Nessuna “confort zone” per Irene Fornaciari, l’intervista

di Patrizia Simonetti

Quella che abbiamo davanti è una Irene Fornaciari che ha tolto “il freno a mano” per gridare la propria musica. Ascoltandola dal vivo, si percepisce immediatamente che qualcosa è cambiato: bella – anche se non vuole che si dica – sorridente, e con una voce che riesce a sorprendere. Per lei è l’inizio di una nuova stagione, che la vede impegnata in un inedito e ambizioso progetto frutto di anni di lavoro, e una ritrovata serenità grazie al suo compagno e alla nuova “famiglia artistica”.

Abbiamo di fronte una Irene inedita, sorridente e ironica. Che cosa è successo nella tua vita?

Oggi ho maggior consapevolezza e questo, mi fa stare bene. Devo molto alle persone che mi stanno vicino che, senza condizionarmi, mi permettono di sentirmi libera. Questa è la vera novità per me, che ho smesso di nascondermi, a me e agli altri. Mi va di mettermi a nudo anche per essere criticata se è il caso, perché è comunque liberatorio. Non ho più paura di mostrarmi per quello che sono e, questo, devo dire, mi ha reso la vita più bella ancora!

Anche la tua musica sta cambiando con te?

La musica fa parte di me e non può esimersi dal cambiare: oggi ho voglia di gridarla, ho tolto il freno a mano in una vera rivoluzione interna. La musica è la mia miglior amica, la mia alleata e mi permette di vivere a modo mio. La mia scrittura è più libera, senza strutture preconfezionate, mentre scrivo voglio solo volare, le regole le ho frantumate. Ti ricordi quando hai tolto le rotelle, per la prima volta, dalla bicicletta? Ecco, è proprio una sensazione impagabile, questo è quello che sto provando io!

Qual è la tua “confort zone”?

La mia confort zone non c’è più, anzi voglio lasciare ogni confort zone. Per troppo tempo ho cercato spazi e modalità “sicure”, ma sono un’arma a doppio taglio che, se da una parte rassicurano, dall’altra impediscono di crescere. Oggi so che devo uscire dai miei confini, ho la necessità di esplorare nuovi sentieri, anche dentro di me, tirando fuori tutto il possibile per superare le difficoltà.

Che cosa rappresenta per te la casa?

Per la mia casa, in passato, ero quasi ossessiva, perché era il mio rifugio, la mia tana. Stare bene, significa anche aver voglia di uscire, di esplorare il mondo. Oggi la casa è nido e non prigione. Un luogo dove mi piace poter tornare, dove so che sto bene, ma che è più bello ancora se lascio entrare la luce, il vento e le emozioni che raccolgo nelle mie lunghe passeggiate, anche lontano da casa.

Che cosa vuoi dire oggi al tuo pubblico?

Mi piacerebbe augurare a tutti di poter vivere un amore che lascia liberi, che non soffoca, ma che fa respirare. A voi che mi seguite, vi ringrazio per la pazienza, sto arrivando con tante belle novità! Questi momenti d’introspezione, di lavoro in studio, sono fondamentali per regalare qualcosa di me.