Goldstone, un’indagine profonda fino alle radici dell’Australia

di Patrizia Simonetti

Una ragazza scomparsa, uno strano detective che la cerca, un giovane poliziotto che rema contro in una cittadina mineraria ai confini del nulla dove tutti hanno qualcosa da nascondere. Arriva l’8 agosto in sala Goldstone Dove i mondi si scontrano, film diretto da Ivan Sen che partendo da un fatto di cronaca, la sparizione di una giovane asiatica in terra australiana, allarga lo sguardo alla parte oscura della storia del paese, quella che cominciò dalla colonizzazione britannica di fine 1700, ad esempio, che a suon di massacri, privazioni di terra e cibo, avvelenamenti d’acqua e malattie europee, ha sterminato gli aborigeni, i nativi australiani che veneravano la terra e vivevano di caccia e agricoltura, così che ancora oggi, ad anni e anni dall’indipendenza australiana, tra bianchi e aborigeni, i pochi rimasti, non corre buon sangue, con i primi che sopravvivono ai margini delle città e i secondi che si arricchiscono sulle loro spalle e sulla loro terra di cui continuano ad impossessarsi.

Ed è in questo quadro che il detective Jay Swan, che ha le sue radici proprio tra gli aborigeni ma evita di pensarci, viene inviato a Goldstone, più che una città un agglomerato di container che ha spazzato via gli insediamenti dei nativi, con il compito di risolvere il mistero della sparizione di una giovane asiatica, ritrovandosi in un giro di prostituzione e traffico di donne che coinvolge anche i vertici di Goldstone, tutti al soldo della grande e unica impresa mineraria che è quella della Furnace Creek senza la quale, continuano a ripetere, Goldstone i suoi abitanti, aborigeni compresi, non avrebbero un futuro. Swan, interpretato da Aaron Pedersen, australiano di origini aborigene pure lui, è certo un tipo particolare, silenzioso e dedito all’alcol, e all’inizio non ci scommetteresti un soldo, invece arriva al dunque con tenacia e passione, qualcosa del resto lo lega fortemente a quella terra e le radici non si strappano via facilmente. Sul suo cammino incontrerà Josh, interpretato da Alex Russell (Chronicle, Carrie Lo sguardo di Satana), un giovane poliziotto bianco e quindi dalla parte dei bianchi, poco importa se trafficano ragazze oppure no, che non gli sarà molto amico né lo aiuterà nella sua impresa. All’inizio. E incontrerà anche la sindaca Maureen (Jacki Weaver) che come un disco rotto non farà che ripetergli, tra una torta di mele e l’altra, che se ne deve andare.

La parte più interessante di Goldstone è proprio il cambiamento di Josh: la sua è una sorta di redenzione, il suo una specie di romanzo di formazione, con quel prendere coscienza che forse il bene della città non può reggersi sullo sfruttamento di ragazze innocenti, quel comprendere che cambiare è duro ma si può e soprattutto con quella sua determinazione a continuare su quella strada, il che devia in parte l’attenzione dalla storia di partenza, che tuttavia finirà esattamente come doveva finire.

Altro personaggio chiave della storia è il vecchio e saggio aborigeno Jimmy, cui dà vita David Gulpilil, vero indigeno australiano, in Goldstone l’unico del suo popolo a non voler soccombere al così o niente: sarà lui che riporterà Jay Swan a riscoprire le sue radici, in quelle rocce decorate dall’arte pittorica dei suoi antenati liberi e fieri, anch’essi piegati come lo stesso Jimmy gli rivela, al dio denaro. E il detective comincerà a svegliarsi e la sua indagine arriverà nel profondo della sua anima, del suo inconscio e tra i peccati del suo paese nato sul sangue e sulla sofferenza del suo popolo. Per riflettere sull’impossibilità che tutto ciò che sorge dal male non potrà sopravvvere impunemente.