Dieci storie proprio così, per la giornata in memoria delle vittime di mafia. Intervista a Emanuela Giordano

di Genny De Gaetano

Storie di vittime, note e meno note, come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Don Giuseppe Diana, Giancarlo Siani, Peppino Impastato e Annalisa Durante, Federico Del Prete, Silvia Ruotolo. Ma anche di impegno civile e di riscatto sociale, di associazioni di ragazzi coraggiosi, della tenacia di parenti di morti ammazzati e di tutti gli italiani che fanno dell’impegno un diritto inalienabile. In occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo di tutte le vittime innocenti delle mafie che si celebra oggi, 21 marzo, al Teatro Argentina di Roma debutta in prima nazionale Dieci storie proprio così, di Giulia Minoli e Emanuela Giordano che ne cura anche la regia, parte integrante del Palcoscenico della legalità, progetto sperimentale di collaborazione tra teatri, istituti penitenziari, scuole e società civile. In scena Daria D’Aloia, Vincenzo d’Amato, Tania Garribba, Valentina Minzoni, Salvatore Presutto, Diego Valentino Venditti, Alessio Vassallo. Ne abbiamo parlato con la coautrice e regista Emanuela Giordano.

Ci racconta com’è nata l’idea di Dieci storie proprio così?

Grazie a Giulia Minoli che ha pensato a me e mi ha chiamato perché mi occupo da tanti anni di teatro civile e di memoria dei luoghi. Giulia nel 2011 lavorava per la parte educational del Teatro San Carlo di Napoli e sentiva e respirava la pesantezza di una città bellissima ma inquinata quotidianamente dalla criminalità organizzata. Ha stretto quindi un forte rapporto con Pol.i.s, la fondazione che lega tutte le vittime innocenti della criminalità organizzata di cui è presidente Paolo Siani, fratello di Giancarlo, il giornalista ucciso perché aveva scritto un articolo sul Mattino in cui denunciava tutta una serie di indegnità commesse dalla camorra, e ha avuto l’idea di riportare alla memoria il dolore e l’eroismo di tanti cittadini napoletani e campani, ma anche e soprattutto di far vedere tutte le cose positive, le iniziative nate sui terreni confiscati alla camorra che davano una nuova speranza e portavano una nuova energia, una ragionata e sistematica provocazione, come dico io, contro il disinteresse, l’omertà, e spesso anche contro l’indifferenza dello Stato e delle istituzioni. In Italia, e purtroppo ancora solo in Italia, i possedimenti della criminalità organizzata vengano espropriati e dati a cooperative sociali e associazioni che possono costruirci cose positive e creare lavoro, e questa è un’intuizione importantissima. Così ci siamo messe al lavoro e da allora continuiamo a lavorare su questo terreno tra memoria e futuro. E dopo il successo al San Carlo, Giulia ha pensato di allargare a tutta l’Italia lavorando sullo stesso terreno anche in Sicilia e a Roma, quindi è diventato uno spettacolo itinerante e si evolve ogni volta.

Storie del passato che sembrano ripetersi, la situazione appare sempre molto drammatica. Perché è importante parlare e far conoscere anche le cose positive?

Perché le buone pratiche non vanno sui giornali, quindi la sensazione per le persone e soprattutto per i ragazzi è che il nostro sia un paese che va alla rovina e basta, dove c’è solo connivenza tra potere mafioso e istituzionale, invece non è vero, ci sono tantissime persone all’interno e fuori dalle istituzioni che collaborano. Parliamo ad esempio di Addiopizzo che è un’associazione nata spontaneamente da dieci ragazzi che sono diventati mille e che hanno portato alla denuncia del pizzo da parte di tantissimi imprenditori siciliani, e questo vuol dire che è cambiato l’immaginario della cultura dell’accettazione e dell’omertà.

Lo spettacolo di Roma è completamente diverso da quello che avete presentato a Napoli…

Sì, quella di Roma è una prima assoluta perché raccoglie tutto il materiale, gli umori, le testimonianze, le passioni, le rabbie, ma anche le grandi iniziative positive e civili di tutta l’Italia, è un copione tutto nuovo, una sintesi di tutte le impressioni che abbiamo assorbito come spugne parlando con Rita Borsellino, con Maria Falcone e con i ragazzi di Addiopizzo, ma soprattutto è un progetto che è legato da un titolo, Il Palcoscenico della legalità, che si sviluppa nelle carceri minorili e nelle scuole. Abbiamo lavorato nel carcere di Airola in Campania e poi andremo in quello di Malaspina a Palermo: lavoriamo sui mestieri del teatro ma soprattutto sulla capacità dei ragazzi di uscire da certi cliché culturali, perché la cultura della mafia si insinua come un veleno nelle loro vene.

Il teatro civile è molto cresciuto negli ultimi anni, ma come dev’essere per assolvere alle funzioni importanti di cui ci ha parlato?

Il teatro civile deve essere comunque un gran bel teatro, dev’essere recitato da professionisti, avere una struttura forte narrativa e drammaturgica, non può essere il pretesto per fare il teatro. Il rischio altrimenti è quello di un teatro approssimativo o celebrativo, di sfruttare i temi caldi e nevralgici per fare opere approssimative che poi allontanano le persone e i ragazzi dal teatro. Il vero, grande, meditato e sofferto teatro civile può invece essere un ottimo strumento di stimolo, ma solo se accompagnato da un lavoro nelle scuole. Un’ora di spettacolo non basta, per questo noi andiamo con gli attori prima in tutte le classi che possiamo, e facciamo dei giochi di simulazione su ciò che ci serve per essere un po’ più sereni quando ci svegliamo la mattina, cerchiamo di far capire come le cattive pratiche poi ci inquinano la quotidianità e il vivere.

Il target a cui vi rivolgete quindi è principalmente quello dei giovani?

Esatto. Il nostro è un progetto che sarebbe quasi obbligatorio e fortunatamente le istituzioni ci appoggiano. Perché non basta fare un piccolo ricordo celebrativo della strage di Capaci, di Falcone o di Borsellino, e, come detto, non basta neanche il teatro.

Qual è il momento dello spettacolo in cui il cuore le batte più forte?

A me il cuore batte forte dall’inizio alla fine. Ho conosciuto persone che sono in prima linea e che hanno avuto il coraggio di raccontare il loro percorso con una forza e una dignità incredibile, persone a cui hanno ammazzato il padre o la madre… Tutto ciò mi arrivava come un peso incalcolabile che portava per forza di cose a uno sfogo di pianto e a un senso di disperazione e impotenza. Poi però abbiamo visto talmente tanta gente generosa e capace che dici a te stessa che ce la devi fare per forza o questo paese affonda nel giro di pochi anni e non avrà più speranza. Quindi il cuore mi batte sempre forte.

Le musiche dal vivo Dieci storie proprio così sono di Tommaso Di Giulio al basso e chitarra elettrica e di Paolo Volpini alla batteria. Dieci storie proprio così è in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 23 marzo anche per le scuole, e proseguirà le repliche il 16 aprile al Teatro San Carlo di Napoli, il 23 e 24 maggio al Teatro Biondo di Palermo. Il Palcoscenico della legalità è promosso da The CO2 Crisis Opportunity Onlus con Fondazione Pol.i.s., Fondazione Silvia Ruotolo, Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, Centro Studi Borsellino e con il patrocinio del Ministero della Giustizia e del Mibact.

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