Due piccoli italiani, la folle opera prima di Paolo Sassanelli

di Patrizia Simonetti

Salvatore fa le pulizie un po’ ovunque, anche in un istituto psichiatrico di un paesino pugliese dove ha un legame fraterno e molto protettivo con Felice. Non si direbbe all’inizio, ma anche Salvatore è un paziente della struttura. Felice invece ha paura di tutto, ma con Salvatore che lo difende in ogni situazione e lo consola con infinita tenerezza si sente al sicuro. Salvatore e Felice sono i protagonisti di Due piccoli italiani, appena uscito in sala con Key Films a segnare l’esordio alla regia di un lungometraggio di Paolo Sassanelli che ha scritto anche soggetto e sceneggiatura con Francesco Apice, Luca De Bei e Chiara Balestrazzi, e che interpreta pure Felice, mentre Salvatore è Francesco Colella, entrambi bravissimi nei loro ruoli. E per Paolo Sassanelli prova più che superata anche dietro alla macchina da presa con la quale ha saputo rendere alla perfezione sensazioni e punti di vista, e come i bruschi cambiamenti della vita, gli eventi inaspettati e le loro conseguenze possano portarci lontano, ma magari quel lontano è proprio ciò che ci serviva.

Il problema di Salvatore è legato al sesso e quando capita di mettersi alla prova in quell’ambito e fallisce, si arrabbia di brutto. Felice invece non si arrabbia quasi mai, guai però a dire una parolaccia e soprattutto a parlare male di sua mamma che vorrebbe tanto andare a cercare in Olanda, perché da quel che racconta lei è lì che vive e fa la cantante: a lei è legato il trauma che l’ha bloccato in quell’eterno bambino che è, ma Felice non se lo ricorda, o forse fa solo finta, ed è sicuro che in Islanda c’è un posto in cui si entra da una porta in un vulcano e si trova la cura per le loro malattie. Grazie al suo lavoro e all’amicizia con Felice, Salvatore sembra comunque aver trovato un suo equilibrio, e quando questo equilibrio viene minacciato e soprattutto gli si profila la separazione dall’amico, allora ecco che dà di matto per davvero. La fuga è l’unica via d’uscita anche perché, si sa, i matti sono matti e se lo sei hai voglia a difenderti, ma non ha alcuna intenzione di lasciare nei guai Felice, per questo lo porta con lui nella sua fuga verso il mondo e la libertà, promettendogli che andranno a cercare sua mamma.

Un po’ come Beatrice e Donatella de La pazza gioia virziniana – sarebbe stato bello che i quattro si fossero incontrati – i Due piccoli italiani Salvatore e Felice partono per il loro folle e disorganizzato viaggio della seconda opportunità, viaggio costellato di avventure, sorprese e incontri, il più importante di tutti con Anke (Rian Gerritsen) che fa la segretaria per una prostituta in vetrina a Rotterdam e per il suo serpente, e coincidenze varie che li porteranno davvero in Olanda e poi pure in Islanda. Troveranno la madre di Felice e una cura per le loro patologie?

E a tal proposito: “La fine dei manicomi nel 1978 si deve a Franco Basaglia – dice Paolo Sassanelliho pensato a lui e all’opera che realizzarono i pazienti reclusi allora nella struttura: Marco Cavallo, un grande cavallo azzurro, fatto di legno e cartapesta che conteneva idealmente tutti i desideri e i sogni dei ricoverati. Il problema sorse nel momento in cui doveva essere esposto: nessuna delle porte dell’ospedale era così alta da permetterne l’uscita. Per i pazienti fu l’ennesima dimostrazione della loro reclusione forzata, ma la frustrazione durò poco. ‘Questo cavallo deve andare fuori’ disse Basaglia con decisione e così Marco Cavallo fu sbattuto con forza contro una delle porte, rompendo le vetrate e un architrave, e riuscì a uscire e a infrangere quel muro simbolico tra il ‘dentro’ e il ‘fuori’. Ho ripensato a quest’episodio quando, nel film, Felice e Salvatore decidono di ‘affacciarsi’ al mondo esterno, scappando dalla ‘casa’ e cominciando la loro avventura verso l’ignoto. Finalmente hanno la possibilità di misurarsi con la vita, con i loro problemi, con il loro disagio, con il loro passato. A spingerli c’è il vento: prima quello delle pale eoliche in Puglia poi quello dei mulini in Olanda e infine quello del vulcano islandese che sparge lontano le sue ceneri. Un vento dell’avventura e della ricerca di una cura”.