Il medico della mutua, anche perché il tutto si svolge a Roma, ma Giallini dice di no: “forse viene normale pensarlo dopo aver visto quella scena tante volte – spiega – ma non ho pensato a nessuno perché in realtà io vado sempre a braccio anche se poi ognuno si porta dietro un bagaglio lasciato dai colleghi più grandi. Invece dopo mi è venuto in mente un ortopedico che mi ha operato più volte, un luminare del bacino, lo chiamavano, ed era proprio così”. Uno, insomma, che se la moglie di un suo paziente guarito lo ringrazia e gli dice che “è stato un miracolo” lui risponde che “i miracoli non esistono, sono stato bravo io”. Eppure “mi piace il suo cambiamento – dice ancora Giallini – e il suo rapporto con la moglie Laura che alla fine capisce essere morto e cerca di risvegliarlo dormendo… questa non era male” conclude compiaciuto, ma solo vedendo il film si può capire di che parla.

Tommaso dunque, quasi sorprendentemente, sembra accettare pacificamente e con garbo che suo figlio Andrea  (Enrico Oetiker) sia gay. Non che lo sappia con certezza, ma il sospetto cresce e quando il ragazzo chiede di parlare a tutta la famiglia, lui prepara alla notizia la figlia Bianca, un’esilarante Ilaria Spada nei panni di una ragazza vuota e priva di qualunque cultura o passione tranne quella per il suo compagno Gianni, un Edoardo Pesce in versione supercomica, la cui più grande soddisfazione della vita è vendere un appartamento che nessun altro sarebbe riuscito a far comprare ad alcuno.

E lo stesso fa con la moglie Carla, ex sessantottina pasionaria sfiorita negli anni come i suoi ideali, “una donna che ha deposto le armi, anche se si capisce che è stata piena si passioni e di ideali – spiega Laura Morante che la interpreta – che mano a mano ha messo da parte e si è accomodata in una vita piuttosto borghese. Probabilmente molto innamorata del marito, è insicura e infelice, di quell’infelicità latente e semincosciente che molti conoscono, fino al momento in cui la confessione del figlio scatena una specie di processo di perestroika, un rinnovamento generale che toccherà lei per prima e da lì cercherà di recuperare il proprio passato in una chiave a dir poco umoristca”.

“Andrea ci dirà che è gay, voi ditegli solo che gli volete bene” si raccomanda dunque Tommaso, ma non va così. Andrea ha deciso di farsi prete e questa, oh sì che è una tragedia. Nessuno però, tanto meno Tommaso, ha il coraggio di manifestare la propria delusione, piuttosto, convinto che qualcuno gli abbia fatto il lavaggio del cervello, prima gli mette alle calcagna un improbabile investigatore privato prestatogli dal genero di nome Pizzuti (Carlo De Ruggieri), poi coinvolge lo stesso Gianni per seguirlo personalmente e in incognito scoprendo che “la colpa” di quella “vocazione” è certo di un prete molto sui generis, tal Don Pietro Pellegrini, già si chiama proprio come il sacerdote di Roma Città Aperta, “un omaggio – dice il regista Falcone – che ho voluto fare ad Aldo Fabrizi”.

Ma che cos’ha di tanto speciale, oltre a quel nome, Don Pietro? Intanto che ha la faccia e tutto il resto di Alessandro Gassmann, e poi che racconta il Vangelo non in noiosi discorsi ma in veri e propri one man show e che è così generoso e disinteressato che per Tommaso qualcosa puzza. Invece “è un prete che mi piace perché molto terreno – dice Gassmann – uno che si sporca le mani e ha la fortuna, che io non ho, di avere una fede certa e cerca di aiutare chi ha bisogno. Succede con i preti e con chi non è prete, quindi direi che è un uomo che mi piace ed è pure la miccia che scatenerà la risoluzione di una famiglia”.

“Volevo fare un approfondimento che andasse un po’ oltre la commedia parlando di una cosa che mi interessa personalmente – spiega Edoardo Falcone – così ho colto l’occasione per trattare il tema della spiritualità in generale, provando a far ridere ma allo stesso tempo ad aprirmi ad altre cose”. La fede quindi, senza solennità ma neanche blasfemia, la fede come un aspetto che a volte c’è ed altre volte no nella vita, che magari si fa fatica a mantenere o che per scelta non si abbraccia mai, ma che può piombarti addosso e capitarti in casa anche senza cercarla, come in Se Dio vuole. E allora che fai? Insomma, riecco la domanda iniziale: meglio un figlio gay o prete? Meglio quello che gli pare, ovvio.

“Ognuno fa le proprie scelte – risponde però Marco Giallini – solo che in questo caso una non è una scelta e l’altra sì. Tommaso la pensa abbastanza come la penso io: non sarebbe un dramma per me se mio figlio decidesse di fare il prete, io ho due maschi e di conseguenza è possibile, uno prete e l’altro gay, perché no, anche se mi dispiacerebbe un po’ per lui perché in questa società se la passerebbe un po’ male con certe teste che girano, soffrirebbe solo lui, per il resto che Dio lo benedica”, e non parlava certo del prete.

“Anch’io la penso così – fa eco Alessandro Gassmann – e anche a me dispiace che il gay in una società come la nostra sarebbe sicuramente più in difficoltà di un ragazzo eterosessuale, peraltro il dibattito di questi giorni sulle unioni civili si mantiene vivace, speriamo che cessi di essere vivace e si concretizzi”.

E se alla fine di tutto ciò Andrea ci ripensasse? Come diceva Shakespeare? Ah sì, molto rumore per nulla….

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