“Luigi Pirandello avrebbe voluto raccontare la morte del teatro, ma siccome la morte se l’è preso prima purtroppo, l’atto della morte del teatro non l’ha mai scritto e questa incompiutezza dell’opera ci dice che il teatro non morirà mai”. Così Gabriele Lavia nella nostra videointervista a proposito de I Giganti della montagna che porta in scena all’Eliseo di Roma fino al 31 marzo, sia come regista che come interprete nel ruolo del mago Cotrone. Dramma da palcoscenico ispirato a Lo storno e l’Angelo Centuno del 1910, una delle Novelle per un anno del drammaturgo siciliano Premio Nobel per la letteratura 1934, I Giganti della montagna, che sta forse tra il suo teatro nel teatro e il teatro dei miti, è l’ultima opera teatrale di Pirandello, rimasta incompiuta dal momento che morì nel dicembre del 1936 “nella notte in cui aveva finito di scrivere il secondo atto e si accingeva a scrivere il terzo” dice Gabriele Lavia. Per lui l’Eliseo è un teatro particolarmente importante visto che lo diresse “per molti anni e in epoca fortunata” ricorda Lavia, che si dice dunque bel felice di esserci in questa stagione del centenario. E se gli chiedi cos’è per lui il palcoscenico, ci pensa un attimo e poi ti risponde semplicemente: “il mio destino”. Lunga vita dunque al teatro, anche se la scenografia de I Giganti della montagna lo rappresenta distrutto, una sorta di non luogo come il mondo dell’oltre. Un mondo a parte, fuori, lontano, avvolto da un’atmosfera onirica e magica. In questo mondo sorge Villa La Scalogna, dove si verificano strani prodigi, e dove vive un mago eccentrico di nome Cotrone: è lui ad ospitare la contessa Ilse (Federica Di Martino) con la sua compagnia di teatranti sperduti, senza più un palcoscenico dove recitare e quindi essere sé stessi. Cotrone è Pirandello stesso, rifugiatosi nell’illusione del teatro come luogo assoluto e lontano dai giganti della montagna che il teatro lo vogliono uccidere, così come uccidono la poesia originaria, perché non sanno più chi sono e non vogliono saperlo. Poesia, teatro, arte e bellezza non possono quindi che continuare a vivere in un posto oltre, lontano da quello a noi conosciuto. La nostra videointervista a Gabriele Lavia:
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