Salvatore
fa le pulizie un po’ ovunque, anche in un istituto psichiatrico di un paesino pugliese dove ha un legame fraterno e molto protettivo con Felice. Non si direbbe all’inizio, ma anche Salvatore è un paziente della struttura. Felice invece ha paura di tutto, ma con Salvatore che lo difende in ogni situazione e lo consola con infinita tenerezza si sente al sicuro. Salvatore e Felice sono i protagonisti di Due piccoli italiani, appena uscito in sala con Key Films a segnare l’esordio alla regia di un lungometraggio di Paolo Sassanelli che ha scritto anche soggetto e sceneggiatura con Francesco
Apice, Luca De Bei e Chiara Balestrazzi, e che interpreta pure Felice, mentre Salvatore è Francesco Colella, entrambi bravissimi nei loro ruoli. E per Paolo Sassanelli prova più che superata anche dietro alla macchina da presa con la quale ha saputo rendere alla perfezione sensazioni e punti di vista, e come i bruschi cambiamenti della vita, gli eventi inaspettati e le loro conseguenze possano portarci lontano, ma magari quel lontano è proprio ciò che ci serviva.
Il problema di Salvatore è legato al sesso e quando capita di mettersi alla prova in quell’ambito e fallisce, si arrabbia di brutto. Felice invece non si arrabbia quasi mai, guai però a dire una parolaccia e soprattutto a parlare male di sua mamma che vorrebbe tanto andare a cercare in Olanda, perché da quel che racconta lei è lì che vive e fa la cantante: a lei è legato il trauma che l’ha bloccato in quell’eterno bambino che è, ma Felice non se lo ricorda, o forse fa solo finta, ed è sicuro che in Islanda c’è un posto in cui si entra da una porta in un vulcano e si trova la cura per le loro malattie. Grazie al suo lavoro e all’amicizia con Felice, Salvatore sembra comunque aver trovato un suo equilibrio, e quando questo equilibrio viene minacciato e soprattutto gli si profila la separazione dall’amico, allora ecco che dà di matto per davvero. La fuga è l’unica via d’uscita anche perché, si sa, i matti sono matti e se lo sei hai voglia a difenderti, ma non ha alcuna intenzione di lasciare nei guai Felice, per questo lo porta con lui nella sua fuga verso il mondo e la libertà, promettendogli che
andranno a cercare sua mamma.
Un po’ come Beatrice e Donatella de La pazza gioia virziniana – sarebbe stato bello che i quattro si fossero incontrati – i Due piccoli italiani Salvatore e Felice partono per il loro folle e disorganizzato viaggio della seconda opportunità, viaggio costellato di avventure, sorprese e incontri, il più importante di tutti con Anke (Rian Gerritsen) che fa la segretaria per una prostituta in vetrina a Rotterdam e per il suo serpente, e coincidenze varie che li porteranno davvero in Olanda e poi pure in Islanda. Troveranno la madre di Felice e una cura per le loro patologie?
E a tal proposito: “La fine dei manicomi nel 1978 si deve a Franco Basaglia – dice Paolo Sassanelli – ho pensato a lui e all’opera che realizzarono i pazienti reclusi allora nella struttura: Marco Cavallo, un grande cavallo azzurro, fatto di legno e cartapesta che conteneva idealmente tutti i desideri e i sogni dei ricoverati. Il problema sorse nel momento in cui doveva essere esposto: nessuna delle porte dell’ospedale era così alta da permetterne l’uscita. Per i pazienti fu l’ennesima dimostrazione della loro reclusione forzata, ma la frustrazione durò poco. ‘Questo cavallo deve andare fuori’ disse Basaglia con decisione e così Marco Cavallo fu sbattuto con forza contro una delle porte, rompendo le vetrate e un architrave, e riuscì a uscire e a infrangere quel muro simbolico tra il ‘dentro’ e il ‘fuori’. Ho ripensato a quest’episodio quando, nel film, Felice e Salvatore decidono di ‘affacciarsi’ al mondo esterno, scappando dalla ‘casa’ e cominciando la loro avventura verso l’ignoto. Finalmente hanno la possibilità di misurarsi con la vita, con i loro problemi, con il loro disagio, con il loro passato. A spingerli c’è il vento: prima quello delle pale eoliche in Puglia poi quello dei mulini in Olanda e infine quello del vulcano islandese che sparge lontano le sue ceneri. Un vento dell’avventura e della ricerca di una cura”.