Immaginate di guardare un’opera di Vincent Van Gogh e vederla lentamente animarsi, diventare l’immagine di un film con tanto di personaggi che parlano e interagiscono tra loro. E così via l’una dietro l’altra, 94 in tutto riprodotte per intero e 31 parzialmente, da Caffè di notte a Campo di grano con volo di corvi, con gli uccelli che spiccano il volo, da Notte stellata ai tanti ritratti e autoritratti. Allora vuol dire che state guardando Loving Vincent, il primo film interamente dipinto su tela, fotogramma su fotogramma, migliaia di immagini create nel corso di un anno e nel suo stesso stile da 125 artisti. Già vincitore del Premio del Pubblico al Festival d’Annecy, Loving Vincent arriva nelle nostre sale per soli tre giorni, da lunedì 16 a mercoledì 18 ottobre, con Nexo Digital. Scritto e diretto da Dorota Kobiela & Hugh Welchman, Loving Vincent tenta di raccontare la misteriosa vita del grande artista olandese cominciando dalla fine, cioè dalla sua morte, misteriosa anch’essa, provocata da un colpo di pistola all’addome il 29 luglio 1890. Un viaggio a ritroso attraverso le sue lettere, rispettando in qualche modo quanto lasciato da Vincent Van Gogh nel suo ultimo scritto, ovvero “non possiamo che parlare con i nostri dipinti”.
Tutto comincia dall’estate 1891 in Francia dove il giovane Armand viene incaricato dal padre postino di consegnare una lettera a Théo van Gogh, fratello del pittore morto esattamente un anno prima, apparentemente suicida, che vive a Parigi. Inizialmente titubante per le note vicende che ritraggono Vincent Van Gogh come un uomo stravagante, fuori di testa tanto da tagliarsi un orecchio e finire in manicomio, il ragazzo a poco a poco si appassiona al mistero della sua vita e della sua morte, tanto da intraprendere una sorta di indagine personale attraverso incontri con chi Van Gogh lo ha conosciuto, dal suo venditore di colori alla figlia del titolare della locanda dove alloggiò, dal barcaiolo che gli faceva attraversare il fiume al medico che lo curò nei suoi ultimi giorni e sua figlia che forse lo amò.
Personaggi che prendono in prestito volti ed espressioni da veri attori che a loro volta somigliano ai personaggi dei suoi ritratti e quindi della sua vita, da Douglas Booth che è Armand a Eleanor Tomlinson, da Jerome Flynn a Saoirse Ronan, da Chris O’Dowd a Aidan Turner. Immagini di forte impatto cromatico come i dipinti di Van Gogh dove le pennellate sono ben visibili sin sulle facce e sulle barbe, si alternano a scene in un bianco e nero artistico, necessarie, queste ultime, a riportarci di tanto in tanto in sala e a non perderci completamente, seppure con piacere ed emozione, dentro i quadri del genio di Groot Zundert.