Il Teatro Belli di Roma presenta la nuova stagione. Il direttore artistico Antonio Salines: ci hanno tolto il contributo, ma ce la faremo

di Patrizia Simonetti

Ricordando i tempi belli il titolo della nuova stagione del Teatro Belli di Roma, nel gioco di parole un pizzico di malinconia che sgorga dalla memoria di quando il teatro sembrava avesse più importanza e dignità e invece adesso tutto è in bilico, anche i progetti del Belli ma “ce la faremo” ci dice Antonio Salines, direttore artistico dello storico palcoscenico di Trastevere dove si esibirono personaggi come Petrolini, Fregoli, Lina Cavalieri, tanti per citarne alcuni. “Dopo 43 anni che dirigo questo teatro – ci racconta Salines – abbiamo raggiunto l’inimmaginabile, a cominciare da questo nuovo decreto ministeriale che ha segato le gambe a molte compagnie storiche e private, compresa la nostra. Secondo le nuove norme, il nostro teatro non ha più diritto a quel minimo di contributo che aveva perché non raggiunge i 200 posti. Ma pensi se avessero applicato questo decreto negli anni del dopoguerra in cui Paolo Grassi e Giorgio Strehler fondarono il Piccolo Teatro di Milano, poco più grande del nostro ma simbolo del rinnovamento del teatro in Italia…”

La stagione comunque c’è tutta e nonostante qualche preoccupazione e la sensazione che il palco un po’ manchi sotto i piedi, l’ottimismo resiste per cui intanto si comincia, poi si vedrà. Si apre quindi giovedì 1 ottobre con la prima italiana di Una banalissima aranciata amara, spettacolo scritto e diretto da Alessandro Sena che “c’è un’energia che va oltre la burocrazia e tutto ciò che cerca di fermare l’arte o la voglia di farla – dice – perché gli artisti in fondo sono più forti di tutto”. In scena Anna Cianca, Guido del Vento, Lola De Maro a raccontare di una famiglia riunita a cena e costretta a confrontarsi con la scomparsa improvvisa e apparentemente immotivata di un suo membro. Segue dal 13 ottobre la rassegna Trend, nuove frontiere della scena britannica, curata da Rodolfo Di Giammarco e giunta alla 14esima edizione, 14 titoli in due mesi con registi come Jacopo Gassman, Valter Malosti, Valerio Binasco e gli stessi Salines e Carlo Emilio Lerici, direttore generale del Belli. Il 12 dicembre arriva da Trieste per la prima volta a Roma La coscienza di Zeno spiegata al popolo, rivisitazione in chiave surreale e cabarettistica dell’opera di Italo Svevo per la regia di Paolo Rossi: scritto da Stefano Dongetti vede in scena con Laura Bussani e Alessandro Mizzi anche i musicisti che di solito accompagnano Rossi sul palco di Zelig. Poi ecco Gente di facili costumi scritta da Nino Manfredi e Nino Marino con Antonio Salines e Franceca Bianco diretti da Carlo Emilio Lerici.

