Raised by Wolves, la serie di Ridley Scott affida il futuro agli androidi

di Patrizia Simonetti

Anche Ridley Scott cede al fascino delle serie televisive, così dopo averne prodotte tante, il cineasta britannico esordisce nella serialità come regista con i primi due episodi di Raised by Wolves, serie distopica, che comunque produce, scritta dallo sceneggiatore Aaron Guzikowski (Prisoners), anche showrunner della serie, ambientata nel futuro, quando dell’umanità è rimasto ben poco e il compito di ripopolare l’universo di uomini e di donne è affidato ad androidi volenterosi ma, ahimè, probabilmente incapaci di crescere dei figli veri, in partenza lunedì 8 febbraio su Sky Atlantic e on demand su NOWTV. Ridley Scott torna così al genere fantascientifico di Blade Runner, Alien, Prometheus, The Martian e Alien: Covenant, raccontando in 10 episodi di Madre e di Padre, interpretati da Amanda Collin e Abubakar Salim, due androidi che nelle prime sequenze di Raised by Wolves – Una nuova umanità vediamo arrivare con un’astronave su un pianeta brullo chiamato Kepler-22b dove del mondo animato restano soltanto ossa e mascelle di enormi animali, e mettere su casa in quattro e quattr’otto lanciando a terra una specie di disco che si erge, all’istante, prendendo la forma di una grande tenda rigida a cupola, che per noi comuni mortali sarebbe comodissimo avere in campeggio, per dire. Il tutto di notevole impatto visivo, come il resto della serie. Storia che è anche una grande occasione per trattare temi attuali, primo fra tutti quello dell’estremismo religioso in nome del quale si scatenano lunghe guerre sanguinose, qui causa primaria dell’estinzione della civiltà umana sulla Terra dopo un pesante conflitto tra atei militanti e Mitraici, membri di un ordine religioso derivato dal cristianesimo.

Madre – potente androide da guerra detto Negromante che, nonostante la riprogrammazione da genitrice vedremo presto all’opera e sarà a dir poco terrificante – e Padre – androide meno potente di Madre ma saggio, paziente e protettivo come ogni papà dovrebbe essere, che ce la mette tutta anche per apparire divertente e consolatorio snocciolando barzellette discutibili nei momenti giusti – portano con loro anche sei embrioni umani ed è interessante notare come anche la gestazione di Madre, ma niente pancia, doglie o cose del genere, duri esattamente nove mesi, d’altronde è di tale periodo che ogni bambino ha bisogno per essere pronto per il mondo esterno. Ma, come detto, gli androidi con i ragazzini non ci sanno proprio fare e alla fine, per dirla come in Highlander, ne resterà uno solo, o quanto meno uno solo arriverà ai dodici anni, che poi era quello nato fragile e mezzo morto per ultimo e sul quale Padre non avrebbe scommesso un euro del futuro, eppure eccolo qua Campion (Winta McGrath), questo il suo nome. Toccherà dunque a lui riempire di umanità quel pianeta desolato con un popolo pacifico, tecnocratico, razionale e soprattutto ateo per non rischiare nuove guerre ideologiche e religiose? Sembra però che Madre non sia riuscita a tenere lontano Campion dal fascino di credere in qualche divinità e dalle preghiere…

Nel corso delle puntate di Raised by Wolves conosceremo anche altri strani e disperati personaggi come Sue (Niamh Algar), soldatessa atea che pur di salire sull’Arca dei Sopravvissuti dei Mitraici si sottopone a una dolorosissima plastica facciale, peraltro eseguita da un androide mezzo bruciacchiato, proprio come aveva fatto poco prima il suo compagno Marcus (Travis Fimmel) dopo aver ucciso, nella Boston in guerra del 2145, una coppia mitraica della quale prendere entrambi le sembianze. Ci imbatteremo anche nel figlio della coppia ammazzata, Paul (Felix Jamieson), che dunque si ritroverà dei genitori uguali ma diversi; e, siccome tutto il mondo, anzi, l’Universo è paese, incontreremo anche una ragazzina stuprata da un religioso d’alto rango e rimasta incinta, si chiama Tempest ed è interpretata da Jordan Loughran.

Raised by Wolves è di certo qualcosa che non si è mai vista. La trama è avvincente e ci riguarda tutti molto da vicino, spingendoci a pensare che forse gli errori che commettiamo oggi li commetteremo anche domani e che non ci sarà modo di estirpare alla radice credenze, superstizioni e fanatismi religiosi. D’altronde parrebbe che in qualcosa bisogna pur credere per avere la forza di andare avanti nei momenti più duri e cupi della nostra vita e dell’umanità intera. I colori uniformi e quasi incolori – a parte il rosso che esplode in alcuni momenti che non vi riveliano – rendono l’ambientazione un po’ spettrale ma perfettamente credibile e gli effetti speciali sono notevoli. Già confermata una seconda stagione.