Pino Daniele
è uno di quei pochissimi artisti che una canzone brutta, o almeno non bella, non l’ha mai fatta. Non c’è verso, puoi sentirle tutte, scavare tra quelle, poche, meno conosciute, ma niente, non ce n’è una che non ti strizzi un po’ l’anima. Sono poco più di due anni che Pino Daniele non c’è più, fisicamente, in questo mondo, ma per tutti quelli che lo ascoltavano e lo amavano, e soprattutto per quelli che lo conoscevano davvero e che con lui hanno suonato e cantato, lui c’è ancora, e ci sarà sempre, come ci hanno detto i suoi musicisti storici, da James Senese nella nostra videointervista che trovate qui, a Tullio De Piscopo in quella che trovate a fine articolo, incontrati alla presentazione di Pino Daniele Il tempo resterà, il film dedicato al bluesman napoletano da Giorgio Verdelli, prodotto da Sudovest con Rai Cinema, presentato in anteprima ieri, 19 marzo, giorno del compleanno di Pino Daniele, al San Carlo di Napoli e da oggi, lunedì 20 marzo e per soli tre giorni, pochi, al cinema con Nexo Digital, per cui, a proposito di tempo, non ce n’è tanto tempo da perdere. Perché Pino Daniele Il tempo resterà non è il solito film che ti racconta un artista scomparso, ma è lui stesso, l’artista proprio, che si racconta e che ti porta, seppur senza un ordine cronologico ma in un’appassionata rinfusa, a ritrovarlo e riscoprirlo un po’. Con le sue interviste, i suoi racconti, i suoi discorsi dal palco che a chi lo invitava a imparare a parlare rispondeva “ah, non fa niente parlà, l’importante è sapè sonà…”, con le fotografie, le prove e le canzoni, A me me piace ‘o blues, Che calore, Che te ne fotte, Napul’è, Schizzechea, Je so pazzo, Voglio di più, Quanno chiove, Terra mia e altre ancora, tranne quella brutta che non c’è.
E poi ci sono tutti, chi a raccontare aneddoti, chi a duettare con lui in immagini di repertorio, molte inedite, chi a parlarne come ispirazione, chi soltanto a comparire in piccole ma importanti scene di quel film che fu la sua vita e la sua carriera. In Pino Daniele Il tempo resterà c’è pure tanta Napoli, la sua città, che è essa stessa musica, ci dice Enzo Decaro nella nostra videointervista che trovate a fine articolo e che non poteva mancare, lui come il suo compagno d’arte Massimo Troisi, legato a doppio filo con Pino Daniele che vediamo in casa sua a convincerlo, chitarra in mano, ritornello su ritornello, che è Quando il pezzo giusto per Pensavo fosse amore invece era un calesse, il suo film con Francesca Neri, e che adesso è là con lui e di tanto in tanto glielo ripete ancora che, visto? avevo ragione… Ed è Enzo Decaro a guidare il bus Vai mò dove risalgono tutti, tranne Pino, ma tanto c’è lo stesso: “abbiamo voluto fare un percorso emozionale e siamo letteralmente saliti su un autobus ribattezzato Vai mò, come il tour del 1981, che ci ha riportato nei luoghi della Napoli di Pino Daniele – ci dice il regista Verdelli – per raccontare la sua idea di musica in movimento perenne, come la società di quegli anni che lui ha interpretato con una cifra innovativa e inimitabile”.
E ci sono James Senese e Joe Amoruso, Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo e Tony Esposito, e c’è Claudio Amendola (qui il suo videointervento) che, commosso anche dalla foto che si vede nel film della sua Francesca Neri, ricorda come proprio quel gruppo lì di Vai mò cambiò la musica e soprattutto il live. E ci sono anche Renzo Arbore, Sandro Ruotolo, Enzo Biagi e Pavarotti, Stefano Bollani, Ezio Bosso, Jovanotti e Clementino, Roberto Colella, Gaetano Daniele, Maurizio De Giovanni e Ciro Ferrara, ci sono Giorgia, Enzo Gragnaniello, Giuseppe Incocciati, Peppe Lanzetta, Maldestro e Phil Manzanera, Ramazzotti, Massimo Ranieri e Vasco Rossi, Giuliano Sangiorgi, Daniele Sanzone, Lina Sastri, Peppe Servillo, Corrado Sfogli, Alessandro Siani e Fausta Vetere. Ed ecco le nostre videointerviste a Tullio De Piscopo e Enzo Decaro: