Quanto è ancora lungo il cammino delle donne? Ce lo chiediamo spesso. Ma se guardiamo indietro forse qualcosa è cambiato. Nel 1770 era già difficile che una donna fosse considerata un’artista e facesse la pittrice guadagnandosi da sola da vivere. E seppure fosse, non le era permesso di imparare tecnica e arte da nudi maschili, così che l’anatomia del corpo umano non sarebbe mai stata svelata del tutto se non a pittori uomini che sarebbero pertanto divenuti più bravi. E se per caso avesse avuto la possibilità di esporre un suo quadro, la firma sulla tela sarebbe stata del padre o di qualche altro uomo. Per non parlare di matrimoni combinati e decisi senza il consenso della diretta interessata e della libertà di amare una persona dello stesso sesso. Ritratto della giovane in fiamme di Celine Sciamma, in sala da giovedì 19 dicembre, già premiato per la miglior sceneggiatura a Cannes e all’Efa, ci riporta a quegli anni quando la talentuosa pittrice Marianne (Noemie Merlant) viene assunta dall’altra parte dell’Oceano dalla Contessa (Valeria Golino) affinché ritragga sua figlia Heloise (Adele Haenel), ma senza che lei lo sappia, fingendosi quindi una sorta di dama di compagnia e memorizzando quanto possibile la sua immagine durante le lunghe passeggiate sulla scogliera bretone. Heloise infatti deve andare in sposa allo stesso uomo, un nobile lombardo, scelto per portare all’altare sua sorella, solo che sua sorella ha deciso che no, non era proprio il caso, scegliendo la più definitiva delle opposizioni alle consuetudini sociali dell’epoca. Ecco che la Contessa si vede pertanto costretta a tirar fuori l’altra figlia dal convento dove era stata rinchiusa per diventare suora e darla in moglie al tipo rimasto vedovo già prima delle nozze. E quel ritratto rubato e creato sulla memoria di sguardi fuggenti sarà la fotografia che gli verrà inviata come presentazione della sua sconosciuta consorte che se sarà di suo gradimento, permetterà a madre e figlia di trasferirsi a Milano per celebrare il matrimonio. Oggi sarebbe bastato uno smatphone…
Nessuno ha però fatto i conti con l’amore, quello vero, quello non deciso a tavolino perché di convenienza o d’obbligo sociale, quello, in questo caso, più sconveniente che mai: Marianne e Heloise si innamorano perdutamente, scoprono l’emozione e l’estasi di un sentimento che si fa sensuale e carnale, vivono una vita che potrebbe essere la loro, ma che certo non lo sarà mai. È affascinante la giovane e bella Heloise con il suo non saper nulla del mondo, il suo non aver mai ascoltato della musica se non in chiesa. E sarà la musica, poca ma buona in questo film, ad accompagnarci tra le pieghe dei suoi sentimenti e dei suoi rimpianti, a rivelarci Il suo disarmante candore e il suo lasciarsi andare al richiamo dei sensi e della natura. Ritratto della giovane in fiamme è un film tutto al femminile: non ci sono solo Marianne, Heloise e la Contessa, c’è anche una giovane cameriera di nome Sophie (Luana Bajrami) che lega con le altre due ragazze, creando una sorellanza che va oltre la consuetudine e il sangue, e saranno con lei, Marianne e Heloise, anche quando dovrà affrontare l’inevitabile dolore di un aborto. Un film dedicato alle donne con amore dalla regista francese che non esita definirlo “femminile e femminista”, per il quale ha voluto Adele Haenel che ha scoperto come attrice e amato come donna, un film da vedere per ricordarci chi eravamo, per fare il punto su chi siamo e per capire chi vogliamo diventare. Ritratto della giovane in fiamme è un film romantico e passionale, fatto di sguardi intensi, emozioni, falò sulla spiaggia e nel cuore. Un film sulla libertà, delle donne e non solo, libertà di amare, crare e vivere. Il nostro videoincontro con Celine Sciamma e Valeria Golino alla presentazione di Ritratto della giovane in fiamme: