Dal marmo possono scaturire opere immortali, ma la pietra va spogliata di ciò che la opprime. Ecco il Michelangelo pensiero, l’idea che l’opera d’arte sia già nella materia e che ci sia soltanto da eliminarne l’eccesso per farla emergere. Lo dice lui stesso per voce di Enrico Lo Verso che lo interpreta in Michelangelo Infinito, una produzione Sky e Magnitudo in sala dal 27 settembre per una sola settimana con Lucky Red, stessi creatori e produttori di Caravaggio L’Anima e il sangue e di Raffaello Il Principe delle Arti – dove Enrico Lo Verso interpretava il padre di Raffaello – per la regia di Emanuele Imbucci al suo primo lungometraggio, soggetto e direzione artistica di Cosetta Lagani e consulenza scientifica di Vincenzo Farinella.
Un racconto a tre voci, oltre alla stessa di Michelangelo che ricorda e si narra, c’è quella del Vasari, il biografo dell’artista, artista pure lui, che per lui conoscere Michelangelo era “la più grande felicità per cui lodo Dio”, qui interpretato da Ivano Marescotti, e anche quella del narratore, a farne, proprio come le sue opere, qualcosa di tridimensionale, spesso e potente, da guardare da differenti lati e da diversi punti di vista: l’uomo, l’artista – genio e protagonista del Rinascimento italiano – e le sue opere. Dalla Madonna della Scala, la sua prima opera nota, un bassorilievo schiacciato in perfetto stile Donatello. Perché il talento, la parola da cui comincia tutto, nominata spesso in Michelangelo Infinito e altrettanto spesso oggi abusata, quello che prima è imitazione e solo dopo, se è autentico, se ne va per la sua strada. “Il talento secondo me nasce tutto da un’ammirazione – ci dice Enrico Lo Verso nella nostra videointervista che trovate a fine articolo – quando si lavora con l’arte si parte da un’emozione che forse inconsciamente cerco di riprodurre arricchendola con i miei limiti e i miei difetti, e a quel punto diventa mia”.
Tante le opere di Michelangelo in questo film, viste da molto vicino che sembra di toccarle, viste prima e dopo grazie a giochi di regia con la complicità degli specchi d’acqua nella cava di marmo di Carrara dove l’artista si recava di persona a scegliere la sua materia da snellire: il Bacco, La pietà – quando a soli 20 anni “avevo tra le mani il mistero della morte”- il David – quando “avevo estratto dal marmo la vita eterna” – fino alla Cappella Sistina per la quale dobbiamo ringraziare la provocazione del Raffaello, e al Giudizio Universale che trasforma in forme e colori straordinari il mistero della vita e della fede.
Michelangelo artista e Michelangelo uomo, entrambi schivi, orgogliosi, ambiziosi, perché è con l’ambizione che spesso il talento si accompagna e germoglia. Michelangelo sfidava gli altri, come Leonardo, raccoglieva le provocazioni come quelle di Raffaello, e sfidava pure se stesso perché l’arte, alla fine, non gli bastava più, voleva l’infinito. Tra film e documentario, tra arte e cinema, che poi arte è, tra racconto e osservazione, Michelangelo Infinito deve la sua forza agli effetti straordinari del digitale e alla loro combinazione con l’ultra definizione, alla creatività degli autori, ai suoi limbi e alle ricostruzioni storiche, alle immersioni in toto dei protagonisti e, naturalmente, al genio di Michelangelo. La nostra videointervista a Enrico Lo Verso: