Lisbeth è tornata, ma non è più la stessa
. Dopo Noomi Rapace che le ha dato il volto e tutto il resto nella trasposizione cinematografica dei tre romanzi del ciclo Millennium firmati da Stieg Larsson – Uomini che odiano le donne, La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di sabbia – e dopo Rooney Mara che l’ha interpretata nel remake del primo capitolo diretto da David Fincher, l’eroina dark apparentemente immune ad ogni sofferenza fisica, che reagisce colpo dopo colpo e che salva e vendica le donne vittime degli uomini che le odiano, ha ora le sembianze di Claire Foy, l’attrice inglese della serie TV The Crown e soprattutto dell’ultimo acclamato film di Damiene Chazelle The first man in sala dal 31 ottobre. Ed è lei la protagonista di Millennium Quello che non uccide (The girl in the spider’s web), quarto capitolo della saga proseguita su carta da David Lagercrantz 11 anni dopo la prematura scomparsa di Larsson che, del resto lo aveva detto, la voleva di almeno dieci capitoli. Nei cinema (anche questo) da mercoledì 31 ottobre con Warner Bros, ben 9 giorni prima dell’uscita americana, Quello che non uccide è stato presentato in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma accompagnato dal regista uruguayano Fede Alvarez, alla sua prima esperienza con la saga svedese, e dal cast: Claire Foy che è appunto Lisbeth Salander, Sylvia Hoeks che interpreta sua sorella Camilla, Sverrir Gudnason che fa il giornalista della rivista Millennium Mikael Blomkvist.
La trama di Millennium Quello che non uccide è quella che si addice ad una perfetta e impavida protagonista di un film di fantascienza: non c’è solo il mondo da salvare – da un programma informatico che se caduto in mani sbagliate sarebbero guai seri – ma pure un bambino, e se per la sua missione impossibile Lisbeth torna a chiedere l’aiuto di Blomkvist, peraltro imbufalito perché hanno venduto la sua rivista e lui non ne è più il direttore, più di un destino è nelle sue piccole ma potenti mani da superhacker e, a giudicare dalla sua sopravvivenza ad almeno tre situazioni in cui sarebbe morta pure Wonder Woman, da vera e propria superoina. Eppure: “i film con i supereroi mi opprimono – dice Fede Alvarez – e se anche Lisbeth appare come una donna sicura di sé e dalle idee precise sulla differenza tra giusto e sbagliato, alla fine in qualche modo la distruggo offrendole l’occasione di autorivelarsi, non è quindi una supereroina, è umana e questo fa sì che ci si identifichi in lei. Quello che non uccide è un film unico e diverso da tutti gli altri, una strana combinazione tra un film d’azione, un buon dramma, un thriller, un thriller noir – o un noir nordico come si chiamano oggi – e per di più è tratto da un libro”.
Detto ciò, la parte più interessante Millennium Quello che non uccide è senza dubbio quella che riguarda il passato di Lisbeth che comprende sua sorella Camilla, ambigua sin dall’infanzia, sua controparte e in qualche modo specchio della sua imperfezione: “Camilla è uno strumento per far vedere della parti in più di Lisbeth – spiega Sylvia Hoeks che la interpreta – che forse sta sfuggendo da qualcosa, qualcosa che non vuole affrontare ed ecco che arriva Camilla…” Su come si è invece avvicinata a Lisbeth e ad eventuali punti in comune della sua personalità con quella del suo personaggio, Claire Foy dice: “Io somiglio un po’ a tutti i miei personaggi, si sceglie un personaggio solo se c’è una parte di te che riconosci, ma in ogni caso tutto quello che farai per interpretarlo sarà sbagliato, non sarai mai quel personaggio, l’immaginazione delle persone è sempre più forte”. Il nostro videoincontro con Claire Foy e Sylvia Hoeks: