Lovers, quattro storie di coppia tra amore, cinismo e ignoranza

di Patrizia Simonetti

Guardare Lovers è un po’ come vedere quattro film tutti con lo stesso inizio e la stessa fine, ovvero una libreria di famiglia che qualcuno deve rilevare a tutti i costi, e pure con gli stessi attori che si scambiano ruoli e caratteri, innocenze e colpe, ingenuità e malizie, buone e cattive fedi. Lovers è il nuovo terzo film scritto, diretto e coprodotto da Matteo Vicino che arriva in sala giovedì 5 aprile con Showbiz Movies forte di molti premi ricevuti all’estero, e che il regista e sceneggiatore ha ambientato nella sua Bologna. Gli attori multitasking, oltre a Ivano Marescotti, sono Primo Reggiani, Margherita Mannino, Antonietta Bello e Luca Nucera a formare via via strane e inquietanti coppie, e quindi differenti persone, mantenendo tuttavia sempre i medesimi nomi. Andrea, per esempio, che è Primo Reggiani, passa da perdente, nel senso più globale del termine visto che in pochi minuti perde il padre – con un funerale dove il prete ne elenca verosimilmente i vizi piuttosto che le virtù e che non sarà l’unico a morire nel corso del film – il lavoro – licenziato dal suo amico perché rifiutatosi di porgergli le sue scuse – e fidanzata – no soldi, no party – e vittima dunque del vincente Federico (Luca Nucera), amico di infanzia ricchissimo e altrettanto cinico, passa, dicevamo, a vincente a sua volta, trasformandosi in un giovane di successo nel mondo dello spettacolo che sembra fargliela pagare a Federico, anche se quella era un’altra storia, e intendiamo per davvero un’altra storia. Così come accade a Giulia (Margherita Mannino), da ragazza ingenua che si innamora chissà come di Federico, ma chissà in quale storia, a femme fatale che lo riduce a zerbino, e così anche a Dafne (Antonietta Bello), prima segretaria in carriera tutta d’un pezzo, poi ragazza dell’est che si lascia abbindolare dall’italiano belloccio di turno, ma poi è davvero così? “Ho cercato di scrivere un film divertente ma che analizzasse gli stereotipi di coppia e dell’amore – dice Matteo Vicino del suo Loverse li usasse come metafora per ciò che sappiamo e ciò che non vogliamo sapere, come avviene nella società moderna basata in gran parte sull’ignoranza”.

Ci si può confondere se poco concentrati, perché il passaggio da una storia all’altra è rapido, da sliding doors, e basta voltasi un momento per non ritrovare il personaggio seguito e perdersi la fine. Fine che in realtà non c’è mai perché tutto sembra ripetersi, seppure nel diverso, e il cerchio si chiude nello stesso punto del principio, in una sorta di gioco dell’oca in cui si ripassa dal via. E si rischia di credere a volte di non comprendere anche i dialoghi, strani in talune occasioni, cinici quanto istintivi, ma è così che pensiamo e parliamo un po’ tutti noi, per quanto cerchiamo di cambiare ciò che siamo e ritrovarci dall’altra parte. Lovers è dunque un film atipico, a tratti fantastico, eppure realistico, da guardare con attenzione ma lasciandosi un po’ andare, un film delle contraddizioni insomma, diverso e nuovo. E italiano. Evviva.