Intervista a Federico Buffa: porto a teatro le Olimpiadi del 36 con tutta la loro “tragica modernità”. Il tour arriva al Quirino di Roma

di Genny De Gaetano

L’affabulatore è colui il quale narra in maniera affascinante e abile. In due parole, è Federico Buffa. Milanese, 56 anni, di professione avvocato, ma più di ogni altra cosa cantore sportivo. Limitativo infatti definirlo giornalista ascoltando ad esempio le sue digressioni non solo tecniche ma socio culturali sul basket americano durante le telecronache Nba insieme a Flavio Tranquillo: due corpi e un’anima sola. Ma non c’è solo il basket nelle corde di Buffa che ha raccontato anche il calcio, le tattiche del suo Milan prima di alzare l’asticella del talento con le Storie Mondiali in concomitanza con Brasile 2014, quel marchio di fabbrica “Federico Buffa racconta” poi trasferitosi on the road e diventato Storie di Campioni. L’artista, si sa, è in eterno movimento, tendente verso l’alto. Ecco allora irrompere la prova del teatro, sfondo ideale per narrare una storia come quella de Le Olimpiadi del 1936, la pietra miliare dell’umanità. Le vite umane intrecciate con gli eventi storici, qualcosa che fortunatamente non accadrà più.

Ormai lontano nove mesi il debutto al Menotti di Milano, prosegue il tuo viaggio teatrale mano nella mano con le Olimpiadi del 36 e arriva nella Capitale

Roma è nettamente, di tutte le tappe a parte la primissima milanese, la più impegnativa a livello mentale. Pensi di avere tutto sotto controllo ma so già che nei 10 minuti precedenti la prima dello spettacolo, sarò vincolato ad un battito cardiaco sopra la norma, perché Roma e Roma. È un posto speciale. Non avrei mai pensato in generale di farlo. A giugno ero nella Capitale per un evento, mi sono fatto una passeggiata nei dintorni del Quirino. Ho letto fuori teatro Gassman e mi sono detto: ma io qui che ci vengo a fare! Cercheremo di fare quello che si può.

Se le Olimpiadi è sempre sbagliato definirle un mero evento sportivo, ancor di più questo vale per l’edizione dei Giochi del 36, una rassegna che ha fatto la Storia

Certamente, è sorprendente come all’epoca non ci si rendeva conto che se Mussolini, Hitler e il generale Tojo, ossia quello che era a capo della giunta militare che aveva in mano il Giappone, erano attenti alle Olimpiadi e ai mondiali di calcio ci sarà stato un motivo, o no? Era evidente che questa kermesse aveva per loro una valenza straordinaria perché era l’autenticazione politica della propaganda. Il primo a pensarci realmente fu Mussolini, gli altri sono venuti dopo, perché il mondiale di calcio del 34 è italiano. Le Olimpiadi del 36 che doppiavano quelle invernali, sempre tedesche, di Garmisch, furono assegnate alla Germania quando il Fuhrer non era ancora al potere. Diverranno le Olimpiadi più grandi della storia, quelle che fanno pensare a quello che è avvenuto prima e a quello che è avvenuto dopo. E in più su tutto ciò si innesca il più importante documentario sportivo di tutti i tempi: Olympia di Leni Riefenstahl, che essendo probabilmente l’amante di Hitler, ebbe molti privilegi che oggi il Cio non consentirebbe. Piantò 70 telecamere, consegnando un lavoro favoloso che aumenta il fascino infinito di queste Olimpiadi.

Che divennero dunque le Olimpiadi dell’uguaglianza

Assolutamente sì, questa è la chiave della nostra interpretazione. Infatti, dovendo scegliere due simboli della lotta all’oppressione, abbiamo scelto Jesse Owens, un afroamericano che vinse 4 ori e non riceve nemmeno un telegramma dal presidente degli Stati Uniti, e Sohn-Kee-Chung, vincitore della maratona, coreano ma costretto a correre per il Giappone.

E senza voler cadere nella retorica, oggi 80 anni dopo e più che mai di questi tempi parliamo ancora di uguaglianza

Incredibile. La tragica modernità delle Olimpiadi del 36. Non credo ci sia altro da aggiungere.

Quando sei sul palcoscenico c’è un momento in cui il cuore ti batte più forte?

Beh sì, obiettivamente nei monologhi che ho a disposizione, Emilio Russo ha curato il testo teatrale insieme a Caterina Spadaro, mi consente quattro uscite di Federico Buffa che si muove per cercare di uscire dal personaggio che interpreta un personaggio realmente esistito, il capo del Villaggio Olimpico che si suicida tre giorni dopo la conclusione delle olimpiadi perché non è in grado di produrre il certificato di arianità. Ecco, quando faccio Federico Buffa ogni volta mi emoziono molto.

Da ‘Buffa racconta’ al teatro. Il passo è stato breve oppure il primo stato propedeutico per l’altro?

Hanno senza dubbio un collegamento perché uno come Emilio Russo non mi avrebbe chiamato se non avesse visto la produzione tv. Anche se ovviamente non mi posso definire attore ma uno che fa dei live, non c’è paragone: il teatro è più eccitante, affascinante, completo. Ti dà una percezione degli altri e agli altri di te, nettamente superiore alla tv.

Federico Buffa, avvocato, giornalista sportivo e ora attore teatrale

È stato bello per me passare da un mestiere noioso come quello di avvocato a un lavoro divertente come quello del giornalista sportivo, adesso proviamo a fare una cosa difficilissima, ma lo stimolo è ancora più forte e io durante le prove sono sempre quello che non vuole andare mai via e dico sempre “proviamo ancora una volta”. E tra l’altro ho talmente tanta adrenalina che rifarei lo spettacolo subito dopo che è finito!

Informazione per i nostalgici: Buffa che parla di calcio e soprattutto racconta il basket tornerà?

Non mi ritengo un giornalista calcistico. Le mie escursioni nel calcio avevano senso come viaggi nel tempo per parlare anche d’altro, penso che per parlare di calcio d’oggi ci sono persone più qualificate di me. Nel basket per la verità ho dato un contributo maggiore, ho parlato per 17 anni di Nba ma è arrivato il momento di dire basta. Non si dovrebbe tornare indietro se si può. Resta la soddisfazione di averla commentata insieme al più grande professionista italiano.

Nei sogni di Federico Buffa, a questo punto quelli teatrali, cosa c’è? Mi piacerebbe fare…

Un testo teatrale vero e proprio non sono in grado di farlo. Ho ricevuto tante proposte in questo periodo, mi hanno chiesto se volevo provare a cambiare settore. Mi è stato chiesto se volevo fare uno spettacolo su Miles Davis che per me è una delle guide del ventesimo secolo dal punto di vista artistico. Magari. Sarebbe molto affascinante.

Da gennaio al Teatro Menotti, lo spettacolo dedicato alle Olimpiadi del 36 ha entusiasmato Asti, Guastalla, Carrara, Mantova. Da Roma, il 25, 26, 27 settembre al Quirino, torna al Menotti a Milano e poi parte il vero e proprio tour che contempla una cinquantina di date

C’è molta Sicilia ma non abbiamo date in Campania, Puglia e Calabria. Vorrei più date al sud.

E noi ci associamo all’appello di Federico Buffa, il cantore delle emozioni.

1 comment

Lillianwoons 12 Aprile 2024 - 21:40

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