Mai fidarsi delle lolite. Sono vendicative. Di brutto. Anche perché non è che se sei bella, disinibita, sexy e con tanta voglia di divertirti devi finire stuprata dal primo amico che passa nella villa da favola del tuo amante sposato nel mezzo del deserto. Certo che no. Anche perché agli occhi di lui e dell’altro e dell’altro ancora, potresti anche sembrare stupida, ma non lo sei per niente. E allora? E allora sono cavoli loro… Revenge – thriller pulp un po’ tarantiniano ma anche Rodriguez avrebbe da dire la sua – è uno di quei film che ti danno, alla fine, una grande soddisfazione. Non quelli che ti mangi il fegato fino all’ultimo fotogramma e ci pensi pure dopo, qui te lo mangi solo fino a un certo punto, poi ti freghi le mani, sorridi e dici tra te e te: ottimo, così si fa, vi sta bene. Anche se probabilmente, anzi, sicuramente, non saresti in grado in certune simili drammatiche circostanze di fare neanche la metà di ciò che riesce a fare Jen, bionda, bella e svampita, trasformatasi nel giro di poche ore in cui è rimasta impalata nel bel mezzo del nulla, in una sorta di Ramba senza paura che se prima te la immaginavi che si sarebbe voltata dall’altra parte per non vedere l’ago che le entrava in vena in una banalissima analisi del sangue, ora te la trovi più tosta di Wonder Woman o Lara Croft capace di tirarsi fuori dal torace il ramo di un albero e di cauterizzarsi il buco nel pancino con una lattina di birra arroventata. Non è da tutti, bisogna ammetterlo. Anche se è vero che i funghetti allucinogeni aiutano…
In Revenge Jen è magistralmente interpretata da Matilda Lutz, giovane modella già vista, pensate un po’, in Fuoriclasse, la serie di Rai 1 con Luciana Littizzetto, ma prima ne L’ultima ruota del carro di Veronesi, e poi ne L’Universale per approdare, e sì che ha talento per gli horror, a The Ring 3 fino a L’estate addosso di Muccino, che proprio a Lara Croft ha detto di essersi ispirata per il personaggio di Jen. Ed è altrettanto magistralmente diretta da un’altra donna, Coralie Fargeat, pluripremiata per i suoi corti The Telegram e Reality +, qui al suo lungometraggio d’esordio che ha pure scritto, immaginiamo in un impeto di rabbia indubbiamente giustificata verso il genere maschile, o quanto meno per parte di esso. “Anche se non muore fisicamente, il personaggio di Jen muore simbolicamente – spiega la regista – Ferita nel corpo e nell’anima, questa dolce e insipida bambola rinascerà, trasformandosi in una donna dura, spietata e implacabile. Una donna che niente e nessuno potrà mai più manipolare e maltrattare. Su un ulteriore piano, questa pellicola simboleggia il modo degradante in cui le donne vengono rappresentate nei film: troppo spesso viste come un oggetto sessuale, spogliate e umiliate. Il film, inizialmente, gioca proprio con questa rappresentazione, enfatizzandola al massimo così da sovvertirla brutalmente. La protagonista, in questo modo, diviene la figura forte del film, un supereroe donna, nonché la forza trainante dell’azione”. Se vi sembra troppo, beh, l’intenzione era proprio quella: “Il film è rappresentato in un modo non realistico, è puro cinema di genere” chiosa Coralie Fargeat.
Quindi se all’inizio Jen può anche starci antipatica, troppo bella, troppo magra, troppo ammiccante, troppo contro tutto ciò che le donne cercano da tempo di non voler essere considerate, alla fine, beh, ‘vai Jen, yeah, sei tutte noi!’ Per cui, donne, andatelo a vedere. E portateci anche i vostri uomini che prima soltanto di rispondervi male, ci penseranno un po’, almeno finchè non svanirà l’effetto Revenge. Ah già, gli uomini… nel film sono interpretati da Kevin Janssens, Vincent Colombe e Guillaume Bouchede. Ma non dimentichiamo né sottovalutiamo l’altra protagonista di Revenge che è la scia di sangue. La scia di sangue ti porta dove qualcuno si nasconde, dove qualcuno è morto, dove qualcuno ti salterà addosso all’improvviso. Ma la scia di sangue, occhio, può anche salvarti. Revenge è in sala con Midnight Factory (Koch Media) da oggi, giovedì 6 settembre.