Ploi, dalla paura di volare all’amore per la vita

di Patrizia Simonetti

Guarderete in modo diverso gli stormi di uccelli migratori che in inverno passano sulle nostre teste dopo aver visto Ploi, terzo lungometraggio dell’islandese Árni Ólafur Ásgeirsson ma il primo film d’animazione, che racconta in particolare di un pulcino di piviere, cioè un piccolo trampoliere, che deve presto fare i conti con la solitudine, con la forza della sopravvivenza e con i pericoli del mondo, diventando di avventura in avventura più forte, più coraggioso, più grande. Ma partiamo dall’inizio. La comunità di pivieri ogni anno in inverno se ne va in vacanza verso luoghi più caldi. Il viaggio è molto lungo, possono contare solo sulle loro ali, la loro resistenza e lo spirito di gruppo che li porta a controllarsi a vicenda. Già, perché i pericoli non mancano. Il più minaccioso di tutti è un falco di nome Shadow che ogni anno ne fa fuori qualcuno. E quest’anno tocca al papà di Ploi che si sacrifica proprio per salvare il suo piccolo che peraltro ha già fatto conquiste: con la piccola ma spavalda Ploveria va proprio d’accordo. Il trauma però gli mette addosso una grande paura di volare e per una serie di vicissitudini che non sto qui a rivelarvi nei dettagli, al momento di ripartire Ploi è, come dire, leggermente impossibilitato e si ritrova quindi a passare l’inverno da solo e in un posto troppo freddo per la sua specie. Ma grazie alla sua forza d’animo, all’amore per Ploveria e ai tanti incontri, riuscirà a cavarsela superando le proprie paure, spingendosi oltre i propri limiti e seguendo la propria natura.

Tanti i personaggi divertenti del film e in ognuno di loro non è difficile identificare una definita caratteristica umana: a parte Shadow che incarna il male – anche se ad ogni modo fa né più né meno ciò che fanno i falchi per natura – troviamo Giron, una grande pernice bianca e solitaria divorata dal desiderio di vendetta nei confronti di Shadow che gli ha mangiato i figli, ma che si scioglie man mano che si affeziona a Ploi che prende letteralmente sotto la sua ala protettiva: sarà proprio Giron a ridare allo sfortunato pulcino la fiducia in se stesso. Poi ecco Mousy, un buffo topolino che nella versione italiana del film parla in siciliano: la riconoscenza è il suo forte tanto che non esiterà ad aiutare Ploi, che gli ha salvato la vita, rischiando la sua e quella della sua gente. Poi c’è la volpe, amante della cucina, peccato che il suo piatto forte dovrebbe essere Giron…  E che dire degli Zigoli, un gruppo di allegre comari pennute che non fanno altro che parlarsi addosso e nonostante siano continuamente minacciati dal gatto di casa, non ci pensano proprio a spostarsi più in là…

Ploi, in sala da giovedì 21 novembre grazie a Altre Storie e Minerva, racconta, come spesso fanno i film d’animazione, un percorso di formazione e di crescita, in questo caso quello di un pulcino così spaventato da non riuscire a fare neanche la cosa più normale per un uccello, e cioè volare, verso un nuovo modo di vedere e affrontare la vita, con tutto ciò che comporta e di cui necessita, quindi il bene e il male, i nemici e le amicizie, la paura e l’amore, i rischi, la nostalgia, la forza di volontà, la tenacia. Ploi dunque all’inizio ha persino paura di volare, ed è anche per questo che resta indietro e non migra con la sua famiglia e il suo stormo, ma dopo aver affrontato tante peripezie, si accorge che aprire le ali e farsi spingere in alto dall’aria è la cosa più bella del mondo e anche più naturale, e svilupperà uno spirito a dir poco eroico che, manco a dirlo, conquisterà definitivamente l’amata e ritrovata Plovenia.