Run: l’horror familiare con Sarah Paulson e Keira Allen

di Patrizia Simonetti

Non c’è orrore più grande di quando a farti del male sono le persone che invece dovrebbero proteggerti, amarti, offrirti una vita felice e ricca di esperienze. Capita spesso, invece, che sia proprio così: ragazze uccise dalla loro stessa famiglia perché si ribellano a riti arcaici e regole obsolete, bambini brutalizzati e violati dai genitori e dai parenti più vicini che si trasformano in orchi, ragazzini e ragazzine venduti e sfruttati dalle loro madri. Madri che però a volte trovano un senso e il motore stesso delle loro azioni nella parola amore, che è poi la stessa parola dietro alla quale si nascondono gli uomini che invece le donne le odiano. Un amore che vuol dire possesso assoluto, quindi l’esatto contrario del sentimento più nobile e altruista che ci sia. E se il cinema racconta la realtà e ne è specchio, ecco che l’horror si nutre anche di tali elementi, storie e personaggi.

E veniamo a Diane, la protagonista di Run, interpretata dalla più brava che di più brava non ce n’è per questo genere che è Sarah Paulson, una delle muse di Ryan Murphy e tra le regine assolute della sua antologica American Horror Story. Diane è una madre che ha sofferto: quando nasce, la sua bambina sta più di là che di qua, scura e catatonica, e vederla in un’incubatrice martoriata da tubi e cerotti è una vera agonia anche per lei. C’è un piccolo fotogramma prima del taglio temporale che ci fa presagire il resto. E il resto è Diane, anni dopo, con la sua Chloe viva e vegeta, intelligente e brillante, nonostante sia affetta da un’infinità di disturbi cronici e costretta su una sedia a rotelle perché le sue gambe non funzionano. Ad interpretarla una sorprendente Kiera Allen al suo debutto da protagonista, una giovane attrice che vive per davvero su una sedia a rotelle da ben sei anni, da quando andava al liceo, e per una ragazzina che amava vivere di energia e contro ogni stereotipo femminile è stata ancora più dura: il ruolo di Chloe, ha raccontato Keira, è arrivato che aveva vent’anni come una sfida contro la sua “auto soppressione” che aveva dovuto imporsi da quel momento, un personaggio “complesso e meravigliosamente dimensionale, tenero e duro come chiodi, una persona su sedia a rotelle e una star dell’azione, che mi ha insegnato ad occupare il mio spazio. Ha 17 anni ed è stata istruita a casa per tutta la vita. Chloe vuole diventare un ingegnere, perché è appassionata di scienza. È una giovane donna forte e indipendente, sa cosa vuole e come ottenerlo”. Altra cosa o coincidenza che mi ha colpito: quando ancora camminava, poco prima di sedersi per sempre, Kiera Allen aveva interpretato un film intitolato Ethan e Skye, lei era Skye, una ragazzina in fuga da casa sua e da una matrigna vendicativa ed emotivamente violenta…

Tornando quindi a Run, Diane ha dedicato, e continua a farlo, tutta la sua vita a sua figlia costruendole una quotidianità casalinga e protettiva fatta di lezioni impartitele da lei stessa, libri su cui studiare, un apposito montascale elettrico che con tutta la sua carrozzina le permette di scendere al piano di sotto. Le consente  persino di fare richiesta per il college, mostrandosene entusiasta con le madri di altri ragazzi con problemi, ma al college Chloe non andrà mai. Anzi, sarà proprio questo suo legittimo desiderio di volare via che scatenerà il tutto, nel bene e nel male: Chloe non è stupida e quando comincia a intuire qualcosa, quando la sua mente inizia a elaborare e sommare e collegare lungo una linea logica quanto accade in quella casa, il comportamento di sua madre e la sua condizione, le si accenderà una luce inevitabilmente accecante sulla sua vita che illuminerà una verità dolorosa e inquietante, alla quale però non potrà né vorrà sottrarsi. E imparerà cos’è la vendetta.

Run è un film spaventoso, inquietante e agghiacciante – dice Sarah Paulsone racconta una vicenda nella quale tutti possiamo identificarci, perché è una storia sul legame con la persona più importante nella vita di tutti noi. Certo, la maggior parte delle madri non arriverebbe mai a fare ciò che fa Diane per proteggere sua figlia, ma il pubblico in qualche modo comprenderà il suo desiderio di farlo. C’è un mistero intorno a Diane e alle sue motivazioni che rende la storia davvero avvincente. Si crea una bellissima simmetria nel momento in cui Chloe inizia a rendersi conto di cosa le sta accadendo, e parallelamente anche il pubblico lo scopre insieme a lei. Chloe sta sbocciando, non vede l’ora di cominciare una vita fuori da casa e di andare al college. Ha il desiderio naturale di spiegare le ali, e Diane ha paura che voli troppo lontano. Ama troppo Chloe, non ha una vita al di fuori di quella che si è creata con lei. Diane non può sopportare il pensiero che Chloe la lasci“.

Run è il secondo lungometraggio di Aneesh Chaganty dopo Searching che “mostrava mille piste false e tutti gli elementi funzionavano in modo parallelo – spiega il regista americano di origini indiane – nel mio progetto successivo, Run, volevo dimostrare di essere in grado di gestire qualcosa di più tradizionale e contenuto, pur aumentando la suspense e l’entusiasmo che Searching possedeva, tenendo, allo stesso tempo, il pubblico emotivamente coinvolto e col fiato sospeso. Abbiamo anche inserito una scena in cui Chloe, che è alla disperata ricerca di risposte sulla sua situazione, prova a cercare su Internet, ma scopre che non c’è connessione. È il nostro modo di dire: ‘Questo non è uno di quei soliti film’…”. Run arriva al cinema giovedì 10 giugno.