Passate le feste, dal 12 gennaio due settimane con Paolo Triestino in Roma-Liverpool 1-1 e Real Madrid -Roma di Giuseppe Manfridi, “due storie che incrociano il calcio inteso nella sua concezione più alta – spiega Triestino – passione, storia, possibilità della vita, sogno non raggiunto, che coniuga lo sport con l’arte: in scena io parlo della grande finale persa dalla Roma nel 1984 ai calci di rigore ma contemporaneamente anche di Umberto Saba, Ettore e Achille, e poi della prima volta della Roma ai quarti di finale di Champions League per poi perdere 7 a 1 a Manchester e anche della prima volta in cui le due squadre si incontrarono in epoca recente, quell’11 settembre 2001 con 80mila persone allo stadio, tutte con la sensazione di rischiare l’ ecatombe e che uscirono a fine partita pensando ‘siamo salvi’. Il 2 febbraio arriva dalla Puglia la compagnia di Salvatore Della Villa con Caligola, “assolutamente un pazzo – dice scherzando Lerici – a portare 15 attori su un palcoscenico così piccolo”. Dal 9 febbraio in scena Karin, ovvero una moglie in affitto dell’autore israeliano Arieh Chen, per la regia di Gianni Leonetti: “un gioco tra moglie e marito, forse, per difendersi dal matrimonio – spiega – divertente ma con una riflessione sul nostro conitnuo tentativo di mettere al bando i sentimenti e il matrimonio, questo funesto evento, ma il destino comunque si compirà”. Dal 16 febbraio ecco Decameron Suite di Giulio Pizzirani e Fernando Pannullo che ironicamente si definiscono “due vecchie carampane”, con Alessia di Pasquale. “Del Boccaccio abbiamo scelto quelle novelle in cui si elogia la donna – dice Pannullo – considerando il gioco delle donne, la borghese, la popolana, l’aristocratica, e riambientandolo dal 400 agli anni Venti quando invece della peste a far morti c’era l’influenza spagnola, anche per sfruttare le belle musiche di quegli anni, come il jazz e lo swing”. “Abbiamo scelto le novelle più divertenti – fa eco Pizzirani – in scena si consumano amplessi ma sempre giocati con ironia, buon gusto, delicatezza ed eleganza e all’inizio c’è un fimato che racconta l’origine della storia”. A seguire, i due portano in scena anche Menage in Edengarden, un insieme di varietà e cabaret. Dall’8 marzo in prima nazionale arriva lo spettacolo di Angelo Maggi che annullato l’anno scorso per un infortunio: Il doppiattore – la voce oltre il buio, con lo stesso Maggi e con Vanina Marini. “Un evento divulgativo e spettacolare con cui festeggio i miei 35 anni di carriera dal teatro al doppiaggio – dice Maggi – un po’ mi racconta, ma vuole anche raccontare al pubblico chi è un doppiatore portandolo all’interno di una sala di doppiaggio, in scena doppierò in diretta e canterò anche”.

Dal 29 marzo ecco Le intellettuali di Moliere dirette da Adriana Martino in “un impostazione inedita, nuova, moderna – dice la regista – immaginando quella delle intellettuali come una specie di Famiglia Addams a sottolineare il grottesco di questo testo”. Poi torna sul tema di partenza: “improvvisamente ci è stato negato il contributo – dice – io credo che questo cartellone sia quasi virtuale e che a reggerlo c’è solo questa grande passione per il teatro. Decine e decine di compagnie sono state falcidiate, non so se riusciremo a realizzare il nostro spettacolo, noi non esistiamo più per il ministero e per questo paese”. E allora se l’unione fa la forza ecco dal 12 aprile Autori in compagnia, prima rassegna per un teatro di repertorio, progetto sostenuto dal fondo PSMSAD che “pende dagli uffici della direzione generale dell’Inps dove sono preparatissimi in materia di teatro – ironizza il direttore Carlo Emilio Lerici – e saranno loro a giudicare se è di qualità o meno”. Il progetto nasce comunque proprio dall’idea di tenere aperto il teatro tutti insieme: si comincia un testo di Angelo Longoni interprertato da Sandra Collodel e comprende anche La Chiave di Virginia B di Isabel Russinova che lo definisce “un omaggio allo scrittore giapponese Jun’ichirō Tanizaki ispirato al suo capolavoro dal quale è stato tratto anche un celebre film. Noi lo portiamo in scena con Antonio Salines, Arianna Ninchi e Ugo Bentivegna, pensiamo positivo e speriamo di farcela”. E anche Il violino relativo di Riccardo Barbera che “si tratta di teatro-scienza – dice – di uno spettacolo divertente che racconta una storia surrale con dentro una microspiegazione della teoria della relatività attraverso il violino, e con tanta musica”. Dal 10 maggio poi due produzioni del teatro Belli: La versione di Barney con Antonio Salines e Il sogno di Ipazia con Francesca Bianco, entrambi diretti da Carlo Emilio Lerici, il primo “di grande attualità – dice – oggi che vediamo distruggere i templi da parte dell’Isis, la stessa cosa succedeva nel 400 dopo Cristo”.

Lo spazio al Teatro Belli non è tantissimo, ma ce n’è anche per i più piccoli: riecco infatti la seconda stagione di Teatro Bilingue, lo spazio dedicato ai bambini curato da Arianna De Giorgi che “investiamo sulle generazioni future, vista la crisi” dice sorridendo. Infine il 10 giungo il consueto saggio finale dell’Officina Teatrale di drammaturgia a cura di Rodolfo Giammarco portato in scena dagli allievi dell’Accademia Silvio D’Amico per chiudere con il ritorno di Magda Mercatali, cofondatrice del Belli con Antonio Salines, con La domanda di matrimonio di Anton Checov.

1 comment

Lillianwoons 13 Aprile 2024 - 0:41

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