La Farfalla Impazzita è Giulia Spizzichino, una donna ebrea che per tutta la vita è stata più con i morti che con i vivi. Il 16 ottobre 1943 il Ghetto di Roma si è trasformato in un inferno con il rastrellamento nazista ad opera dei soldati tedeschi, spalleggiati da funzionari fascisti italiani, che ha strappato alle loro case e alle loro vite 689 donne, 363 uomini e 207 bambini. Tra di loro i suoi zii, suo nonno e i suoi cugini, Marco in particolare, cinque anni appena, che non smetteva di guardare la finestra dietro alla quale Giulia e sua madre si nascondevano, lei con la mano della mamma sulla bocca a strozzare per sempre un grido che le è rimasto dentro fino alla fine dei suoi giorni. E poi l’eccidio delle Fosse Ardeatine e tra quelle 335 persone massacrate il 24 marzo 1944 in rappresaglia all’attentato partigiano di via Rasella, Giulia perde altre persone amate della sua famiglia.
Con tutti loro Giulia perde anche la sua adolescenza, la sua serenità, per tutti gli anni che seguono continua a stare con loro, li vede, ci parla, con Marco cammina mano nella mano per le strade, lo guarda giocare a pallone, sono come fantasmi buoni che non vogliono lasciarla sola. Ne soffrono suo marito Umberto, uomo paziente, accudente, pieno d’amore per lei; e suo figlio al quale Giulia ha dato proprio quel nome, Marco, che si sente trascurato e poco amato. È proprio lui a darle quel nome, la farfalla impazzita, perché è così che la vede, una farfalla che non riesce a posarsi in nessun posto, continuando a sbattere le ali. Cinquant’anni dopo quegli strazi, nel 1994, viene rintracciato l’uomo che contribuì al suo dolore e a quello di migliaia di persone: Erich Priebke, esecutore materiale della strage delle Fosse Ardeatine per ordine di Kappler, vive da uomo libero in Argentina. Per far sì che venga estradato in Italia e che paghi con la detenzione i suoi crimini contro l’umanità, Giulia dovrà affrontare di petto il suo passato, andare in Argentina e lottare, anche con sé stessa, così come ancora oggi fanno le Madri di Plaza de Mayo, l’associazione che riunisce le madri dei desaparecidos: sarà anche una di loro, Elena, a dare a Giulia la forza per vincere. Oltre al dolore adesso nel suo cuore c’è la rabbia e una grande voglia di giustizia.
La Farfalla impazzita, diretto magistralmente da Kiko Rosati, è un film che commuove e insegna: insegna a pensare, a comprendere gli altri, a indignarsi per le cose giuste e a rendersi conto che la storia è quella, e che quella storia non deve mai più ripetersi. Bravissima Elena Sofia Ricci che ci regala una Giulia devastata e annientata dal dolore che proprio in nome di quella giustizia riemerge da uno status di lutto pietrificato e immobile per tornare, forse, anche a vivere. Bravissimo Massimo Wertmuller che ha costruito un uomo capace di lasciare libera la donna che ama di scegliere cosa fare, ma costruendole al contempo una rete di sostegno che la rende sicura e le dà la spinta per reagire. Così come Josafat Vagni nel ruolo del figlio, Jürgen Heinrich in quello di Priebke (da giovane nei flashback interpretato da Christoph Hulsen), cinico, mai pentito, crudele anche anche nel pensiero; Fulvio Pepe che è l’avvocato Restelli dell’associazione delle vittime delle Fosse Ardeatine, che insiste con comprensione e delicatezza, ma con fermezza, affinché Giulia si mostri e parli in TV e in Tribunale; e Mariangeles Torres che è Elena, la donna italo argentina, attivista dell’associazione Madres Abuelas de Plaza de Mayo, che nell’orrore del suo paese ha perso sua figlia.
La Farfalla impazzita va in onda su Rai 1 mercoledì 29 gennaio in occasione della Giornata della Memoria che si celebra il 27, e proprio in quel giorno, com’è stato rivelato in conferenza stampa, sarà proiettato al Cinema Adriano di Roma per un pubblico di studenti grazie all’iniziativa di Fabia Bettini di Alice nella Città che lo porterà anche nelle scuole. Le nostre videointerviste a Elena Sofia Ricci, Massimo Wertmuller e Josafat Vagni:
Le Foto sono di Angelo Costanzo