Dedicare la propria vita alla scienza, alla ricerca, alla medicina, ottenere il Premio Nobel per aver scoperto che le fibre nervose possono rigenerarsi grazie al fattore di accrescimento nervoso (NGF), eppure non essere soddisfatta e continuare a cercare un modo di applicare tale scoperta alla medicina pratica, a provare, a tentare di aiutare gli altri. Rita Levi Montalcini era fatta così e Elena Sofia Ricci la interpreta alla perfezione nel film TV che porta il suo nome, diretto da Alberto Negrin e in prima visione assoluta giovedì 26 novembre su Rai1. Nata nel 1909, Rita sin da bambina aveva parlato chiaro al padre: “niente marito, niente figli, voglio solo studiare”. E in fondo a non farsi una famiglia “aveva fatto bene, aveva capito tutto lei, che è molto più semplice così, lavorare con una famiglia è tutto più complicato…” scherza Elena Sofia Ricci nella nostra videointervista. Neurologa, scienziata, un posto conquistato con fatica in un mondo di uomini, esperimenti e ricerche fatte in casa durante la Seconda guerra mondiale, senatrice a vita dal 2001, Rita Levi Montalcini è morta il 30 dicembre 2012 alla veneranda età di 103 anni, sempre troppo presto rispetto a ciò che ancora avrebbe potuto fare.
Il film non è però il classico biopic. Ci racconta invece di una donna appena premiata con il Nobel: è il 1986, lei ha 77 anni e ancora altri 26 da vivere. La vediamo quindi davanti allo specchio a prepararsi per la cerimonia, provando un abito a dir poco pomposo, ma “i vestiti sono la mia debolezza femminile, forse l’unica – rivela alla sua affezionata governante – la moda passa, lo stile resta…” L’età per lei contava poco, del resto “è più facile essere felici da vecchi che da giovani – diceva – avere poco tempo rende tutto più prezioso, la vecchiaia non è poi così terribile come dicono…” Da qui parte il racconto che usa l’escamotage di una vicenda aggiunta, tutta di fantasia, quella di una ragazzina di 12 anni che suona il violino e intenzionata a farlo per il resto della sua vita, ma sta diventando cieca e la malattia è di origine neurologica. Rita Levi Montalcini si è affezionata a lei, vuole aiutarla, e si rimette al lavoro, convinta e sostenuta dal suo collaboratore storico, Franco, e da un giovane oculista. Sarà questo l’elemento narrativo che mostrerà al pubblico la sua capacità di risollevarsi da un presunto fallimento e di ripartire con tutta la speranza e la determinazione di sempre. E mentre la vicenda va avanti, a tratti il film torna indietro a condividere i suoi ricordi di una vita, quella che in effetti aveva sempre voluto.
Elena Sofia Ricci – che ci aveva già anticipato questo suo nuovo ruolo nella nostra videointervista in occasione della serie Vivi e lascia vivere – è bravissima nell’interpretarla, somigliante nel trucco – 4 ore ogni giorno di riprese – e nelle movenze, così come nel modo di parlare, soprattutto alla Rita Levi Montalcini impressa nella memoria collettiva, quella che abbiamo ammirato e amato. E riesce perfettamente a dar vita a un personaggio meravigliosamente composto delle sue stesse contraddizioni, umano come nessun altro, ben sostenuta da un cast curato e ricercato composto da Luca Angeletti in primis nel ruolo del devoto collaboratore e soprattutto amico; Ernesto D’Argenio che è il giovane oculista Lamberti; Dora Romano, splendida governante; Franco Castellano che è il suo mentore, il professor Giuseppe Levi, padre della scrittrice Natalia Ginzburg e talent scout, oltre che della Montalcini, di Salvatore Luria e Renato Dulbecco; Carolina Sala che la interpreta da ragazza; Francesco Procopio e Katia Greco che sono i genitori di Elena che è la giovanissima ed esordiente Elisa Carletti che il violino lo suona per davvero. Anche la musica di Paolo Vivaldi è bellissima, così come importante è stata la partecipazione al progetto della nipote della scienziata, Piera Levi Montalcini, e di alcune sue vere collaboratrici.
“Durante la messa in scena accade spesso che un solo gesto o uno sguardo o una sola parola siano in grado di sostituirsi con grande efficacia a battute che sulla pagina occupano intere righe che si rivelano inutili perché meno efficaci sia emotivamente che drammaturgicamente – racconta il regista – ecco, è stata questa in fondo la mia meta, lo è da sempre: raggiungere con grande semplicità la capacità di emozionare, commuovendo, divertendo o rattristando, i futuri spettatori. Emozionare senza tradire la verità, emozionare senza abbandonare il rigore ‘scientifico’ della narrazione, emozionare senza manipolare quel che costituisce la struttura profonda dei fatti che si conoscono e senza scendere a compromessi di convenienza o di ‘pancia”’. Ed ecco il nostro videoincontro con Elena Sofia Ricci: