Pinocchio, recensione e videoincontro con Garrone, Benigni, Proietti e Ielapi

di Patrizia Simonetti

Di Pinocchio sappiamo tutto: conosciamo la storia e il suo significato, storia che abbiamo letto, visto e rivisto in mille forme, dal libro al cartone al lungometraggio. Fare un nuovo film sulla celebre favola di Carlo Lorenzini, al secolo Collodi, vuol dire rischiare parecchio e puntare sull’unicità, sulla novità, sull’esagerazione persino, su una personalizzazione che da un regista come Matteo Garrone non potevamo non aspettarci. Ed eccoci quindi, sin dal primo annuncio di un suo Pinocchio, in attesa di un nuovo capolavoro completamente garroniano che ci avrebbe preso il cuore, sorpresi, rapiti, ammaliati e a tratti turbati, così com’era stato per quel Racconto dei Racconti tratto dalle fiabe barocche di Basile. E come quello, almeno, avevamo immaginato il suo remake collodiano, cioè una reinterpretazione ad hoc, dark, grottesca, cupa, con immagini di grande impatto visivo e un qualcosa di inquietante, anche perché a tutto ciò si presta non poco la storia di un ciocco di legno animato che da burattino si trasformerà in carne; di un naso che si allunga ad ogni bugia; di bambini rapiti con l’inganno e portati in un mondo senza storia e cultura dove si trasformeranno in asini, dalle orecchie a tutto il resto, subendo il destino crudele di quegli animali docili e gentili; di una medicina di un verde inquietante offerta con insistenza da una fata dark dai capelli azzurri che altrimenti arrivano a portarti via in una bara, ammesso che due loschi e animaleschi criminali non ti abbiano già impiccato prima dopo averti circuito e truffato ben bene; di un omone grande e grosso che i burattini li getta pure nel fuoco per cucinare il suo pasto; di un grillo che parla ma nessuno lo ascolta; di un giudice che ti sbatte dentro solo se sei innocente; di una balena che ti ingoia e dentro ci trovi papà. Che a vederla così non sa propriamente di fiaba di Natale.

Attese purtroppo disattese, pur restando questo Pinocchio di Matteo Garrone un grande film. Già soltanto il fatto che il regista romano abbia deciso di seguire passo passo il testo originale di Collodi ne taglia fuori una, quella della reinvenzione e dell’adattamento personalizzato. Non c’è sorpresa nel seguire la storia, tutto accade come già sappiamo, quelle le parole, gli esiti, i risvolti. Del colore del Racconto dei Racconti o di Dogman non c’è traccia, Pinocchio non emoziona, se non in pochi tratti, non stupisce, non inquieta. Questo però voleva il regista, o almeno così ha detto all’anteprima della sua ultima opera parlando del suo desiderio di fare un film popolare, per tutti, grandi e bambini, e di dimostrare di non saper fare soltanto film duri, foschi e violenti: si, ma perché? Detto ciò Pinocchio resta, come dicevo, un grande film, nell’estetica soprattutto, negli effetti speciali, nel trucco, nei dettagli, come lo scricchiolio tipico del legno ad ogni movimento di Pinocchio, fateci caso. Bello anche il mix tra persone e animali, dalla lumaca al grillo, dal gatto e la volpe al corvo e la civetta, dal tonno al giudice scimmione. E poi c’è il cast: se il piccolo Federico Ielapi (già visto in Don Matteo, Quo vado e Moschettieri del re) che fa Pinocchio lascia forse un po’ a desiderare in alcune parti della recitazione nel film mentre sembra assolutamente a suo agio nell’interpretazione del grande attore in conferenza stampa strappando applausi e risate, un’ode andrebbe composta per Roberto Benigni che torna al cinema con un Geppetto toccante e vero, e un’altra per Gigi Proietti che è un Mangiafuoco perfetto seppure un po’ Rasputin – parole sue. Fanno la loro parte anche Rocco Papaleo che è il gatto ecolalico e cieco e Massimo Ceccherini che è la volpe farabutta e menzognera, oltre che cosceneggiatore del film scritto a quattro mani con Garrone. Bravi tutti gli altri, dai fratelli Gallo (Massimiliano e Gianfranco) che sono i medici pennuti, alla fata bambina e poi cresciuta che sono Alida Baldari Calabria e la taciturna Marine Vacht, splendido il grillo parlante di Davide Marotta (l’ex Ciribiribì Kodak) e pure il tonno di Maurizio Lombardi così come la lumaca di Maria Pia Timo. E bravi anche tutti gli altri che sono davvero tanti. Pinocchio di Garrone arriva in sala giovedì 19 dicembre e piacerà senz’altro, magari più ai grandi che ai bambini, forse un po’ meno agli ammiratori di Matteo Garrone. Eccolo nel nostro videoincontro con Roberto Benigni, Gigi Proietti, Roco Papaleo, Massimo Ceccherini e Federico Ielapi:

Le foto al cast sono di Angelo Costanzo