Intervista a Lorenzo Santangelo: con L’Arancio ho regalato l’immortalità a mio nonno

di Patrizia Simonetti

Si intitola L’Arancio il nuovo singolo del cantautore e autore romano Lorenzo Santangelo che per l’occasione, dopo aver vissuto diversi anni in Australia, riscopre le sue radici utilizzando per la prima volta il proprio dialetto. Nel brano, prodotto da Filippo Raspanti per Sphere Music International, Lorenzo fa praticamente parlare suo nonno, della vita e di tante cose, come se fosse ancora vivo, e accanto a lui. L’Arancio ha anche un videoclip girato in Toscana in un casale di campagna dell’800 da Gabriele Paoli, tra colori caldi e atmosfere dal sapore classico. Alle spalle  due EP, Canzoni in fuga e Respiro, e un Lp intitolato L’ultimo album d’esordio. Lorenzo Santangelo ama la musica e anche la radio e da qualche tempo collabora come conduttore con Radio SBS, la radiotelevisione nazionale australiana. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui.

Lorenzo, ho ascoltato L’Arancio, il tuo nuovo singolo, che hai voluto cantare in romano, immagino per una questione affettiva…. Quanto ci restano vicino le persone che amiamo, anche dopo che se ne sono andate?

Tantissimo. Magari è una banalità, ma nessuno se ne va mai veramente finché viene ricordato. E scrivendo questa canzone ho voluto fare questo: ho regalato l’immortalità a mio nonno, una persona bellissima ma anche normalissima, che altrimenti non sarebbe mai passato alla storia. Invece così, anche tra 200 anni, c’è una vaga possibilità che qualcuno ascolterà questa canzone, facendolo rivivere in qualche modo.

Ne L’Arancio sposti decisamente il tuo punto di vista e racconti, come se le provassi tu, la fatica della vecchiaia e la difficoltà di riconoscersi ancora, ma anche l’importanza dei ricordi, la saggezza, i consigli che a quell’età si possono elargire con cognizione di causa, e la disillusione per come è diventato il mondo… condividi qualcosa?

Tutto! È proprio così. Da una parte mi sono immaginato io anziano, dall’altra ho pensato a cosa avrebbe detto mio nonno oggi. Io credo che quella generazione avesse tantissimi pregi e molto da insegnarci. Anzi, credo sia fondamentale la memoria degli anziani perché altrimenti si rischia di commettere errori evitabilissimi, visto che sono già stati fatti. Nella canzone ho cercato di sintetizzare l’insegnamento di un’intera generazione ad un’altra.

L’hai definita “una canzone onesta, per niente furba”: come sono le canzoni oneste e quelle furbe?

La musica è soggettiva quando si parla di gusti, ma molto oggettiva quando si analizzano certe cose. Credo che nessuno possa dire che questa canzone non sia stata fatta con il cuore. Può anche non piacere ovviamente, ma il fatto che non sia stata fatta per fini commerciali è evidente. Al contrario, in radio siamo pieni di canzoni fatte a tavolino solo per vendere. Canzoni senza anima, che ricercano canoni scontati, canzoni che “vanno sul sicuro”. L’Arancio non è così, è la canzone più anti commerciale possibile nel 2022. E molta gente apprezza anche questo, per fortuna.

Per il video sei andato in Toscana, come mai?

Perché la canzone è stata registrata e prodotta in Toscana, a Camaiore, nello studio di Sandro Paoli. E proprio lui ha suggerito quel casale dell’800 e quando lo abbiamo visto, ci siamo innamorati. Non poteva che essere girato lì il video.

Cosa ti ha dato il fatto di vivere per sette anni lontano dalla tua città e dal tuo paese, in Australia? Ne hai mai sentito la mancanza?

Tantissimo. Dopo un po’ casa ti manca sempre, c’è sempre qualcosa nella vita quotidiana che ti fa sentire la mancanza di casa. Vivere così lontano mi ha dato l’opportunità di vedere l’Italia con altri occhi, da fuori, senza il coinvolgimento emotivo quotidiano. E ho scoperto che tante cose che prima mi sembravano pregi, standoci dentro, in realtà erano difetti e viceversa. Quando sei dentro ad una situazione per te è la normalità, se invece la guardi da fuori, puoi analizzarla meglio e scoprire, a volte, che di normale non c’è proprio niente. L’Australia mi ha dato tanto e mi ha fatto crescere, sono orgoglioso di essere diventato cittadino australiano, così come sono orgoglioso di essere italiano. Ma l’occhio critico non deve mai mancare, in nessun caso. Solo così si può migliorare.

La tua collaborazione con Radio SBS, la radiotelevisione nazionale australiana, continua anche adesso che sei tornato in Italia? A Roma, oppure no?

In realtà non sono tornato a Roma. Vivo vicino Torino, in campagna. Non credo che tornerò mai più a vivere in una città. Dopo Roma e Sydney ho scoperto che proprio non fa per me. Sì, la collaborazione con SBS continua e ne sono felicissimo e fiero. È sempre stato un mio sogno fare radio e loro mi hanno dato la possibilità di farlo, di crescere e di imparare. In più ho l’opportunità di parlare ogni settimana con altri artisti, in molti casi tra i miei preferiti, e questo è bellissimo. In più, do il mio piccolo contributo per portare fuori dall’Italia la musica italiana, un bene da salvaguardare.

Sei anche autore di altri artisti, com’è scrivere per gli altri rispetto al farlo per sé stessi?

Sono quasi due mestieri diversi, secondo me. Certo, si scrivono sempre canzoni, ma io vivo le cose in maniera molto diversa. Da autore mi metto a disposizione, penso solo al bene dell’artista che la canterà, elimino alcune mie caratteristiche per cercarne altre. Da cantautore invece sono io, mi prendo anche libertà, a volte esagero. Sono vero in tutto e per tutto. Entrambe le situazioni sono molto belle e stimolanti, ma diverse.

A quando un nuovo album?

Spero davvero presto. Ho decine di canzoni che aspettano di essere ascoltate, ma in questo periodo storico si fa fatica a programmare. Intanto vediamo se L’Arancio mi permette di farmi conoscere un po’ di più. Chi vorrà, ascolterà presto qualcosa di nuovo.