Rising Phoenix: il racconto potente delle Paralimpiadi e dei suoi campioni

di Patrizia Simonetti

Avete presente i supereroi della Marvel? Ecco, loro si definiscono così: supereroi che lottano per vincere e salvare le persone, supereroi che traggono forza dalla tragedia che li ha colpiti, in modo diverso, tutti, perché la vita è una lotta e loro lottano per salvare il mondo. Sono i campioni paralimpici, uomini e donne che della loro disabilità hanno fatto la leva per alzare il loro mondo, e dello sport la loro ragione di vita e di riscatto. E siccome “alle Olimpiadi vengono creati gli eroi ma alle Paralimpiadi ‘arrivano’ gli eroi”, ecco tutto da vedere Rising Phoenix La Storia delle Paralimpiadi, il docufilm originale Netflix diretto da Ian Bonhôte e Peter Ettedgui disponibile da mercoledì 26 agosto, che racconta in modo potente ed emozionante come, quando e perché le Paralimpiadi sono nate attraverso i loro protagonisti. Rising Phoenix, la Fenice Radiosa del titolo, li rappresenta tutti ed è così che avevano soprannominato Bebe Vio, la campionessa del mondo di scherma colpita a 11 anni dalla meningite proprio mentre si allenava in palestra: la passione per la scherma lei ce l’ha infatti sin da bambina, e l’ha mantenuta anche dopo che le sono state amputate le braccia, e poi le gambe, e lei è stata sì a chiedersi “perché io?”, ma non più di tanto perché “se ogni giorno pensi ‘perché io?’ non vai da nessuna parte – dice la piccola grande Bebe – succede e basta, pensa invece che così nasci di nuovo e devi imparare tutto di nuovo…

Rising Phoenix racconta dunque dell’idea di affiancare alle Olimpiadi la competizione per atleti diversamente abili (che, attenzione, non si chiamano Paralimpiadi come molti credono perché parecchi di loro sono paralizzati, ma perché con le Olimpiadi vanno in parallelo). E sono altrettanto belle, forse ancora di più: tanto per cominciare, alle Olimpiadi “i corpi degli atleti sono tutti uguali, alle Paralimpiadi sono invece tutti diversi” dice Ellie Cole, campionessa di nuovo, aggraziata come la ballerina classica che avrebbe voluto diventare da piccola, poi l’amputazione di una gamba e ora Ellie danza elegante nell’acqua ricordando che così facendo, non rinunciando ai propri sogni e obiettivi, si vince la paura degli altri nei confronti della disabilità, quella dei propri genitori in primis.

Le Paralimpiadi nacquero per questo, per cambiare l’atteggiamento della gente verso i disabili e il modo in cui li vedevano, e cioè persone inutili, senza futuro, e, loro malgrado, improduttive. E invece “lo sport salva”. E “ognuno ha una storia nello sport paralimpico”, una storia che vuol dire coraggio, sofferenza, impegno. Come Jean-Baptiste Alaize, sopravvissuto a soli 3 anni al massacro dei Tutsi nel corso della feroce guerra civile del 1993 in Burundi, colpito così piccolo per quattro volte con un machete, una gamba tagliata via e la madre che gli moriva davanti, eppure “cadere e rialzarsi, cadere e rialzarsi è la vita” ripete, e adesso corre come un fulmine. O come Matt Stuzman che, nato senza braccia senza un perché, tira con l’arco e gioca a basket. O come Jonnie Peacock, Cui Zhe, Ryley Batt, Ntando Mahlangu, Tatyana McFadden

La paraplegia è una nuova vita e lo sport il segreto per riemergere dall’abisso” diceva il dottor Ludwig Guttmann, neurochirurgo e neurologo, fondatore del più grande ospedale d’Europa per lesioni spinali e soprattutto, nel 1948, ideatore e realizzatore dei primi Giochi per disabili come metodo di riabilitazione: da lì sono poi scaturiti i primi Giochi Paralimpici ufficiali che videro la luce per la prima volta nel 1960 a Roma. E fu così che dalle macerie della seconda guerra mondiale sorse, proprio come una fenice radiosa, il terzo evento sportivo più grande del mondo, quelle Paralimpiadi dalle quali è a sua volta scaturito un movimento globale che continua a cambiare il modo di vedere la disabilità, la diversità e il potenziale umano che è sempre più grande di quanto immaginiamo, attraverso valori come determinazione, coraggio, solidarietà, uguaglianza. E tutto ciò lo vedi sulle facce e sui muscoli degli atleti.

Le Paralimpiadi, e quindi Rising Phoenix che ne racconta la genesi e il senso attraverso i suoi campioni e le testimonianze e i ricordi di Sir Philip Craven, Presidente del Comitato Paralimpico Internazionale dal 2001 al 2017, di Xavi Gonzalez, ex Amministratore Delegato del Comitato Paralimpico Internazionale (CPI), e di Eva Loeffler, figlia del dottor Guttmann e attiva volontaria del movimento che suo padre scatenò, sono un vero e proprio inno alla rinascita, al superamento del male, alla trasformazione di ogni difficoltà della vita in qualcosa che la vita te la cambia in meglio, rendendoti uno sportivo realizzato e di successo. E soprattutto una persona felice.