Intervista a Michele Riondino: dal Boccaccio dei Taviani al giovane Montalbano

di Patrizia Simonetti

Tarantino, classe 1979, Michele Riondino passa con disinvoltura dalla televisione al cinema al teatro. I fratelli Taviani lo hanno voluto nel ricco e variegato cast del loro Maraviglioso Boccaccio da oggi nelle sale, ma presto lo rivedremo anche in TV  e sul palcoscenico.

C’è da dire che in questo periodo il poeta di Certaldo sembra andare per la maggiore, c’è pure Accorsi che lo sta portando in teatro con il Decamerone

Rivalutare o riattraversare la letteratura italiana è compito di chiunque faccia arte. In tal senso questo è stato un anno particolarmente fortunato se consideriamo, appunto, che il Decamerone lo stanno portando Stefano Accorsi e Marco Baliani a teatro, ma anche che è stato l’anno del Pasolini di Abel Ferrara e del Leopardi di Mario Martone, mancava solo il Boccaccio dei Taviani.

Michele Riondino BoccaccioIl tuo personaggio fa parte della novella Tancredi e Ghismunda e non fa proprio una bella fine

Sì, in effetti interpreto Guiscardo e non finisce bene per niente. Però lavorare con Paolo e Vittorio Taviani è stata un’esperienza davvero magica per me, per noi attori è stato quasi come fare una gita scolastica e girare per castelli medievali. Per quanto riguarda la mia novella abbiamo attraversato il trecento in maniera molto attenta ai dettagli e ai particolari ed è stato particolarmente suggestivo.

Triste che allora le donne non potessero scegliere…

Una cosa triste sì, direi medievale.

Il film mostra come anche la sola paura di essere contagiati contribuì a peggiorare la situazione con famiglie che si disgregavano e persone costrette a morire in solitudine, anche oggi forse abbiamo paura della peste?

Riportandola ai giorni d’oggi, la peste è certo il terrore che scatenano i media e la politica nei confronti delle cose che succedono nel mondo. Potrebbe essere paragonato alla peste boccaccesca il terrore del nuovo, del diverso e del futuro che abbraccia ogni aspetto della vita moderna. Oggi guardiamo con terrore allo straniero che viene a casa nostra, al futuro perché non abbiamo certezze su quello che sarà di noi, a tutto ciò che ha a che fare con il nuovo. Ed è un po’ un paradosso se consideriamo che crisi vuol dire cambiamento, evoluzione, e oggi invece la viviamo con la paura di quello che sarà, perché non crediamo sia possibile avere qualcosa di meglio di quello che abbiamo avuto fino a oggi.Il giovane Montalbano

Da Guiscardo a Salvo, in televisione ti rivedremo presto su Rai1 con Il Giovane Montalbano diretto da Gianluca Maria Tavarelli

Sto finendo di girare la seconda serie di altre sei puntate. Mi trovo molto bene con un personaggio che vedo crescere e che contruibuisco a far diventare quello che è nell’immaginario comune. Per un attore è uno stimolo ed è anche molto divertente avere a che fare con un personaggio che puoi modificare.

La prima stagione è andata molto bene, cosa cambia nella seconda?

Non c’è in realtà nessun cambiamento, però ci sono dei depistaggi. La cosa divertente di questa seconda stagione è che ci divertiamo insieme agli sceneggiatori a depistare il pubblico che ormai i personaggi li conosce bene: conosce Montalbano, conosce Livia e conosce la loro storia e il loro amore, però noi gli faremo fare cose che il pubblico non si aspetta, mostrando spigoli di questi rapporti che non avrebbe mai immaginato.

Cinema, televisione, manca il teatro…

Adesso mi piace pensare proprio di fare qualcosa a teatro, mi sto già guardando intorno. C’è in realtà già una bella cosa che stiamo preparando, un bel classico, Tancredi e Clorinda in chiave moderna e dovrebbe vedere la luce a giugno a Napoli.

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