L’Incredibile storia dell’Isola delle Rose, il film sull’utopia di un mondo libero (videoincontro)

di Patrizia Simonetti

Molto rumore per nulla, potremmo sottotitolare così la surreale vicenda realmente accaduta, ma sconosciuta ai più, alla fine degli anni Sessanta raccontata nel film L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, diretto da Sydney Sibilia e  prodotto dalla Groenlandia di Matteo Rovere, da mercoledì 9 dicembre su Netflix. Perché in effetti l’iniziativa folle di Giorgio Rosa, giovane ingegnere riminese cui il mondo stava decisamente stretto, di costruire un piccolo mondo al largo delle coste italiane ma in acque extraterritoriali per farne un luogo di assoluta libertà per tutti, non avrebbe comportato alcun cambiamento nella vita e nella società italiana, tanto più che non è che sull’Isola delle Rose si facesse chissà che o si mettessero in pratica comportamenti che in Italia sarebbero stato giudicati illegali, era più che altro un posto dove potenzialmente si sarebbe potuto fare di tutto senza incorrere in sanzioni o arresti, ma dove in realtà non si andava oltre il ballare e il ripetersi che quella era la libertà. Il problema per la classe dirigente dell’epoca divenne evidente e potenzialmente pericoloso quando Rosa volle dichiarare la sua isola stato indipendente, coniando persino una propria moneta, e andando quindi a minare burocraticamente e socialmente uno status quo assolutamente immodificabile.

È la primavera del 1968, riscaldata, oltre che dal sole, dalle tante rivolte e manifestazioni studentesche a chiedere un mondo migliore e libero. Giorgio Rosa (Elio Germano) ha già costruito cose strane come la buffa automobile con cui tenta di portare in giro Gabriella (Matilda De Angelis), la sua ex della quale è ancora innamorato ma che sta per sposare un altro, non avendo mai compreso né apprezzato quel suo essere stravagante e con i piedi non proprio per terra. Con il suo amico Maurizio (Leonardo Lidi), giovane imprenditore con tendenze razziste di assoluta convenienza nei riguardi dei meridionali e che ha i soldi per concretizzare l’impresa, costruisce quindi una piattaforma di acciaio di 400 metri quadrati in mezzo al mare chiamandola, con molta fantasia, isola, poi Isola delle Rose per via del suo cognome, dove regna un’unica e ferrea regola, e cioè niente regole. Isola che man mano si popolerà, dapprima con un naufrago venuto da chissà dove, poi da un tedesco (Tom Wlaschiha) disertore durante la guerra, e quindi privato della cittadinanza germanica, divenuto per passione animatore della movida romagnola (pare anzi che in realtà fu proprio quel suo sogno a farlo fuggire dall’esercito), una diciannovenne incinta in cerca di un lavoro di nome Franca (Violetta Zironi) e alla fine, ma solo alla fine, Gabriella.

L’attenzione della stampa per quello stralcio di mondo libero e misterioso è il primo passo verso la notorietà mondiale – tanto che arrivano giovani da ogni paese d’Europa – e al tempo stesso verso la distruzione. Il problema per il governo italiano di allora incarnato dal ministro dell’Interno Franco Restivo (Fabrizio Bentivoglio) e per il presidente della Repubblica Giovanni Leone (Luca Zingaretti) è politico, come quello scatenato da ogni utopia che riesce a diventare realtà.

L’incontro mio e di Matteo Rovere con l’ingegnere, avvenuto anni fa poco prima che venisse a mancare, è stato il punto da cui sono partito per rivedere la vicenda al di là di quello che era stata, l’epopea di una guerra (forse l’unica) che l’Italia aveva vinto per fermare la mente libera di un uomo che non voleva fare altro che piantare una palafitta nell’acqua  – racconta Sidney SibiliaNei ricordi di ciò che è avvenuto, Giorgio Rosa si è lasciato più volte sfuggire che l’assurdità di quella battaglia stava proprio nel fatto che non c’era alcuna intenzione di andare contro il sistema, che semplicemente quel tratto di mare era libero, e che lui voleva utilizzarlo per i suoi studi di Ingegneria applicata all’estrazione di energia. Quanto può un’idea essere pericolosa? E quanto c’è di comico, tragico ed epico insieme che per un’oasi di pace fondata così al largo si possa scomodare il governo italiano, la commissione europea, e le multinazionali private? Forse perché si è liberi soltanto se il sistema lo consente? Quello che ho voluto raccontare è la sua forza, il modo in cui una persona, armata dei propri sogni e della propria determinazione, ottiene pacificamente ciò per cui centinaia di migliaia di suoi coetanei combattono a chilometri e chilometri di distanza. La vicenda dell’Isola delle Rose è una metafora quando, in maniera discreta e silenziosa, una piccola illusione viene mandata in frantumi da una dimostrazione di forza da parte della politica. Ma non solo: è l’avvincente storia di una campagna di invasione lunga 55 giorni, che vide il Governo italiano contro un uomo solo, accusato di colpe insensate: fondazione di una radio pirata, contrabbando ed evasione fiscale, sfruttamento abusivo di risorse energetiche, atti osceni e perversione. Alla fine, gli si dichiarerà perfino guerra. Una guerra che la Repubblica Italiana ripudia, secondo la sua stessa Costituzione. L’unica guerra di aggressione mai combattuta dalla Repubblica Italiana“.

Aggiunge Matteo Rovere: “Mentre veniva eretto il muro di Berlino, e scoppiavano le proteste contro il “sistema”, in tanti videro in quel progetto il sogno di giustizia e uguaglianza, di pace e di progresso. Questa utopia morì due volte: una prima quando lo Stato italiano occupò militarmente l’isola, una seconda quando la fece saltare in aria con tonnellate di tritolo. Giorgio Rosa ci ha detto: ‘Per demolire un abuso edilizio lo Stato impiega degli anni, quando va bene. All’Isola delle Rose, che non era neppure in Italia, venne riservata una delle rare esecuzioni lampo’, e ha chiuso il suo racconto. La sua ferita è diventata rapidamente la nostra, e dopo quell’incontro si è ingigantita a tal punto che è stato quasi naturale iniziare a pensare che il nuovo film di Sydney sarebbe stato su di lui e su questa impresa grandiosa. Con una sceneggiatura ricca di spunti e di suggestioni, siamo passati quindi a un lavoro di pre-produzione più complesso, che ha impiegato molto tempo e dedizione. Abbiamo impiegato più di un anno per capire come realizzare fisicamente l’isola, non avevamo nessuna intenzione di realizzarla completamente in postproduzione. Dopo una lunga ricerca abbiamo trovato questi grandi tank, ‘infinity pool’ che si trovano a Malta, e all’interno di queste piscine abbiamo costruito un edificio poggiato nell’acqua con la piscina che poi veniva di nuovo riempita, girando appunto praticamente dal vero. Posso affermare con certezza che questo film è stato il più complesso che io abbia mai contribuito a realizzare. La sfida era grande, avevo tutta la voglia di riuscirci e sono contento che ce l’abbiamo fatta”. Ecco una videosintesi della conferenza stampa de L’Isola delle Rose con Elio Germano, Luca Zingaretti, Matilda De Angelis, Violetta Zironi, Fabrizio Bentivoglio, Sidney Sibilia: