“La vita ti mette davanti dei puntini e tu li unisci”. Inizia così a raccontarci la sua storia Niccolò Zavattoni di Podere Lucagnolo, uno degli espositori e produttori della Wine District L’Umbria del Vino che ne ha accolti una quarantina a Spoleto lungo i porticati del Chiostro di San Nicolò, fulcro di Piacere Divino, la quattro giorni cui abbiamo partecipato restandone semplicemente affascinati. C’è spazio non solo per le grandi firme, ma soprattutto per giovani appassionati e intraprendenti, piccoli grandi produttori.
“Io sono un milanese laureato in agraria, mia mamma è di Terni, quindi l’Umbra è per me un ritorno alle origini – continua Niccolò – Con la mia compagnia Linda, grafica, nel 2019 abbiamo deciso il nostro salto nel buio: investire in un’azienda agricola molto piccola con due ettari di vigneto cui da tanti anni nessuno voleva bene, coronando così un sogno professionale e di passione. Con la nostra prima vendemmia nel 2020 siamo ufficialmente entrati in questo mondo: perchè per me l’unico modo di capire davvero il vino, è produrlo”. Piccola la vigna, basso l’alberello del vigneto su cui si arrampicano i tralci, ma l’abbiamo sentita tutta la sua filosofia nel suo Suiccio, intenso nel colore e nel gusto, l’intruso benvenuto della Masterclass dedicata al Montefalco Sagrantino condotta da Alberto Latini di Slow Wine.
Ogni storia è diversa e personale, ma in quelle di chi ama e vive il vino ci sono due elementi che ritroviamo quasi sempre: la famiglia, intesa come legame, lascito e tradizione, e il territorio, nei casi più lodevoli inteso anche come recupero.
“Per me è nato tutto per gioco – ci rivela Andrea Manini dell’Azienda Agricola A mano a mano che ha sì il nome della meravigliosa canzone di Riccardo Cocciante e poi di Rino Gaetano, ma con un significato anche personale – ho fatto un corso di sommelier, mi sono innamorato del vino, soprattutto dei vini biologici e biodinamici, e avendo la vecchia vigna con cui mio nonno faceva il vino per casa, nel 2015 l’ho ripresa e ho iniziato a sperimentare. Nel 2021 ho affittato un’altra vigna e abbiamo ristrutturato un vecchio garage di 60 mq per farci la cantina… A mano a mano cresciamo, facciamo tutto a mano, sia la lavorazione che le etichette, i nostri sono vini biologici e certificati naturali”. Ci siamo lasciati incuriosire dal rosato Dama Giulia – merlot, sangiovese, sagrantino, malvasia – e abbiamo fatto bene: fresco e profumato, da gustare con calma, a mano a mano…
“Il nostro progetto nasce nel 2020 con il recupero di una vecchia vigna che era del nonno del mio compagno – ci racconta poi Francesca – e ci siamo subito resi conto che in realtà eravamo eredi di viticoltori che non hanno mai avuto un nome, perché di fatto i nostri nonni hanno passato la loro vita a occuparsi della vigna e del vino, ma non hanno mai avuto un nome. Per questo abbiamo scelto per la nostra etichetta il nome Viticoltori Anonimi”.
Francesca e Nill, rigorosamente anonimi, sono piccoli ma temerari, nonché ironici, produttori di 1200 bottiglie l’anno divise per 7 tipologie diverse, e su ogni etichetta ci tengono proprio a specificare il numero delle bottiglie: “piccole quantità, ma nella direzione della qualità: i nostri sono vini naturali, non aggiungiamo lieviti, usiamo solo quelli indigeni, il nostro vino è solo uva, passione e amore per questo progetto”. Abbiamo scelto di assaggiare il Trespolo, un Trebbiamo Spoletino del 2023, fresco, minerale, buonissimo, sa di festa.
