Ne abbiamo sentite di persone che dai loro paesi distrutti dal terremoto non se ne vogliono andare. Resistono più che possono, si attaccano ai ricordi, al passato, agli affetti persi nella tragedia, a loro sembra quasi un tradimento lasciare quei luoghi che li hanno resi prima felici e poi disperati, abbandonare quella terra dove risposano i loro cari. Poi, quasi sempre, alla fine, stremati, si arrendono. Elia no. Elia non si arrende. Interpretato da un incredibile Sergio Rubini, Elia resiste, imperterrito, fino alla fine. Il suo paese distrutto è in Puglia e si chiama Provvidenza, mai nome tanto inappropriato a guardarlo ora tra case di pietra diroccate, piazze che non ci sono più, insegne rotte e finestre senza vetri, vicoli vuoti e silenziosi che si animano solo di tanto in tanto per le scorribande notturne di ragazzi senz’anima. Ma lui è convinto che non possa esserci un domani senza la memoria di ciò che è stato ieri e la conoscenza di ciò che si è oggi e che “i cocci ci appartengono, nei cocci c’è la nostra storia” dice per lui Sergio Rubini nella nostra videointervista che trovate a fine articolo. Per questo non si muove da lì, contro tutto e tutti. Commovente e a tratti struggente Il bene mio di Pippo Mezzapesa, opera seconda del regista pugliese dopo Il paese delle spose infelici, già presentato come evento speciale fuori concorso a Venezia 75 per le Giornate degli autori, in sala da giovedì 4 ottobre con Altre Storie e domani sera, mercoledì 3 ottobre, in anteprima nazionale ad Amatrice, al cinema Paradiso, a sottolineare l’importanza di esserci ancora in quei luoghi che pur appaiono scomparsi
“Il bene mio è un film nato dalla voglia di raccontare la lotta di Elia che non vuole abbandonare il suo paese contrariamente a tutti quelli che in fondo lo hanno tradito – spiega Pippo Mezzapesa – un uomo che ha deciso di elaborare il dolore rimanendo attaccato a quelle pietre e raccogliendo gli oggetti che in fondo rappresentano la vita di ognuno, e che vuole ricostruire una comunità che ha invece voluto dimenticare e andar via da quelle strade desolate. Un personaggio che lotta e che combatte, non il classico eremita che ha scelto di dimenticarsi del mondo, ma un personaggio vitale e solare che rifugge l’idea di morte e che vorrebbe riportare la vita quel luogo. Il terremoto ha un valore fisico ma anche metaforico, si parla di crolli, di dolore, di diversi modi di affrontarlo, ognuno ha le sue ragioni”.
Un cast perfetto a cominciare dal protagonista de Il bene mio, un Sergio Rubini che dà vita, tanta vita, a un uomo distrutto dal dolore, un uomo che ha perso la donna che amava, sua moglie, nel crollo della scuola dove insegnava, il cui cancello di ferro non si dovrà mai più aprire perché lì dentro, in quello che è stata la sua tomba, non dovrà entrarci mai nessuno. Elia è però pieno di vita: fa e disfa, si dà da fare tutto il giorno per pulire e sistemare quel posto sperando che prima o poi la sua comunità decida di tornare. Come le pecore che se ne sono andate pure loro quando è morto l’ultimo pastore. Pulisce e ripara, aggiusta e mette da parte cose, cose che un tempo erano e adesso non sono più, cose banali come un paio di occhiali rotti, lo skate di un bambino, un soffietto, un pesce di quelli che attaccati al muro cantano “ho un sassolino nella scarpa”… Elia è solo, giorno e notte, anche se spesso passa a trovarlo Rita, che era pure collega di sua moglie, una dolcezza pienamente espressa da Teresa Saponangelo, e pure Gesualdo, l’amico che vuole salvarlo con la faccia buona e sincera di Dino Abbrescia. E poi c’è Pasquale, che poi è suo cognato, ma è pure il sindaco di Provvidenza e glielo deve dire che se ne deve andare o a portarlo via a forza sarà la polizia che è Francesco De Vito. E poi arriva anche Noor, una ragazza straniera, in fuga, esotica e misteriosa come Sonya Mellah, lui le salva la vita e lei, forse, gli risana un pezzo di cuore. Un film bello Il bene mio, che emoziona, come quel blocco di Elia davanti al cancello della scuola, la sua disperazione quando non trova più la fede, il suo offrirsi alla rabbia e alla violenza di un’adolescenza vuota e smascherata con un semplice “sono qui“. E alla fine ce l’ha lui la ragione, alla fine è come dice lui, alla fine vince Elia e tutti gli altri con lui tra le loro cose perse e ritrovate, come i ricordi. La nostra videointervista a Sergio Rubini e la conferenza stampa con Pippo Mezzapesa, Teresa Saponangelo, Sonya Mellah e Francesco De Vito: