Francesca Inaudi, in Ninna Nanna mamma intensa e depressa, videointervista

di Patrizia Simonetti

Nel ruolo di mamma l’abbiamo vista più volte in serie televisive brillanti, in Come fai sbagli ad esempio, e anche in Una pallottola nel cuore, ma stavolta in Ninna Nanna, film coraggioso e vero di Dario Germani e Enzo Russo in sala da giovedì 29 giugno con Plumeria, la ritroviamo, peraltro perfettamente a suo agio, in un ruolo di madre più maturo e sfaccettato, una donna inizialmente dal temperamento solare cui la maternità tanto desiderata e inizialmente abbracciata con felicità ed entusiasmo gioca un brutto quanto drammatico scherzo. Ninna Nanna tratta infatti un tema delicato come quello della depressione post parto, “argomento complesso e in taluni casi ancora tabù – spiegano i registi che l’hanno saputo trattare con equilibrio e realismo – considerando che in qualunque epoca e società appare quasi innaturale pensare che una madre non possa accettare un figlio, che possa esserne terrorizzata, eppure accade”. In Ninna Nanna Francesca Inaudi, bravissima e intensa, è Anita, donna amata e realizzata sia nella vita privata che condivide felicemente con suo marito Salvo interpretato da Fabrizio Ferracane, al quale tenta con poco successo di insegnare una Ninna Nanna inventata da lei proprio per la loro figlioletta in arrivo, che nella sfera professionale che la vede enologa apprezzata e ricercata. Vive benissimo in una Sicilia calda e ospitale dove si è trasferita accolta dalla famiglia di lui, Zio Luigi compreso interpretato da un fantastico quanto, come sempre, surreale Nino Frassica (qui la nostra videointervista a Nino Frassica), e ha un’amica del cuore affidabile e fedele (Manuela Ventura). Cosa può accadere a una donna così quando al termine della gravidanza mette al mondo una figlia? “Anita si sente diversa, sbagliata – dicono ancora Dario Germani e Enzo Russoe così percepisce ormai la sua vita che prima era serena e realizzata e ora, da quando le sue braccia sono state caricate del peso di quell’infante in fasce, non è più sopportabile e lei si trova di fronte a una sfida titanica, quella con se stessa”. Gioia, questo paradossalmente il nome della piccola, sconvolge certo la sua vita organizzata e perfetta, ma invece di riprogrammarla e adattarla al suo nuovo e ruolo, Anita va in tilt e ce ne accorgiamo subito, non appena in ospedale le mettono tra le braccia sua figlia che lei non guarda, e invece di sorridere piange in silenzio: è un momento, quello, cruciale, espresso senza parole probabilmente perché l’evento si consuma all’interno e la trasformazione è intima e privata, un momento in cui si respira tutta la drammaticità della storia che comincia e che ci terrà con il fiato sospeso fino alla fine. Quella ragazzina diventa un problema quando piange di notte e non la fa dormire, quando tira il latte dal suo seno e i capezzoli gridano di dolore, quando le impedisce, o almeno così crede, di tornare a lavorare e si mette in mezzo tra lei e i suoi amati chicchi d’uva dei quali non distingue più gli aromi, quando distrugge, Anita ne è certa, l’idillio fisico e sessuale con Salvo. Una situazione che, peraltro, la rimette di fronte a un rapporto con la sua di madre (Maria Rosaria Omaggio in un cammeo) che in realtà non l’ha mai voluta, che sente soltanto al telefono e che piuttosto che andare a trovare la sua nipotina, se ne sta in un resort di lusso in Tunisia a compiacersi a bordo piscina. Un film duro ma “con un finale in levare” ci dice Francesca Inaudi nella nostra videointervista che trovate a fine articolo perché “la durezza fa parte della vita, ma coltivare la speranza della leggerezza dopo che si è toccato il fondo è ciò che rende la cosa accettabile”. E il fondo Anita lo tocca più volte con la piccola Gioia, eppure non sempre è il caso di giudicare perché “ogni tanto fare un passo indietro, avere un momento di silenzio e rispettare l’orrore di certi accadimenti – commenta ancora l’attrice senese – può essere più utile anche per le persone coinvolte”. Ecco dunque la nostra videointervista a Francesca Inaudi nel corso della quale ci racconta di Anita e di Ninna Nanna, ma accenna anche ai suoi nuovi progetti, come la  prima nazionale de La vedova scaltra di Carlo Goldoni al Festival teatrale di Borgio Verezzi, nel savonese, che il 13 luglio la vedrà in scena con Giuseppe Zeno per la regia di Gianluca Guidi:

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