Un po’ come L’Arzillo della Cantina Rilò 1217 di Alessio Campi a Montefalco, un Pecorino rifermentato in bottiglia con il mosto del Trebbiano, sull’etichetta l’omonimo animaletto fosforescente della zona. Sulle altre bottiglie, come ci rivela Alessio, pezzi di famiglia: sul Grechetto Bianco, ad esempio, è raffigurato il figlio maggiore che “a scuola lo chiamano lo scoiattolo per via del suo nasino” ci spiega, e sul Trebbiano Spoletino c’è Mr. Pandino “perché il Panda – aggiunge – è l’animale preferito di mio figlio più piccolo…”
Non solo vini umbri lungo la Wine District di Piacere Divino. Un po’ a sorpresa, anche se ora vive nell’umbra Foligno dove ha anche un’azienda di nocciole, e a Bevagna una tenuta dove organizza eventi, incontriamo infatti Giovanni Giametta dell’omonima azienda agricola di Camporeale, un piccolo paese dell’entroterra tra Palermo e Agrigento, dove “tutto si basa sull’agricoltura – ci racconta – e io di terza generazione, ho rilevato l’azienda dove prima c’era nonno mio, poi papà mio: vinifichiamo tre vini, un Catarratto IGT Terre Siciliane, un Grillo DOC e un Nero D’Avola IGT Terre Siciliane, in purezza”. Giovanni ha la stessa energia ed empatia dei suoi vini che abbiamo degustato con grande piacere: nei primi due, l’aroma agrumato e la freschezza bianca che ci trasporta subito ad un aperitivo estivo davanti a un tramonto sul mare, mentre il terzo, rosso rubino di colore e di aroma, ha tutto il sapore intenso e conviviale della Sicilia. Apprezziamo molto, peraltro, il consiglio di Giovanni di servirlo fresco, anche se rosso. Provare per credere.
Ci siamo poi immersi di nuovo nei territori della Doc del Trebbiano Spoletino e del Montefalco Rosso e della Docg del Sagrantino con Catia Guidobaldi, sommelier della cantina Terre di San Felice Castel Ritardi di Carlo e Douchanka Mancini: sul banco d’assaggio, tra suggestive etichette con animali firmate dalla designer Eliana Gerotto, anche una novità della casa, il rifermentato di Sagrantino Rosato, oltre al Montefalco Sagrantino – quello con il riccio sull’etichetta – degustato nella Masterlass dedicata. Non potevo però non approfittare della rara presenza del Sagrantino Passito, vista anche la mia nota passione per i vini dolci, trovandolo non stucchevole ma morbido e piacevolissimo d’aroma e di gusto.
“Noi siamo contadini, il vino è nella nostra anima – ci racconta Catia – io come sommelier, al posto di mio padre, e mio marito come vignaiolo, abbiamo iniziato a collaborare con le Terre di San Felice nel 2015: la vigna è di quattro ettari, quindi non enorme, e riusciamo a gestirla molto bene”. Poi ci racconta la vera storia del nome Sagrantino: “nel 1240 nel Castello di Coccorone viveva l’imperatore Federico II di Svevia e aveva dei falchi sacri che adorava; un giorno si ammalarono e gli consigliarono di dar loro un infuso con zucchero, alcol e petali di viola, ma non c’era tempo per prepararlo, così sono stati messi dei petali di viola nel vino locale e questi falchi, appena bevuto l’infuso, sono miracolosamente guariti; da allora il paese si è chiamato Montefalco e quel vino “sacro”, Sagrantino”.
E chiudendo con la dolcezza, c’è da dire che la grande sorpresa della Wine District di Piacere Divino è stato Simone Forti dell’Azienda Agricola Il Lorese. Siamo nelle Marche, in provincia di Macerata, in un ettaro e mezzo di vigna a Loro Piceno, “un paese di 2000 abitanti riconosciuto per il vino cotto, gli facciamo la sagra da sessant’anni – ci racconta Simone – la nostra non era una zona molto vocata per il vino, infatti non lo abbiamo neanche un Dop nel nostro territorio: all’epoca il vino andava in aceto perché non ci si mettevano solfiti, così abbiamo cominciato a cuocerlo come i romani…” Lo abbiamo degustato in tutte le sue forme: base, con visciole, con frutti di bosco, persino una rara e costosissima bottiglia del 1970, e vi assicuro che è una vera prelibatezza.
Piacere Divino a Spoleto ha dunque soddisfatto due nostre grandi passioni: il vino e le storie. Un plauso naturalmente a tutte le altre cantine e aziende agricole presenti, da Cesarini Sartori con il suo ottimo rosso Bastardo, ma anche con la dolce Specialità di Uva Sagrantino da gustare sui formaggi, a Felsina e le sue apprezzatissime bollicine; da TreD con i suoi vini del Lazio e d’Abruzzo a Ninni, Di Filippo e Tabarrini (gustato il loro ottimo Trebbiano in masterclass); da Leonucci, protagonista e mattatore della nostra Masterclass Aperidivino a Il Bove, di cui in Masterclass abbiamo apprezzato la forza di tutti i 17 gradi del suo Montefalco Sagrantino; dalla Fattoria Milziade Antano, anch’essa in Masterclass con il suo ottimo Sagrantino a Benincasa, buonissimi il Montefalco Sagrantino e l’Umbria Rosato. (Le foto sono di Angelo Costanzo)