Intervista a Claudio Santamaria protagonista di Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti: se fossi un supereroe irromperei in Parlamento

di Patrizia Simonetti

Claudio Santamaria torna al cinema. Dopo Torneranno i prati di Ermanno Olmi e Il venditore di medicine di Antonio Morabito con il quale sta girando un nuovo film che si chiamerà Il gioco dei soldi, eccolo alla Festa del Cinema di Roma a presentare Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti dove interpreta Enzo Ceccotti, un ladruncolo di periferia che grazie all’assorbimento di una sostanza radioattiva, acquista dei super poteri tanto che Alessia, interpretata da Ilenia Pastorelli (GF12), lo crede davvero Jeeg Robot, nel cast anche Luca Marinelli (Non essere cattivo). Nel frattempo è anche in TV con la serie È arrivata la felicità diretta da Riccardo Milani con Claudia Pandolfi e tanti altri, nel ruolo di Orlando.

Claudio, che film è Lo chiamavano Jeeg Robot?

Un film pazzesco, assolutamente nuovo per l’Italia in cui c’è tutto, dall’immaginario Marvel a una poetica molto radicata a terra, pasoliniana direi.

Perché  assolutamente nuovo?

Intanto perchè parla di supereroi e guardandolo viene da dire che finalmente anche noi ne abbiamo uno e poi perchè non abbiamo qui in Italia questo tipo di cinematografia. Anche se poi alla fine il film si potrebbe anche definire una storia d’amore, guarda caso poi c’è un superpotere di mezzo…

Cos’è per te un supereroe?

È una figura che mi ha sempre affascinato. Il primo supereroe che ho amato è stato Spiderman, un ragazzo semplice come potrei essere io, che acquisisce questi superpoteri… Superman da una parte lo ammiravo, ma dall’altra mi stava antipatico perchè pensavo che nonostante ci fossero guerre e gente corrotta, lui non faceva niente per salvarci perchè il padre gli aveva detto che non si doveva immischiare negli affari del mondo, invece io pensavo “cavolo, fai qualcosa, prendi ‘sta gentaglia e spediscila su un’isola deserta”… quindi una specie di divinità, forse la speranza che abbiamo tutti, la ricerca di Dio, che in qualche modo potrebbe essere un supereroe.

Qual è stato il lavoro più grande?

Quello che fa entrare lo spettatore in quella realtà fantastica e cioè il lavoro fatto sui personaggi, un lavoro intenso affinchè fossero veri e la gente credesse alle loro vicende umane e si appassionasse. Sono tutti totalmente diversi da noi attori, a me per esempio Mainetti ha fatto ingrassare 20 chili…

Ma se avessi anche tu dei superpoteri, cosa faresti?

Entrerei in Parlamento, cosi, brutalmente, e poi quello che succede non lo so.

Intanto dopo Non è mai troppo tardi di Giacomo Campiotti che ti ha visto nel ruolo del maestro Manzi, ti rivediamo il giovedì sera su Rai1 in È arrivata la felicità, ben 12 puntate…

Una cosa così lunga non l’avevo mai fatta e mi spaventava, però il cast mi ha convinto subito e anche la sceneggiatura che ho letto che mi ha divertito veramente tanto, mi ha incuriosito, avevo sempre voglia di leggere la puntata successiva. Secondo me questa serie ha molte caratteristiche che mi ricordano la nostra vecchia, cara commedia all’italiana con situazioni divertenti e una scrittura cinica, molto ironica, anche nelle scene sentimentali che sono quelle che a me fanno sempre venire un po’ il prurito, invece qui ci si passa sopra con una grande ironia, e questo grazie alla raffinatezza anche della regia. Certo poi all’ottavo mese di riprese non riuscivo più a imparare a memoria le battute, però sul set si era creata una sorta di mini famiglia.

Come sempre più spesso accade in TV e anche al cinema, anche in questa serie c’è una coppia gay, quella tra Valeria (Giulia Bevilacqua) e Rita (Federica De Cola), eppure di coppie omosessuali e di gay si continua ancora a discutere tanto…

La comunicazione serve a questo, fare dei film, rilasciare delle interviste, scrivere di questo tema, la letteratura, l’arte, tutto serve a questo, a elaborare, a espandere la coscienza a far considerare come cose normali delle cose che erroneamente sembrano anormali.

Tra cinema e TV che preferisci?

Il cinema, anche se la TV ha un linguaggio completamente diverso.

La TV ti offre più spesso ruoli brillanti mentre al cinema, dove sei stato diretto da registi come Bertolucci, Avati, Moretti, Placido in Romanzo Criminale, Faenza, Crialese e altri, anche se hai debuttato con Pieraccioni, sei considerato un attore impegnato…

Lo so e a volte quando me lo dicono rispondo che in effetti c’ho un sacco di cose da fare… In realtà infatti ho fatto commedie anche al cinema sin dall’inizio, che peraltro mi piacciono molto, soprattutto quelle intelligenti, e al cinema non ce ne sono molte. Però ho fatto film anche politicamente forti e come attore mi sento di sostenere cause importanti, però mi piace anche divertirmi. Questo mestiere è fatto di tante cose e io non mi voglio chiudere in un genere specifico.

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