La La Land, arriva in sala il musical in odor di Oscar

di Patrizia Simonetti

Le favole esistono ancora ed esisteranno sempre finché qualcuno continuerà a crederci. Ma non tutte sono a lieto fine e i loro protagonisti non sempre vivranno per sempre felici e contenti e, soprattutto, insieme. Anche La La Land è un po’ una favola, soprattutto in quella sua atmosfera colorata, romantica, quasi magica, da sogno. Ecco, La La Land è un sogno. Anzi due. Quello di Mia che fa la barista negli studi cinematografici della Warner Bros di Los Angeles ma vuole fare l’attrice, e fa provini su provini ai quali spesso viene interrotta o mandata via prima ancora di poter cominciare, ma non perché non sia brava, anzi, allora decide di fare tutto da sola, scrivendo e interpretando la sua commedia. E poi c’è il sogno di Sebastian che suona il piano e vuole salvare il jazz e non gli va proprio giù che nel suo vecchio locale preferito adesso si servano tapas a suon di samba, così anche lui vuole fare tutto da solo e aprire un club dove si suoni soltanto jazz e intanto conserva gelosamente uno sgabello di legno appartenuto a Hoagy Carmichael e si fa cacciare dai piano bar perché non segue regole e spartiti.

La La Land, nelle nostre sale da giovedì 26 gennaio con 01, è un inno ai sogni, anche a quelli appena realizzati dello stesso autore e regista Damien Chazelle, che il musical in grande stile se lo sogna, appunto, da tempo, strano peraltro per un trentaduenne, sin da quel Guy and Madeline on a Park Bench del 2009 che in bianco e nero raccontava, guarda caso, di un trombettista jazz e una ballerina. Tema, il jazz, che ritroviamo anche, assieme alla smania di successo, quattro e poi cinque anni dopo, nel corto e poi lungometraggio Whiplash che gli ha portato tre Oscar. La La Land promette ancora meglio: presentato a Venezia 73, già con 7 Golden Globe, è il film con più candidature agli Oscar 2017, ben 14, e le analogie non sono finite: “come Whiplash anche La La Land affronta la questione di come mantenere l’equilibrio tra la vita e l’arte – racconta Chazelle – come bilanciare la realtà e i sogni, come gestire in modo equo i tuoi rapporti con l’arte e con le altre persone. E penso che il musical sia un genere magnifico per esprimere quell’equilibrio tra sogni e realtà. Per questo ho voluto creare un musical come quelli che mi mandavano in estasi quando ero bambino, ma aggiornato, moderno, per raccontare una storia che si svolge nella nostra epoca”.

Il fascino dell’arte, quella non compresa, colpisce sempre. Le passioni che rischiano di restare inespresse, i desideri che premono per uscire dai cassetti che spesso siamo invece costretti a respingere dentro e a tenerli chiusi, le decisioni che a volte sbagliamo e con esse rischiamo di segnare il percorso di una vita di rimpianti e rancori. E allora che fine fanno i sogni? Svaniscono e scoppiano senza far rumore come bolle di sapone, al vento lieve ma letale del compromesso?

Mia e Sebastian si incontrano fatalmente, come sempre accade, e inesorabilmente, sotto il sole d’agosto in un ingorgo di decine e decine di macchine sulla sopraelevata dell’autostrada di Los Angeles dentro alle quali, nell’attesa di ripartire, ognuno ha il suo bel da fare, Mia, ad esempio, a ripassare la parte per il prossimo provino. Poi dalle autoradio esce una musica, una canzone, una per tutti, Another day of sun, e allora ad uno ad uno e poi tutti quanti escono dalle loro auto e ballano e cantano sull’asfalto e sui cofani e sui paraurti tra mille colori accecanti e allegri. All’inizio non se ne fa nulla, ma poi al secondo scontrasi scatta la scintilla e Mia e Sebastian si innamorano, si sostengono e si spronano, fanno cose che se non fosse per l’altro nessuno dei due farebbe mai, perché forse, chissà, in fondo, è più facile occuparsi dei sogni degli altri che dei propri. Poi qualcosa cambia, l’occasione arriva, ma non a tutti e due nello stesso momento e alla fine l’unica cosa che possono fare per realizzarli è separarsi e proseguire ognuno per la propria strada. Ma, come cantava Battisti, “siccome è facile incontrarsi anche in una grande città….”

Emma Stone e Ryan Goslin sono perfetti nei loro ruoli, lui ha persino imparato a suonare il piano in pochi mesi tanto da suscitare l’invidia di John Legend che nel film interpreta il suo vecchio amico Keith. Prodotto da Marc Platt, firma storica di musical teatrali e cinematografici, con Fred Berger e Jorda Horowitz, le musiche bellissime di Justin Hurwitz, le coreografie di Mandy Moore e la fotografia di Linus Sandgren, La La Land riporta sul grande schermo un genere che seppur vivo e vegeto sui palcoscenici, al cinema risulta un po’ vecchio ma che, nonostante alcune regole classiche ed espedienti che intenzionalmente lo collocano in quell’esatto old style, appare rivitalizzato e attualizzato, vivace ed energico, romantico e moderno. La La Land diverte e commuove, rapisce in qualche sequenza e fa sognare, ma poi riporta alla realtà e il sapore in bocca rimane alquanto amaro.

La scena più bella? Senza alcun dubbio quella di Mia e Sebastian che danzano e cantano A lovely night in un parcheggio all’aperto con il belvedere sulla Los Angeles illuminata e sullo sfondo un cielo che va dal blu al viola al rosa. Oppure quella dove volano nel planetario… Bella lotta. Bella anche la colonna sonora, con City of stars cantata proprio da Ryan Gosling e Emma Stone in primis, che esce su CD e vinile venerdì 27 gennaio.

2 comments

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