Non tutti i ricchi piangono e non tutti i poveri sono belli, e manco così tanto puri di cuore. Io sono Tempesta, il nuovo film di Daniele Luchetti, in sala da giovedì 12 aprile con 01, ribalta stereotipi e luoghi comuni, eleggendo il denaro a variabile principale dell’equazione che non torna. Numa Tempesta, eccessivo già nel nome, interpretato da Marco Giallini, è ricco straricco, da gestire ha un fondo di un miliardo e mezzo, per questo vive in un albergo super lussuoso con decine e decine di camere a sua disposizione, corridoi lunghissimi, scalinate con ringhiere dorate, piscina con acqua riscaldata in terrazza e cose così. Felice? Anche no. Il padre, che non vede da anni, l’ha sempre chiamato coglione, sin dalla culla, secondo la leggenda, e lui da ‘sta cosa è rimasto abbastanza disturbato. Numa Tempesta è cinico, affascinante nel suo apparente distacco da tutto, tronfio nel suo declamare “Io sono Tempesta”, sembra non gli importi di nulla, neanche dei poveri, che ce ne sono tanti in giro, lungo le strade e nel centro di accoglienza dove finisce ai servizi sociali per un anno per una condanna per frode, una di quelle cose che “in Italia fa curriculum”, dice, e neanche delle studentesse di psicologia che gli offrono i loro servizi da baby squillo: “è un tecnico della vita, o cerca di esserlo – ci racconta Marco Giallini nella nostra videointervista che trovate a fine articolo, qui il suo show completo all’incontro – invece poi è uno con un cuore come tutti quanti, uno che ha i soldi e muove le fila e decide per gli altri, fa, disfa, fa come gli pare, poi alla fine deve fare i conti…” E tra questi poveri, quelli che non ce l’hanno fatta mica per malattie o crisi economica o tragedie personali ma solo perché non hanno saputo ingegnarsi e far fruttare quel poco che avevano come ha fatto lui, tra questi poveri dunque c’è Bruno, cui dà vita Elio Germano, che si arrabatta come può dopo aver perso tutto tranne il figlio, di cui cerca di prendersi cura come meglio riesce a fare, ma che è decisamente più maturo e saggio di lui: “Bruno è un bambino un po’ cresciuto che ha un figlio di 13 anni più adulto di lui, attaccato allo studio – ci dice Elio Germano nella nostra videointervista – e cerca in qualche modo di proteggerlo, sempre con una grandissima dignità, senza mai sentirsi povero”. Cosa scaturirà dall’incontro tra Numa Tempesta e Bruno, tra il ricco e il povero e tra i loro due mondi magari ci stupirà, perché in Io sono Tempesta nulla è troppo scontato, e davvero poco stereotipato: “è un’opera buffa sul potere dei soldi – lo definisce Elio Germano sposando la descrizione dello stesso regista – non sono i poveri che redimeranno il ricco ma semmai il contrario”. Le nostre videointerviste a Marco Giallini e Elio Germano:
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