Quando ho saputo che ad interpretare Maigret nel film di Patrice Leconte era Gerard Depardieu mi sono stupita ed ero anche un po’ scettica. Avevo dei dubbi su come l’attore francese potesse trasformarsi nel celebre commissario nato dalla penna di Georges Simenon che dagli anni trenta ai primi anni settanta gli ha dedicato ben 75 romanzi e 28 racconti. Anche perché in Italia quando dici Maigret ti si para subito davanti la faccia di Gino Cervi (almeno per chi ha una certa…) che, diretto da Mario Landi, regista scelto da Andrea Camilleri all’epoca delegato di produzione Rai, lo portò in TV dal 1964 al 1972 nella serie che ebbe un enorme successo intitolata Le inchieste del Commissario Maigret. E pure al cinema nel film Maigret a Pigalle, sempre diretto da Mario Landi, nel 1967. E Cervi e Depardieu non si somigliano affatto, né fisicamente né nei modi.
Invece, vedendo il film di Leconte intitolato Maigret e la giovane morta, tratto abbastanza liberamente dal 45esimo romanzo di Simenon pubblicato nel 1954, al cinema da giovedì 15 settembre, mi sono ricreduta. E anzi, alla fine mi sono trovata pienamente d’accordo con il regista francese sul fatto che soltanto lui poteva farlo, come ci dice nel nostro videoincontro. Gerard Depardieu dà vita ad un commissario con qualche acciacco dovuto all’età, che su consiglio del medico smette di fumare l’iconica pipa, ma non proprio di bere, che continua a farsi guidare dal suo istinto per arrivare alla verità, ma soprattutto dalla sua umanità e dal voler aiutare chi ne ha bisogno. Non tradisce dunque il modo di condurre le indagini del personaggio Maigret che punta a comprendere le persone coinvolte nei suoi casi e a capire le circostanze che le hanno spinte ad agire in un certo modo, con un’empatia potente, cercando per loro non una pena esemplare, bensì il male minore.
Ed è così che nella ragazza morta del caso, una donna giovanissima morta ammazzata che nessuno sembra conoscere e che non ha neppure un nome, Maigret non vede soltanto una vittima, ma un tassello di un puzzle fatto di tante altre persone che probabilmente hanno bisogno di aiuto. Come una sua coetanea di cui il Commissario gentile in realtà un po’ si serve, ma nella quale rivede la figlia perduta e con lei si comporta, dunque, quasi come un padre, proteggendola e, alla fine, salvandola.
Fa tenerezza e mette un po’ di malinconia questo Maigret grande e grosso che si muove delicatamente per non rompere nient’altro, un po’ provato dalla vita, stanco, senza più entusiasmo. Ma che alla fine, soddisfatto come un bambino per aver fatto bene i suoi compiti, si tira un po’ su. Ne esce un film che non è un giallo, anche se lo stile è quello classico di una volta, ma intimo e poetico. E Gerard Depardieu è perfetto. Ne abbiamo parlato con Patrice Leconte: