Il delitto Mattarella ha certamente un grande merito, oltre a quello di averci riportato a una presentazione live e a incontri reali con regista e cast dopo il lungo lockdown e le tante conferenze stampa online, ed è quello di portare per la prima volta al cinema, in realtà in un prodotto audiovisivo, vita (poca) e morte di Piersanti Mattarella, il governatore della Sicilia ammazzato davanti a moglie, figli e suocera che erano in macchina con lui, la mattina del 6 gennaio 1980, fratello dell’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Tanti gli omaggi cinematografici e televisivi a uomini importanti, nel senso più vero del termine, per la nostra storia, per la legalità, per i nostri diritti, ma a Piersanti Mattarella nessuno aveva dedicato un film né una serie TV. Detto questo, quello di Aurelio Grimaldi, Il delitto Mattarella, in sala – udite udite, quindi al cinema – da giovedì 2 luglio, è un film che può anche avere dei limiti, ma la storia andava raccontata e scrittura e cast lo fanno al meglio, nonostante l’escamotage non proprio azzeccato di una voce narrante, forse troppo presente, a legare fatti distanti tra loro che a lungo andare diventa un po’ fastidioso, distoglie dalla narrazione in immagini e dialoghi del film e gira verso il documentario.
Tratto dal libero omonimo del regista, Il delitto Mattarella si basa del resto su studi e approfondimenti di atti giudiziari relativi ai vari processi, e su alcuni azzardi dello stesso autore e regista che, attenzione, non falsa la storia, ma porta avanti le sue convinzioni su quanto accaduto, secondo i suoi valori. A sparare nel film a Piersanti Mattarella, ben interpretato da David Coco, è ad esempio Valerio Fioravanti, fondatore e leader dei Nar, i terroristi neofascisti attivissimi negli ultimi anni di piombo a cavallo tra i settanta e gli ottanta, anche se qui si chiama Aurelio, e anche se il processo reale lo assolse in via definitiva da tale accusa (peraltro nonostante la condanna a vari ergastoli sulle spalle, incluso quello per la strage di Bologna, Fioravanti è libero dal 2009). Eppure, sempre dagli atti, risulta che la signora Irma, moglie e poi vedova di Piersanti Mattarella, lo riconobbe ripetutamente e con estrema convinzione, traumatizzata dall’evento: la scena dell’omicidio la vediamo due volte nel corso del film, è toccante, inquietante, e lo è stata anche per Donatella Finocchiaro che interpreta Irma, e per Vittorio Magazzù (La vita promessa, Rosy Abate 2) che è Aurelio, come ci hanno raccontato loro stessi. Così come vediamo Giulio Andreotti che in Sicilia si incontra con Totò Riina, fatto riportato da molti pentiti, ma mai provato.
Il delitto Mattarella racconta come quell’omicidio fu subito poco chiaro, o volutamente reso tale da depistaggi ad hoc. Il presidente della Regione Sicilia non era ben visto neanche dai suoi compagni di partito, la DC, aperto com’era, sulla scia di Berlinguer, alla collaborazione con i comunisti e quindi con Pio La Torre, che poco dopo ne seguì la sorte, qui interpretato da Claudio Castrogiovanni. Piersanti Mattarella voleva porre fine al sistema di tangenti, appalti truccati, favori, nomine prestabilite, e il suo assassinio fu il frutto di relazioni e accordi tra politica, mafia, terrorismo nero, banda della Magliana, servizi segreti, Gladio: Cosa Nostra si servì difatti niente meno che della banda della Magliana, organizzazione mafiosa e criminale romana, per arrivare ai neofascisti disposti ad ucciderlo, in cambio l’evasione dal carcere dell’Ucciardone del leader nero Pierluigi Concutelli. Nel film vediamo anche un giovane sostituto procuratore Pietro Grasso, futuro Procuratore Antimafia e Presidente del Senato, che cominciò le indagini passate poi al Giudice Istruttore Giovanni Falcone (Ivan Giambirtone), che comprenderà ogni cosa, e che indagò per quel delitto Giusva Fioravanti.
Nomi veri, come Salvo lima (Tuccio Musumeci), Vito Ciancimino (Tony Sperandeo), Sergio Mattarella (Francesco La Mantia), Rosario Nicoletti (Leo Gullotta), Rosario Spatola (Sergio Friscia), Michele Sindona (Lollo Franco); e nomi un po’ falsi, come Massimo M (Carminati?) interpretato da Francesco Di Leva, napoletano alle prese con il romano, e il già citato Aurelio. Ecco le nostre videointerviste a David Coco, Vittorio Magazzù e Claudio Castrogiovanni e gli interventi in conferenza stampa di Aurelio Grimaldi, Donatella Finocchiaro e Tony Sperandeo: